FRANCESCO GRECO -
VARESE. Torna l’Arte Contemporanea all’Università degli Studi dell’Insubria (Varese) in occasione dei suoi 25 anni. Dal 15 maggio al 28 agosto 2023, il Rettorato dell’Ateneo riapre le porte al pubblico per ospitare la mostra dedicata all’artista pugliese (Lecce, S. Maria di Leuca) Antonio Pizzolante, uno delle “voci” più originali dell’arte del XXI secolo.

Vernissage il 15 maggio (ore 10.00, presso la sede del Rettorato, in via Ravasi, 2). La mostra si intitola “Antonio Pizzolante. Haiku o la forma del vuoto”. La rassegna, ideata da Andrea Spiriti e Massimiliano Ferrario, avvia, dopo la pausa causata dall’emergenza pandemica, una nuova stagione dell’attività espositiva dedicata all’arte contemporanea del territorio insubre, curata dal CRiSAC (Centro di Ricerca per la Storia dell’Arte Contemporanea) del Dipartimento di Scienze Umane e dell’Innovazione per il Territorio (DiSUIT), e si inserisce nell’ambito degli eventi organizzati per celebrare i 25 anni dell’Università fondata a Varese il 14 luglio del 1998.


Dopo le fortunate mostre del 2019-2020, che hanno ripercorso l’attività di Gianluigi Bennati e di Antonio Pozzi, la nuova esposizione è la prima dedicata a un artista vivente, appunto Pizzolante, già presente alle due collettive, organizzate in Rettorato, del 1999 e del 2018-2019 (in occasione del Ventennale).

L’esposizione (oltre 40 opere) è illustrata da un catalogo scientifico, a cura del CRiSAC e pubblicato da Editris di Torino, con i contributi di Spiriti, Ferrario e Laura Facchin. Foto in catalogo di Paolo Robino. La mostra sarà free sino al 28 agosto 2023, dal lunedì al venerdì con (orario continuato 9.00-18.00).

“L’evento – osserva Spiriti - inaugura il filone espositivo rivolto alle ricerche non figurative, componente imprescindibile della stagione artistica contemporanea". Le installazioni, collocate negli spazi storici della sede centrale dell’Ateneo, dialogano con le testimonianze architettoniche e figurative dell’ex Collegio Sant’Ambrogio e riflettono gli esiti dell’ultima fase della ricerca dell’artista salentino, ma ormai da decenni residente sulle sponde del Lago Maggiore.

E dunque, le opere proposte incubano in quest’ultima fase della sua ricerca: quale il concept estetico e artistico che le attraversa?

Aggiunge Spiriti: “Centrale è il rapporto che la forma insatura con lo spazio (reale e illusorio, tangibile ed evocato), a creare o a enfatizzare pieni e vuoti, concavità e convessità, orizzontalità e verticalità, che veicolano una riflessione su presenza e assenza, realtà e metafora, identità e storia”.


Possiamo dire che una delle stratificazioni è dettata da una componente geografica, nel senso della terra della sua provenienza, per altro un paradigma che illumina tutta l’arte di Pizzolante?

Risponde Ferrario: “Il rimando, costante, alle culture dell’antico Mediterraneo, già baricentro della produzione degli anni Ottanta e ribadito nei cicli delle Porte, dei Portali e delle Dimore (come in Dimora bianca, 2018, parte della collezione permanente di Ateneo), trova ulteriore sviluppo con il tramite di un’attenta indagine sull’antropologia dei materiali (legno, ferro, metallo, pietra, carta)”, che aggiunge “Nella sua propensione all’evoluzione, la maturità artistica di Pizzolante coincide con la volontà di estendere, da un lato, la rotta del suo percorso artistico, per esplorare culture lontane, come quella nipponica; dall’altro, con la capacità di rifuggire dalla statica adesione a singoli schemi stilistici, in virtù di contaminazioni che non mancano di orientarsi verso un più nitido afflato post-informale, di natura minimalista e concettuale, che molto deve proprio allo sguardo verso Oriente, ma che si sostanzia e legittima anche in virtù delle intuizioni italiane degli anni Cinquanta e Sessanta”.

Il percorso espositivo si sviluppa secondo la logica di riconfigurare gli spazi attraverso il posizionamento delle opere e sfruttando le loro peculiarità di concezione, è così?

Risponde Laura Facchin: “La magniloquenza architettonica del Rettorato, espressione sincretica delle diverse anime costruttive degli anni Venti-Quaranta del Novecento, si presta con particolare efficacia al dialogo con i manufatti di Pizzolante, infatti, gli alti soffitti degli ambienti, il suggestivo impatto dello scalone, con i suoi marmi venati e, soprattutto, le aperture parietali creano un’efficace dialettica fra pieni e vuoti che trova un corrispettivo formale nelle composizioni dell’artista”.


Haiku o la forma del vuoto: quale la genesi?

