LIVALCA - Nicola Mascellaro per la sua ennesima (ventesima?) fatica editoriale
“Da Murat a Mussolini. C’era una volta Bari” - Di Marsico Libri, Modugno 2022, p.
256 € 18,00 - ha chiesto al giornalista Michele Marolla una breve e pur esauriente
introduzione che spiegasse come per costruire il futuro sia necessario conoscere il
passato.
Mentre i lettori si chiederanno come mai si sia rivolto proprio a colui che una decina
di anni fa ha pubblicato “Se ti tradisco (non) è la fine del mondo” con l’editore
Gelsorosso, mi concedo il privilegio di precisare che Marolla è pur sempre il
giornalista che ha vinto il Premio Progresso e Cultura della Provincia di Bari nel 2013,
riservato a personalità e professionisti di alto profilo nei più svariati ambiti
professionali.
Il libro di Mascellaro parte e si conclude con due avvenimenti che sono legati alla
storia ‘recente’ di Bari:
1) La posa della prima pietra del ‘nuovo borgo’ ad opera di Gioacchino Murat
(generale francese e re di Napoli che nasce nel 1767 a Labastide Fortunière
come ‘undicesimo’ figlio di un locandiere che prima lo avvia alla carriera
ecclesiastica ma subito dopo lo fa arruolare in un reggimento di cacciatori a
cavallo; si distinse così bene che Napoleone Bonaparte lo nominò aiutante di
campo presso l’armata d’Italia e successivamente gli fece sposare la sorella
Carolina e, otto anni dopo queste nozze, nel 1808 lo inviò in Spagna con pieni
poteri per fare fronte alla rivolta della popolazione; Murat non si privò neanche
della cosiddetta campagna di Russia, come non si fece scrupolo nel mentre
franava il ‘mondo’ napoleonico di stringere una breve alleanza con l’Inghilterra e
la Francia; Murat nel 1815 divulgava quello conosciuto come il proclama di
Rimini con l’intento di convincere gli italiani a battersi per l’indipendenza; la
sconfitta di Tolentino lo portò a rifugiarsi in Corsica, ma subito dopo provò a
riconquistare Napoli: sconfitto fu condannato a morte il 13 ottobre 1815 a Pizzo
di Calabria; la moglie Carolina 15 anni dopo sposerà il generale Francesco
Macdonald che Murat nel 1814 aveva nominato Ministro della Guerra e Marina)
avvenuta il 24 aprile 1813.
2) La morte del professore Francesco Babudri verificatasi a Bari il 27 agosto del
1963 (1963 meno 1813 ci danno come risultato i 150 anni di cui si occupa
Mascellaro in questo avvincente testo).
Babudri era un professore nato a Trieste nel 1879 che venne a Bari su chiamata
della Fiera del Levante, la quale gli affidava il compito di ‘creare’ le relazioni
pubbliche dell’Ente. Come ricorda Nicola Roncone in un libro pubblicato da
Uniongrafica Corcelli oltre cinque lustri fa, dal titolo “L’Istria e la Puglia negli studi
di Francesco Babudri”, il professionista fu conquistato letteralmente dalla bellezza
indubbia della nostra città, dalla storia umana della nostra parte vecchia e, anche,
dalla gastronomia a tal punto da mettersi a studiarla per poi scriverne su riviste e
giornali.
Nicola Mascellaro, con l’esperienza e l’abilità maturata sul campo nei trenta anni di
servizio passati a curare l’Archivio fotografico e di documentazione della “Gazzetta
del Mezzogiorno”, ha orchestrato con sapiente maestria i vari capitoli che
compongono il libro, in modo da tenere non solo sempre desta l’attenzione del
lettore, ma anche stimolarne l’amor proprio fino a spingerlo ad informarsi sempre
meglio.
Partendo da una mostra organizzata nelle iniziative del Maggio barese nel 2010, in
cui il noto professionista fotografo Vincenzo Catalano con le sue immagini poetiche
ripercorreva i luoghi legati al culto di San Nicola, Mascellaro ricostruisce la storia
della Chiesa Russa, complesso che chi scrive ha sempre ammirato al punto da
passarci davanti quando mia madre mi mandava a fare acquisti presso la Standa di
Corso Sicilia, verso la metà degli anni ’60 (abitavamo in via E. Toti).
Il 22 maggio 1913 partirono i lavori per volere di Nicola II (Pietroburgo 1868-
Ekaterinburgn 1918), lo zar che, nonostante avesse concesso alcune libertà
costituzionali e istituito la duma (Nicola II ‘creò’ la duma, in seguito alla sconfitta
subita nel 1905 ad opera del Giappone, affinché avesse il compito di esaminare
bilanci, proposte di legge e attività simili, ma fu ‘partorita’ con il grande limite di
essere consultiva perché ogni decisione spettava allo zar) dopo la rivoluzione russa
del marzo 1917, fu costretto ad abdicare e, quando salirono al potere i ‘bolscevichi’,
il 16 e 17 luglio del 1918 fu massacrato con tutta la sua famiglia.
