Migranti morti nel Brindisino, FLAI CGIL Puglia: “Non abbandoniamo le mani che raccolgono cibo”


BRINDISI - “Non si tratta più di casi isolati ma di un dramma strutturale”. È con queste parole ferme che Antonio Ligorio, segretario generale della Flai Cgil Puglia, interviene dopo la tragica morte di Lamine Barro, il 27enne senegalese travolto da un pirata della strada mentre tornava in bicicletta dal lavoro nel Brindisino.

“Ancora una volta, il volto di chi muore nei campi o ai margini del lavoro agricolo è quello di un uomo migrante, povero e invisibile”, sottolinea Ligorio, ricordando che Lamine, come molti altri, era costretto a lavorare anche di sera in un locale per poter sopravvivere. “La sua storia racconta una verità scomoda: in Italia si è poveri anche lavorando”. Una condizione drammaticamente condivisa da migliaia di operai agricoli, intrappolati in una spirale di fatiche continue, doppi turni e totale assenza di garanzie.

Alla tragica scomparsa di Lamine si aggiunge quella di un altro giovane uomo, un 35enne nigeriano deceduto nel CPR di Restinco, nel brindisino. Due drammi distinti, ma uniti da una radice comune, denuncia la Flai Cgil: “un sistema che sfrutta e consuma le vite, in silenzio. Non si tratta più di casi isolati ma di un dramma strutturale. In Italia, e in Puglia in particolare, si continua a morire per lavorare”.

Ligorio punta il dito contro una filiera agricola ancora dominata da logiche di profitto a ogni costo, che si traducono in turni estenuanti, trasporti insicuri, assenza di assistenza sanitaria, insediamenti informali e il piaga del caporalato. “Uno sfruttamento sistemico, tollerato da parte del mondo produttivo e spesso ignorato dalle istituzioni. La Puglia, terra ricca di storia contadina, è anche terra di disuguaglianze. Chi lavora la terra troppo spesso non ha nulla: né casa, né contratto, né voce. I migranti che raccolgono frutta, ortaggi, curano vigne e ulivi, continuano a morire di fatica, di caldo, di silenzi. Come Lamine. Come tanti altri corpi dimenticati nei campi”.

“La morte non è mai neutra. È uno specchio, e oggi ci rimanda l’immagine di un Paese che ha smarrito la propria coscienza civile”, continua il segretario generale della Flai Cgil Puglia, lanciando un appello urgente e categorico: “basta morti nei campi, stop allo sfruttamento, intervenire sul decreto flussi, regolarizzazione e accoglienza degna e patto per la giustizia agricola. Serve strutturare un trasporto pubblico anche perché siamo alle porte delle grandi raccolte che vedrà una grande presenza di lavoratori immigrati”.

“Morire nei campi non è solo cronaca, è una ferita aperta alla nostra democrazia e finché il lavoro non sarà davvero un diritto e uno strumento di vita, e non una condanna a morte, continueremo a lottare”, conclude con determinazione Antonio Ligorio.