Sinner si confessa: "Ho pensato di mollare tutto. Da bambino sognavo la Formula 1, ma senza soldi..."
ROMA – Un Jannik Sinner inedito, profondo e sincero si racconta in un’intensa intervista rilasciata a Speciale Tg1. Il numero uno del tennis mondiale si apre su uno dei momenti più difficili della sua carriera, parlando senza filtri delle difficoltà affrontate, delle pressioni, dei sogni e dei suoi pensieri più intimi, compreso quello – impensabile per molti – di lasciare il tennis.
"Non auguro a nessuno di vivere ciò che ho passato"
Sinner torna sulla bufera che lo ha travolto nei mesi scorsi, legata alla controversa vicenda Clostebol: «Non ho capito quello che è successo, non sapevo niente. Ho fatto fatica ad accettare questi tre mesi, perché nella mia testa non ho fatto nulla. Ho vissuto un anno intero di difficoltà». Poi aggiunge: «Ognuno può dire quello che vuole, ma io so cosa ho passato. Non mi interessa rispondere a chi mi ha attaccato. Non auguro a nessuno di vivere da innocente una cosa del genere».
Il peso della solitudine e l’importanza della sua "bolla"
«Mi mancava la competizione, ma questo stop, anche se forzato, forse mi serviva. Quando sono arrivato in Australia, lo scorso gennaio, ero a disagio. Sentivo gli sguardi addosso, e per un attimo ho anche pensato di mollare tutto», confessa. A salvarlo, racconta, è stata la vicinanza del suo team, della famiglia e degli amici: «Ho costruito una mia bolla, dove nessun altro poteva entrare. È lì che ho ritrovato la voglia di continuare e prepararmi bene per gli Slam».
"Il tennis è come il poker"
Sinner offre anche uno spaccato intimo sul suo rapporto col campo: «Ci sono momenti in cui non tutto va alla perfezione. Giocare a tennis è come il poker: se vedi che l’altro fa fatica, ti dà forza. Ho scatti anche io, momenti di stanchezza o in cui non sento la partita. Ma alla fine il tennis è un gioco, e devi solo giocare. Spaccare la racchetta o tirare la pallina non serve a nulla».
Il sogno da bambino? Correre in Formula 1
Il campione altoatesino racconta anche un lato più personale: «Da bambino sognavo di diventare un pilota di Formula 1. Ho una grande passione per le auto. Ma senza soldi, cosa potevo fare? Il calcio mi piaceva, ma non era una vera passione». E sul tennis: «Il mio colpo più solido? Il rovescio. Il servizio può migliorare. Degli altri giocatori prenderei il tocco di Carlos Alcaraz e la sensibilità di Lorenzo Musetti».
"L'emozione più grande? Quando sono diventato n.1"
Infine, il ricordo più bello: «L’emozione più grande l’ho provata quando ho saputo che sarei diventato il numero 1 al mondo. È stato il frutto del lavoro di un anno intero». E sul punto più bello della carriera, nessun dubbio: «Quello che mi ha regalato il primo Slam: un dritto lungo linea. Ma spesso ricordo di più i punti sbagliati che quelli belli».
Un ritratto autentico e umano di un campione che, dietro la compostezza e il talento, nasconde le fragilità di un ragazzo che ha saputo rialzarsi e trasformare le cadute in nuova forza.