Altamura. Deposito di scorie nucleari. No senza se e senza ma!

(Vitantonio Petronella - Sindaco di Altamura)

ROBERTO BERLOCO
- ALTAMURA. Era stato chiaro. E’ tornato ad esserlo prima che scadesse l’anno appena volato, nel corso di una assise consiliare presso il Comune di Matera: no secco a depositi di stoccaggio radioattivo in territorio altamurano!

Una posizione decisa, quella del sindaco di Altamura Vitantonio Petronella, tesa a negare, di riflesso, ogni eventualità che pure l’intero circondario murgiano - comprendente le spettanze d’Altamura, Gravina in Puglia, Laterza, Matera, oltre ad altri centri figuranti nella cornice lucana - possa ospitare scorie derivanti da produzioni nucleari nazionali (secondo la nomenclatura ministeriale, BA_MT4 e BA_MT5 le due locazioni che coinvolgono l’ambito di riferimento della città federiciana in condivisione con quella dei Sassi). Una posa, la sua, rigida, inequivocabile, irreversibile, in piena continuità, d’altronde, alla linea dell’Amministrazione immediatamente prima della sua.

“Ricordo che il nostro Comune” - ha difatti tuonato il Preside altamurano in recenti dichiarazioni alla stampa - “con atti deliberati nel precedente mandato amministrativo, le Regioni Puglia e Basilicata, oltre ai comitati appositamente costituiti, hanno presentato osservazioni con cui hanno dichiarato che il nostro territorio non è idoneo per un'installazione così impattante”.

E ha aggiunto: “per quanto ci riguarda, l'Amministrazione comunale di Altamura conferma la propria indisponibilità”.

Tra le righe dell’attualità, il precedente d’una vicenda risalente al Novembre 2003 e appartenente alla storia delle reazioni di popolo, quello di Scanzano Jonico, guarda caso un paese situato in Basilicata, quasi a confermare che l’area sia generalmente prediletta dalle mire dell’autorità statale, quando si tratti di trovar posto a rifiuti di derivazione nucleare.

Questa volta, però, a differenza del caso di Scanzano, ogni prevedibile protesta dal basso è stata prevenuta da chiare prese di posizione istituzionali, attraverso pugni sul tavolo battuti non solo da Primi Cittadini, ma anche dal Governatore della Puglia Michele Emiliano e, ultima in ordine di tempo, dal suo omologo lucano Vito Bardi.

“La nostra Regione” - sono state le parole dell’ex Vice Comandante Generale della Guardia di Finanza - “ha già dato tanto e dà tanto al nostro Paese da un punto di vista energetico, con conseguenze sul paesaggio e sui territori. Non possiamo accettare altri sacrifici”. Sull’impetuosa onda emozionale del rifiuto per quel che è comunemente avvertito alla stregua d’un insidioso pericolo per l’ambiente, si continua ovviamente a tacere il dato della versione del Governo nazionale circa l’idoneità del paio di siti murgiani individuati e la sostanziale assenza di rischi per la salute collettiva, come quell’altro degli abbondanti vantaggi occupazionali che la costruzione e la gestione d’una rimessa di scorie del tipo comportano per il territorio coinvolto, anche nel lungo termine.

Già, perché le due zone identificate, come le restanti quarantanove inserite nell’elenco di quelle idonee ad ospitare l’impianto (CNAI - Carta Nazionale delle Aree Idonee), rappresentano anzitutto il frutto di una selezione passata per i filtri dell’Isin (Ispettorato Nazionale per la Sicurezza Nucleare e la Radioprotezione) e della Sogin (Società Gestione Impianti Nucleari), prima di essere fatta propria con ufficialità dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica.

Il Deposito copre un’area di 110 ettari, ai quali vanno aggiunti altri 40 di Parco Tecnologico, vale a dire un vero e proprio nucleo ricerche sul trattamento degli scarti radioattivi e sullo smantellamento delle centrali nucleari, ma pure un perimetro di superficie pensato con lo scopo specifico di ridurre al minimo l’impatto ambientale dell’installazione. All’interno di questa, confini naturali e artificiali si alternano per garantire sicurezza entro parametri IAEA (International Atomic Energy Agency). I principali attori di questa protezione sono quasi un centinaio di manufatti in calcestruzzo armato, destinati ad ospitare altrettanti blocchi in cemento speciale, a volta loro a copertura di recipienti in metallo contenenti i rifiuti (ormai in stato di condizionamento), senza contare i metri di isolanti specifici che finiranno per ricoprire il tutto, formando un colle destinato ad integrarsi con il paesaggio naturale intorno.

La struttura, inoltre, è sottoposta ad una vigilanza costante da parte delle autorità scientifiche preposte e tiene senso d’esistere per tre secoli, il periodo tecnicamente sufficiente perché il flusso radiogeno scenda a valori insignificanti (per i rifiuti di più alta intensità radioattiva, invece, la conservazione è temporanea in attesa di essere trasferiti in un adeguato riparo geologico). Al principio di questo lasso temporale, un importante risvolto benefico è offerto dallo sviluppo dell’occupazione, che non solo prende forma in diverse migliaia d’unità assunte nella fase della costruzione, ma pure si protrae per quella della gestione (fino a 1.000 posti di lavoro) durante il quarantennio successivo, senza contare il rafforzamento delle infrastrutture connesse (reti viarie) e i positivi riflessi sulla crescita demografica.

Non è un caso che, almeno parrebbe, vi siano Comuni i quali, quando non abbiano il proprio territorio menzionato dalla Carta, abbiano espresso un certo intento a proporsi per ospitare questo genere di complesso (anche se, per ora, l’unica municipalità a farsi avanti è stata quella di Trino Vercellese). Gli stessi ai quali il Primo Cittadino di Altamura ha rimandato il Governo per la selezione finale dei siti dove allocare gli speciali giacimenti.

“Ci sono Comuni italiani” - ha infatti tenuto a precisare - “che si sono candidati per realizzare il deposito nazionale. Pertanto, si persegua questa strada di dare ascolto ai Comuni che hanno espresso tale volontà”.

Ora la palla passa al Ministero, al quale spetterà di valutare le resistenze emerse dalle istituzioni territoriali, il cui concerto rappresenta un fattore essenziale per l’innesco di decisioni di questa portata.

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