Alla corte di Nefertari. Tesori e misteri d’Egitto

FRANCESCO GRECO. ROMA – Appena il Faraone saliva al trono partivano i lavori per la sua sepoltura. Arrivavano a Tebe e dintorni abili scalpellini, provetti disegnatori, operai specializzati, scavavano una buca nel deserto. Al cantiere si lavorava su turni di 10 giorni. Una casta con molti privilegi, belle case, terreni, che trasmetteva l'arte ai figli. A volte lavoravano a 150 metri di profondità, senza luce naturale (solo fiaccole). In alcune tombe sono dipinte 7 mucche, per consentire al defunto di sfamarsi. In altre 365 servitori: lavoravano al posto del Signore. Tutto è narrato sugli ostrakon.

Extraterrestri non pervenuti, ne avremmo avuto traccia nel Libro dei Morti, il Codice di Hammurabi, o nei geroglifici (scrittura sacra).

Figlio di Akhenaton e Nefertiti, Tutankhamon divenne Faraone a soli 8 anni (nonostante l’ostilità della casta sacerdotale). Morì a 18. Si spiegano così le esigue opere monumentali firmate, ma anche la modestia della tomba (un solo ambiente). Si ipotizza che sia stata usata la prima a portata di mano. Forse il ragazzo aveva un piede equino.

La mummificazione durava circa 70 giorni. Si lavorava di resine e oli. Si espelleva il cervello dal naso. Gli organi si ponevano in appositi vasi detti canopi. Incluso il cuore, che nel Giorno del Giudizio sarebbe stato pesato e doveva essere leggero come una piuma, altrimenti gli animali che terrorizzavano gli Egizi (leoni, coccodrilli, ippopotami) lo avrebbero sbranato e addio resurrezione. Per la sua maschera funebre furono necessari 11 chili di oro. Gli Egizi lo consideravano la carne degli dei. Il corredo funerario fu comunque molto ricco: tantissimi oggetti, ognuno con la sua ricca filologia. La simbologia per gli Egizi era un’autentica ossessione, come la ricerca dell’immortalità. Sontuosa l’architettura spirituale: anche gli artigiani e i creativi avevano una divinità protettrice (Ptah).

Serata di grandi emozioni e pathos all’Accademia d’Egitto di Roma: tesori, splendori, meraviglie di una civiltà immortale, e dei suoi fascinosi e semanticamente affollati protagonisti, rivivono magicamente nelle parole del prof. Sheraf el Sebaie (foto), divulgatore impareggiabile (fra l’altro, è esperto in Diplomazia Culturale, rapporti euro-mediterranei e transatlantici, ha un cv di grande prestigio, vive a Torino) capace di evocare un passato di miti e riti millenari, storie e decodificazioni che un pubblico numeroso e attento accoglie in silenzio per la forte emozione.

In attesa del 3 luglio, data che resterà nella Storia del popolo egiziano. Infatti al Cairo (Giza) sarà inaugurato il più grande Museo al Mondo (GEM, Grand Egyptian Museum), costato un miliardo e mezzo di euro, 12, sale, 100mila reperti (incluso il tesoro di Tutankhamon) sparsi su circa 100mila metri quadrati. Inclusa una lettera di Nefertari a un’aristocratica ittita (in lingua accadica) con auguri di buona salute e annuncio di ricchi doni.

Chi è stato in Egitto negli ultimi mesi ha visto avanzare i lavori. Incluso il trasporto dei reperti, nottetempo e militarizzato.

La serata si è sviluppata su due livelli. Nella prima parte la mostra di caricature di Marco De Angelis e poi, nell’ipogeo, la visita guidata alla ricostruzione della tomba del Faraone-bambino (XVIII dinastia, successe al padre Akhenaton). Pare sia la sola inviolata nella Valle dei Re. Grazie agli agenti atmosferici che l’hanno “sepolta” e sottratta anche agli sciacalli (fu scoperta l’ultimo giorno di scavi, il 4 novembre 1922). Gli Egizi impalavano chi era scoperto a trafficare attorno alle tombe. E tuttavia i due/terzi dell’oro era rubato (Tutankhamon riposò fra 110 chili). In quella di Akhenaton una ciocca di capelli della nonna, due feti di figlie nate morte.

Di solito Re e Regine erano ritratti intenti a giocare (non si sa che gioco, sembra una dama, o scacchi): se vincevano di giorno l’anima poteva sortire nel mondo reale. Gli Egizi sono forse il popolo che più ha speculato sul concetto di eternità (il verde ha questo significato) e immortalità.

Seconda parte: l’incontro, sempre dal racconto del prof. el Sebaie, con la Regina Nefertari (vuol dire “la più bella”), consorte di Ramses II e la sua tomba (ricostruita). Nacquero molti figli ma il Faraone non ebbe eredi: visse fino a 90 anni (nonostante i complotti degli aristocratici). Principi e principesse e la stessa Regina dipartirono prima (siamo intorno al 1260 a. C.). Nella Valle dei Re la sua statua e quella del consorte sono della stessa altezza.

L’Egitto si svela nel suo millenario, misterioso fascino e conquista il cuore degli italiani, storditi da tanta sfolgorante bellezza: “Ci interessa intrecciare buone relazioni sia con le istituzioni italiane che europee, rafforzare i nostri rapporti”, sorride la giovane e bella direttrice dell’Accademia Raniaa Yehia (al centro nella foto).

La conferenza si è svolta sotto gli auspici di S. E. Ahmed Hanno (Ministro della Cultura Egiziana) e di S. E. Bassam Rady (Ambasciatore d'Egitto in Italia).

E sono già in calendario una serie di eventi, fra mostre e concenti, inclusa (30 maggio) una conferenza in collaborazione con la vicina Accademia Belgica a cui la direttrice tiene molto e altri in progress.

Una serata di magia, di bellezza e poesia si è chiusa con un concerto di Sara Nenshati (in foto la ragazza bionda), una delle più grandi pianiste al mondo, che ha magistralmente eseguito la “Sonata Waldstein” di Beethoven e la “Ballata n. 4” di Chopin. Apprezzati dal pubblico con una calda e affettuosa standing-ovation.

Ha iniziato a studiare pianoforte a soli 6 anni alla scuola “Prenke Jakova” di Scutari, diplomandosi col massimo dei voti. Da quando aveva 7 anni dà concerti da solista in tutto il mondo. Ha vinto oltre 30 premi, fra cui il “Frederic Chopin” di Tirana. Continua ad approfondire gli studi al Conservatorio “Santa Cecilia” (Roma).