Bari, accoltella senza pietà il vicino: "Volevo ucciderlo"

BARI - Un’aggressione brutale che ha sconvolto la comunità locale e messo in luce la pericolosa ossessione di Giuseppe Manica nei confronti di Michele Esposito. Il 70enne, accusato di aver accoltellato il vicino consulente finanziario e giornalista, è stato confermato in carcere dal giudice per le indagini preliminari Alfredo Ferraro, a seguito di un’aggressione avvenuta la sera del 26 febbraio scorso.

Secondo le indagini, Manica aveva sviluppato una vera e propria ossessione per Esposito, ritenendolo responsabile di avergli “rovinato la vita” con precedenti denunce. In un passaggio dell'ordinanza, si sottolinea che l’uomo avrebbe agito con l’intento di uccidere, dichiarando addirittura “sarà soddisfatto solo quando lo avrà ucciso.” Questo stato di vendetta alimentato dall’odio per il vicino ha portato a un’aggressione spietata.

La vittima, Michele Esposito, è stata colpita con almeno cinque coltellate al volto e al collo. Dopo aver colpito violentemente la vittima, l’aggressore ha continuato a infierire con calci e pugni mentre Esposito giaceva a terra, incosciente e in una pozza di sangue. Nonostante le ferite gravissime, Esposito è riuscito a sopravvivere all’attacco, grazie anche alla “strenua difesa” durante l'aggressione, come sottolineato nell’ordinanza del giudice.

Manica ha confessato senza indugi la sua colpevolezza ai Carabinieri, dichiarando: "Spero che muore". Un’ammissione shock che non ha fatto altro che confermare l'intenzione omicida premeditata. Il giudice ha infatti evidenziato la “preoccupante spregiudicatezza” di Manica, definendo l’aggressione un atto “attentamente pianificato”, con l’utilizzo di un coltello indirizzato verso le zone vitali del corpo della vittima.

L’ordinanza del gip sottolinea la gravità dell’azione, riconoscendo la sussistenza del dolo alternativo. Manica ha agito consapevolmente, sia prevedendo che la sua azione potesse portare alla morte di Esposito, sia volendo infliggere gravi ferite. La violenza dell'aggressione e il comportamento del 70enne, che non ha mostrato alcun segno di pentimento, hanno convinto il giudice della concretezza del pericolo di reiterazione di reati analoghi, anche con l'uso di armi.

Il giudice ha infine ribadito che Manica non ha mostrato segni di resipiscenza, ma anzi ha rivendicato la paternità del fatto, mantenendo intatta la sua volontà di proseguire nel suo piano omicidiario. La conferma del carcere per l’aggressore rappresenta un segnale forte delle autorità nei confronti di chi, con premeditazione, mette a rischio la vita di un'altra persona, alimentando odio e violenza.