Quel “visionario” di Romolo


FRANCESCO GRECO - Quando, davanti alla sua gente (poco più di tremila persone), sul colle Palatino, fra il mare e le dolci colline coltivate, quel 21 aprile del 753 a.C. conficcò il vomero dell’aratro nella terra ancora vergine, il “visionario” non immaginava di certo di essere il fondatore di una civiltà che avrebbe conquistato e stupito il mondo fino ad allora conosciuto, spingendosi sino a quello attuale e a quello che verrà.

Doveva però sospettarlo se in un impeto di autostima le diede il suo nome e difese con la spada quei confini, che giudicava sacri, finanche dall’insolenza del fratello gemello, Remo (ma forse era solo una burla), che perciò resterà sempre un ragazzo, non vedrà i primi passi di una grande civiltà nata da un “popolo senza donne” (“i giovani romani si lanciavano sulle donne presenti, avendo cura di rapire solo le vergini”), di “parvenu della storia” che però vogliono osare.

Il fascino complesso, escatologico di un inizio, denso di premesse e di promesse, è indagato dallo storico Mario Lentano in “Romolo” (La leggenda del fondatore), Carocci editore, Roma 2021, pp. 168, € 14,00 (collana “Sfere”), strutturato in rapidi e sapidi capitoli, per intercettare la voglia di mito, di identità, di radici, che è trasversale alla nostra società stordita e alle generazioni social.

Come sempre attento alle sfumature e i chiaroscuri, com’è nel dna degli storici di rango, Lentano ci porta per mano su quei luoghi, la sua prosa è magmatica, evocativa: ci fa vedere l’aria stralunata dei suoi uomini, la terra rossa aperta dall’aratro, la lupa che allatta i gemellini, il pastore Faustolo che se li porta a casa e li svezza con la moglie Acca Larenzia.

E se il mito offre, a ogni snodo, sotto l’aspetto escatologico, infinte varianti, Lentano ce le presenta tutte, a cominciare da quelle sulla lupa, che potrebbe anche non essere stata un generoso animale.

Ovviamente, tratta con dovizia di particolari l’arrivo, il confronto, l’integrazione fra le piccole etnie del luogo all’arrivo dell’eroe omerico Enea, e della sua gente, determinato a dare l’input alla nascita di un’altra patria, perché così vogliono le sue divinità. La stessa weltanschauung visionaria di Romolo e dei grandi che verranno e che faranno grande quel villaggio di contadini e pastori oggi immortali.

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