Risponde Antonio Pizzolante: “Haiku o la forma del vuoto, meglio dire… alla ricerca della forma del vuoto. Il vuoto che ci dà la possibilità del nuovo, il vuoto che di per sé è la forma del futuro. E’ necessario rovesciare i luoghi comuni che attribuiscono al vuoto la paura, il buio, il nulla. Penso che la ricerca di una forma del vuoto è energia in potenza, è come una pagina bianca prima che vi si scriva una parola o che si disegni una linea, è come l’intervallo tra due note. Pensare al vuoto per me significa riflettere sulla vastità dell’universo palpitante di vita ed energia”.

Antonio Pizzolante è nato a Castrignano del Capo (Le) nel 1958. Dalle prime esperienze scenografiche compiute negli anni settanta e l’avvio verso una scultura che interessava uno spazio pensato e vissuto, l’ultima ricerca di Pizzolante privilegia soluzioni archetipe, primarie, essenziali, intese a ritrovare nella memoria e nella centralità dell’uomo il ruolo dell’arte.

Il suo agire creativo contrassegnato da raffinati sconfinamenti compositivi “richiama e rinnova realtà” che inducono alla conoscenza della propria contemporaneità. Da questa premessa l’artista consolida l’indagine sulle materie e le loro possibili contaminazioni caratterizzata da un linguaggio capace di evocare quell’essenza mediterranea, matrice della cultura europea.

Intenso in questi ultimi anni il percorso espositivo, con partecipazioni in rassegne nazionali e internazionali a Parigi, Lugano, Milano, Lamezia Terme, Bad Voslau, Girona, Caen, Saragozza.

Tra i riconoscimenti più importanti il primo premio alla XXII Rassegna Nazionale di Disegno Contemporaneo. “Giovanni Segantini” e il primo premio alla 14° edizione per l’Arte Contemporanea del Comune di Sarezzo in provincia di Brescia.

Nel 2005 è tra gli artisti premiati alla prima Biennale di Ankara in Turchia. A partire dal medesimo anno, le più importanti partecipazioni si possono annoverare in: “Generazioni anni cinquanta in Lombardia” al Museo Gazzoldo degli Ippolitti in provincia di Mantova a cura di Claudio Rizzi, “Ritratti di studio” alla Galleria Scoglio di Quarto di Milano, Progetto Esserci - Padiglione Italia a Venezia, mostra sostenuta, tra gli altri, da Jean Blanchaert e Philippe Daverio, “Contemporaneo Italiano” presso l’Istituto Italiano di Cultura di Bruxelles, “Porelarte” Feria General de Saragozza, (Spagna), “Timeless” omaggio a Leon Battista Alberti presso l’Archivio Centrale dello Stato di Roma, “Dall’Ideale all’Arte Contemporanea - Identità e Umanesimo al Palazzo Ducale di Sabbioneta e “Stanzesenzatempo” al Museo Internazionale di Design Ceramico di Laveno in contemporanea allo Spazio d’Arte Stellanove di Mendrisio a cura di Claudio Rizzi, “Accrochage” alla Galleria Bollag di Zurigo, “Segno Simbolo Sintassi” al Museo Parisi-Valle di Maccagno. Nel 2010 è ospite alla quattordicesima Biennale d’Arte Sacra al Museo Stauros, Isola del Gran Sasso in provincia di Teramo, nel 2011 partecipa alla mostra “Territori del Sud” al Museo d’Arte Contemporanea ProyectoMartAdero Cochabamba (Bolivia), nel 2012 è invitato al Padiglione Italia della 54 Biennale di Venezia “L’arte non è cosa nostra” a cura di Vittorio Sgarbi al Palazzo delle Esposizioni di Torino, nel 2013 partecipa a “Chromo Sapiens / Florence Design Week” a cura di Rolando Bellini all’Archivio di Stato di Firenze e sempre nella città toscana al “Il Casino dell’Arte: Kunstkammer in Progress” - Sala della Musica dell’ex Tribunale, evento nell’evento per la IX Biennale Internazionale d’Arte Contemporanea di Firenze.

Nel 2014 è invitato a “Ricognizione sulla scultura per gli scritti di Alberto Veca” a cura di Claudio Cerritelli e Elisabetta Longari al Palazzo della Permanente di Milano e a “Quintessenze” a cura di Giorgio Bertozzi e FerdanYusufi presso l’Abbazia di Grottaferrata. Nel 2016 allestisce una mostra personale alla Storica libreria Bocca di Milano con la presentazione in catalogo di Andrea B. Del Guercio.Nel 2018 partecipa alla rassegna “Il Palpito del colore” a cura di Chiara Gatti allestita in tre sedi storiche della provincia di Varese. Infine nel 2021 allestisce alla Galleria Scoglio di Quarto di Milano l’esposizione “Parla di me silenzio” curata da Francesco Tedeschi.