Quale 25 novembre?

(kalhh/pixabay)

SANTA FIZZAROTTI SELVAGGI
- "C'è una strana malafede nel conciliare il disprezzo per le donne con il rispetto di cui si circondano le madri". (Simone de Beauvoir)

Le riflessioni in questo tempo confuso penso che siano d’ obbligo . Sarà il post pandemia ma sto osservando una sorta di frenesia, una mania di visibilità costi quel che costi. Una giostra caotica ci circonda e forse il caos è dentro di noi: caos come abisso in cui facile è smarrirsi se non si è più capaci di tendere la propria mano e per dare e per ricevere aiuto, se non si è più in grado di osservare , discernere criticamente, se non si è più disponibili ad ascoltare l’Altro attraverso l’ascolto di sé, a porsi in discussione , in gioco ma discettare dall’alto di conferenze più o meno stereotipate .

Si avvicina il 25 novembre, il giorno dedicato a ricordare a tutti che la violenza sulle donne.

L’istituzione da parte dell’ONU della Giornata contro la violenza sulle donne risale al dicembre del 1999 in memoria dell’ assassinio delle sorelle Mirabel perché ritenute rivoluzionarie. Torturate, strangolate e abbandonate in un burrone.

Si, la natura umana è davvero crudele: è un enigma. Mi hanno sempre colpito i film di Kubrick, uno in particolare, Barry Lyndon, in cui il protagonista insieme ai sentimenti più nobili coltivava le aberrazioni più atroci. Come Achille che pianse insieme a Priamo la morte di Patroclo. Chi era Achille davvero? Quello che aveva dilaniato Ettore o quello che condivideva il dolore con Priamo.

Achille, l'eroe alla ricerca dell'immortalità attraverso la gloria. Si nota in lui chiaramente l'ambivalenza dell'essere umano capace di odiare e di amare contemporaneamente, ma anche di condividere. L'incontro tra Priamo ed Achille: Priamo bacia la mano di colui che ha ucciso il primogenito chiamandolo " valoroso Achille" e Achille piange sul corpo di Ettore ricordando il corpo di Patroclo: l'efferatezza e la pietas.

“A queste voci intenerito Achille, membrando il genitor, proruppe in pianto e preso il vecchio per la man, scostollo dolcemente. Piangea questi il perduto Ettore ai piè dell' uccisore, e quegli or il padre, or l'amico, e risonava di gemiti la stanza”. (Omero, Iliade, XXIV, 671 sgg., trad. Monti)

Nel brano omerico emerge, nonostante tutto, il sentimento della "compassione", ovvero del sentire insieme, della condivisione delle sofferenze. Si tratta della capacità empatica che dovremmo trovare dentro di noi per mettersi "nei panni dell'Altro", al posto dell'Altro pur mantenendo la "giusta" distanza che consente la relazione d'aiuto. Non esiste umanità, non esiste civiltà senza "compassione". Siamo fatti così: il problema è riuscire a tenere chiuso il cassetto dove, in noi, dimora il mostro. Non è facile. Il telegiornale divulga notizie terrifiche: donne uccise con spranghe, violenze di ogni genere. I confini si sono assottigliati e il cassetto si apre con facilità. Per non dire poi dei filmetti a sfondo criminale .

So che la vita è un mistero e che l’universo femminile è ancor più misterioso. Freud scrisse che è “ un continente nero“! Le Muse erano femminili e gli uomini le misero a tacere: una mia antica affermazione ripresa anche dalla collega Girasoli in un suo testo.

Ma le donne non sono sempre alleate fra loro, perché agiscono spinte da rivalità femminili, specchio e proiezione maligna della atavica rivalità con la propria madre : in realtà a loro non importa dell'uomo che hanno di fronte ma dell'attacco alla sua donna. E dunque proiettivamente alla loro madre Non mi sono mai schierata con le femministe proprio perché consapevole di tante cose: la rivoluzione femminista era necessaria, non c'è dubbio, ma per alcuni aspetti non ha migliorato le cose. Ho sentito sempre dentro di me la parità nella diversità e complementarità dei ruoli e delle funzioni: certo, data la situazione in cui ha versato e versa la società, non è facile per una donna assumere ruoli incisivi nella polis. Le rivalse storiche hanno bisogno di lunghi tempi di elaborazione. Dal silenzio alla parola: il passo è molto lungo!

In politica la storia per molto tempo non ha mai contemplato la presenza pubblica della donna che però spesso agisce nell'ombra delle mura domestiche ed educa secondo modelli maschili . Ora si comincia a vedere la presenza femminile nel ruolo di leader : e di qui le noiose diatribe se dire “il presidente o la presidente”... Conviene forse rileggere le regole grammaticali e comprenderne la ratio.

Non è casuale, però. che quando la sua voce si fa pubblica spesso sono le donne stesse a spegnerla.

Devo confessare, non senza timore per eventuali fraintendimenti, che non condivido per niente la gestione delle odierne ricorrenze e contro la violenza sulle donne (25 novembre ) e la giornata dell’ 8 marzo: ogni giorno dovrebbe essere dedicato a ricordare quanto male si fa alle donne, ma anche quanto male molte donne fanno talora agli uomini… Le sofferenze, i massacri, le umiliazioni sono ben altra cosa da quanto queste ricorrenze “ celebrano“: Si finisce per rendere le donne una categoria per di più marginalizzata... Ci sono situazioni ancor oggi di grave sudditanza, ma non è un problema solo femminile di cosiddetta «emancipazione»: è anche un problema maschile. Gli uomini non si «emancipano»: sono preda di stereotipi dovuti all'educazione ricevuta dalle madri che hanno trasmesso inconsapevolmente modelli maschilisti, sono soggiogati dai messaggi mass-mediali laddove le donne si offrono al loro sguardo come oggetto di conquista e dove c'è conquista c'è violenza. Sono obnubilati da luoghi comuni e pregiudizi. Insomma ci sarebbe tanto da fare e da dire e se le donne fossero solidali con le altre donne forse cambierebbe davvero qualcosa!