Attualmente la duma ha i compiti affidatigli dalla Costituzione del 1993, quella che
vide Boris Eltsin al potere fino al 31 dicembre 1999, giorno in cui si dimise (o fu…
mandato a casa), e salì al potere il suo ‘delfino’ Vladimir Putin, già primo ministro,
potere che sta…logorando l’intera umanità.
Come giustamente afferma Mascellaro la scelta cadde su Bari per costruire una
stazione di sosta per i pellegrini e una Chiesa di rito ortodosso anche perché da noi
vi sono le spoglie del Vescovo di Myra da quel lontano 1087, il cui luogo è sempre
stato molto frequentato, poi, come non supporre che in onore di San Nicola perfino
gli zar si chiamavano…Nicola.
La storia della Chiesa Russa non è solo entusiasmante, ma anche appassionante per i
tanti colpi di scena intercorsi nel tempo, prima di giungere a quel primo marzo 2009,
data in cui il presidente Giorgio Napolitano consegnò le chiavi della chiesa al
presidente della Confederazione Russa Dimitrij Medvedev e al Patriarcato di Mosca.
Leggerla aiuta a ben comprendere il modo di intendere il ruolo di presidente da
parte di Putin, che deve essere considerato uno degli artefici del passaggio di
consegne, cui avevano lavorato e collaborato i sindaci di Bari Di Cagno Abbrescia e
Michele Emiliano.
Lascio, ai baresi che già sanno a grandi linee il percorso della Chiesa Russa, la ‘gioia’
di rammentarlo e ‘limarlo’ con le ‘chicche’ che Mascellaro ci offre, facendo parlare,
come sempre, i protagonisti.
Vi è un capitolo del libro dedicato alla signora Wanda Bruschi: laureata a Roma,
valente scrittrice di articoli che pubblica con lo pseudonimo di Madame Récamier e
Medusa, ma che dopo il matrimonio con Raffaele Gorjux , diventa collaboratrice
della “Gazzetta di Puglia”, fondata nel 1921 dal marito.
Ho sempre sentito parlare di Donna Wanda da Vito Maurogiovanni e un giorno in
un incontro (non casuale ma non si dice) con Antonio Rossano, per dirimere una
questione che fu risolta con soddisfazione da ambo le parti, notai come fossero
d’accordo sul fatto che la signora Wanda oltre che coltissima fosse in buona fede
nel parteggiare per qualcuno che riteneva sensibile ai problemi della gente… Vito in
questo era specializzato, Tonino, più ‘rigido’, ma solo per giusta causa.
A Rossano mi lega un’amicizia che parte fin dai tempi in cui lo incrociavo presso il
Consiglio Regionale Pugliese, il primo quello che vedeva presidente Beniamino
Finocchiaro e Beppe Lopez addetto stampa: Tonino non ha quasi mai voluto
partecipare agli incontri domenicali di casa Levante, salvo che vi fosse un motivo
specifico che lui condivideva, e veniva nei momenti non programmati adducendo
una scusa-verità che si era recato da un avvocato con studio vicino la nostra sede.
Il libro di Nicola Mascellaro contiene una dedica “Alla memoria di Tonino Rossano”
che me lo rende particolarmente CARO, perché Rossano era un tipo di amico-
interlocutore che sapeva ascoltare, prima di emettere un giudizio che non era mai
una sentenza inappellabile, ma un invito a fare meglio studiando un poco di più.
Mascellaro con questa dedica si è fatto perdonare il nuovo corposo libro (editore Di
Marsico, se puoi, aiutalo a ‘potare’! ) in arrivo: per la serie Nicola ‘vota Antonio’ e
invita tutti ad amare il libro di carta, per non restare … ‘incartati’, perché la CARTA
(ricordate il ‘carta canta’ ?) non si può non amarla, odorarla, sfogliarla, rispettarla e
‘conservarla’, come testimonia il “C’era una volta” di Mascellaro: Murat e Mussolini
passano, la Bari e la carta ci sono e ci saranno sempre non solo ‘sop’a la meràgghie’
(Nicola per le espressioni dialettali si è avvalso della consulenza di Felice Giovine e
Gigi De Santis).
PS
Nel redigere le note ho dimenticato il ‘volo pindarico’ tanto accettato e mai amato
dal direttore del “Giornale di Puglia” e, come per incanto, mi è tornata alla mente
una lirica che mi ha inviato a luglio il medico-poeta conversanese Angelo Ramunni;
aggiungerò solo di mio ‘della carta’ alle ultime due parole dei suoi versi che sono
‘per amore’:
Se un giorno,
chiederai,
al vento,
di voler tornare indietro
per rivivere diversamente
ogni istante
che riterrai di aver perso
per sempre,
ricordati che
sarà solo
per amore… ‘della carta’.
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