Trovo che sia una tremenda costruzione sociale che stiamo edificando con il cosiddetto femminicidio, che purtroppo esiste. Ulteriore marginalizzazione e discriminazione per le donne ridotte a “femmine”. Sarebbe meglio dire “feminicidio” con una “m” come si dice “omicidio”. Il discorso è lungo e complesso. Vi sono molti fattori che andrebbero analizzati con la dovuta serietà. Si tratta in ogni caso di assassini.

Andiamo verso l'abisso? Siamo già sull'orlo dell'abisso, tutti i freni inibitori si sono allentati al punto che uccidere è diventato facile. In alcuni film le donne combattono. Quando le donne combattono significa che non ci sono più fondamenta non c'è focolare, non ci sono affetti, racconti, amori, non c'è contenimento, né leggi.
 
Medea a Corinto. Medea: “barbara” e sapiente. Una maga che conosceva le arti della medicina: una donna straordinaria che pur di rimanere per sempre legata a Giasone purtroppo negò la continuità sacrificando i figli. Un atto orrendo, che nasconde l’atroce sofferenza di Medea e che oggi alcune donne disperatamente compiono. Ma figlicidio commise, come accade oggi nei confronti di chi non ha difesa alcuna, La storia è fatta dalle nostre azioni che finiscono per creare il determinismo storico. .Ed Euripide certo non era uno qualsiasi: comprendeva appieno l’anima femminile e le sue angosce Salomé, per esempio, secondo Strauss, fu ferita narcisisticamente da Giovanni. E si vendicò. Ma forse non tollerando Salomé il secondo letto nel quale giaceva sua madre con Erode, quale specchio del primo letto, il crimine che dimorava in lei fini per colpire Giovanni?

E’ che Estia, la dea greca custode del fuoco (Vesta nella Roma imperiale) e dunque del focolare intorno al quale si tramandavano immagini, tradizioni storia ha cambiato dimora insieme alla storia raccontata dalle donne che hanno trasformato il crudo in cotto. Il fuoco nel focolare si è spento : è uscito dalle mura domestiche ed è diventato il fuoco terroristico, delle sanguinose guerre. Estia non abita più in casa ma nelle strutture del terrore né ritornerà a custodire il fuoco fino a quando non ci si interrogherà profondamente sulla natura umana… Penso di essere profondamente femminista, non già come le femministe del XX secolo poiché credo all'assoluta parità fra uomini e donne. La differenza biologica non implica minimamente il concetto di subalternità o teoria dell'inferiorità. Non credo di essermi mai sentita inferiore. Non ho mai visto il mondo se non in questi termini.

Il problema risiede nei modelli femminili interiorizzati dalla donna stessa per cui tra noi donne non siamo solidali. Permangono sempre i modelli androcentrici e forse il desiderio di voler essere "uniche" per il Padre Padrone. Di qui una serie di complicanze davvero destruenti il tessuto sociale. Bisognerebbe lavorare molto proprio con le donne, diversamente però da quanto proposto dalle femministe poiché spesso esprimevano molta rabbia (se pur comprensibile) e risentimento (giusto). È stato importante il movimento femminista, ma è stato subito veicolato nei canali consumistici dal potere dominante. La misoginia si radica nella dipendenza che noi donne a volte tentiamo sempre di mantenere viva con figli, mariti e così via.

Non si riesce, per esempio, a comprendere che è l'abito che regola lo sguardo, pone la distanza. Se il corpo è velato diventa più attraente. È l'immaginazione che genera il desiderio, non la realtà di un corpo nudo. Non penso al burka! Questo abbigliamento che era utile a riparare dai venti e dal sole del deserto, è diventato il simbolo di repressione. Una repressione che per alcuni aspetti sta a significare l'enorme paura dinanzi alla femminilità che può far perdere il controllo, dinanzi alla maternità sempre misteriosa. Si tratta dell'invidia maschile profonda verso la capacità tutta femminile di generare, dell’essere libera , della capacità di creare e di pensare, Il disagio in me nasce appunto dall’accorgermi di quanto siano torbidi, a volte, gli sguardi degli uomini sulle donne (merce da usare) e come anche le donne, a volte, si compiacciano di questi sguardi. La capacità che la donna ha di giocare con il bambino facilita nel bambino la costruzione di quelle aree transizionali, ovvero di sospensione, in grado di facilitare la nascita della cultura e delle arti, quali aree di passaggio in cui tutti i conflitti possono essere giocati senza effrazioni. Alla madre spetta il compito di insegnare al bambino a parlare: e non è la parola il patto simbolico fra gli esseri umani in modo che gli atti (tutti gli atti) possano essere metaforizzati e simbolizzati? La parola può ferire più che la lama. Secondo il rapporto dell’OMS la violenza sulle donne ha proporzioni planetarie globali.
 
L’abuso fisico, psicologico e sessuale interessa oltre il 35% delle donne in tutto il mondo e spesso colpisce all’interno delle mura domestiche e della famiglia o viene inflitto dal proprio partner. Ma al di là di questo orrore , e tutti assassini sono, femminicidio o omicidio che sia. Forse bisogna cominciare ad evitare dannosi luoghi comuni e guardare da vicino ben altro: la famiglia, la scuola, gli affetti, i messaggi mediatici, l’autorevolezza, il libertinaggio imperante, l’educazione, l’amore. A proposito converrebbe rileggere da una diversa ottica “ Scarpette rosse “ di Andersen!

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