Taranto, incendio all’ex Ilva: sequestrato l’Altoforno 1, la procura contesta omissioni di sicurezza
TARANTO – È stato notificato un decreto di sequestro probatorio senza facoltà d’uso per l’Altoforno 1 dell’ex Ilva di Taranto, oggi gestito da Acciaierie d’Italia in Amministrazione Straordinaria (Adi in As). A firmarlo è stato il PM Francesco Ciardo della Procura della Repubblica di Taranto, dopo l’incendio avvenuto ieri nell’impianto, che ha generato una densa colonna di fumo nero, visibile anche a chilometri di distanza.
L’episodio ha destato forte apprensione tra cittadini e lavoratori, soprattutto dopo che video amatoriali dell’incendio sono rapidamente diventati virali sui social, mostrando la gravità dell’evento. Fortunatamente non si registrano feriti.
Secondo quanto riferito da Acciaierie d’Italia, l’incidente è stato causato da “un’emissione non controllata in atmosfera”, originata da “un’anomalia improvvisa a un elemento del sistema di raffreddamento dell’impianto”, la tubiera n.11. Da quest’ultima sarebbe avvenuta la fuoriuscita di coke, che ha raggiunto il piano delle tubiere e l’area sottostante, innescando focolai che sono poi stati domati con l’intervento dei Vigili del Fuoco e del personale interno.
Il magistrato contesta all’azienda i reati di omissione dolosa di cautele sui luoghi di lavoro e getto pericoloso di cose. L’area a caldo dell’ex Ilva, inclusa l’Afo1, era già sottoposta a sequestro con facoltà d’uso nell’ambito della storica inchiesta “Ambiente Svenduto”.
Il sequestro del forno Afo1, riavviato lo scorso 15 ottobre alla presenza del ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, lascia attualmente operativo solo l’Altoforno 4, mentre Afo2 è previsto in rientro nel 2025 dopo il rifacimento del crogiolo. L’Afo1, già oggetto di numerosi interventi di manutenzione, avrebbe dovuto fermarsi nuovamente l’anno prossimo per nuovi lavori.
Secondo fonti sindacali, circa 70 lavoratori dell’altoforno sono stati ricollocati temporaneamente in attività di formazione, in attesa di sviluppi sulla riapertura o eventuali decisioni aziendali e giudiziarie.
L’episodio riaccende il dibattito sulla sicurezza degli impianti e sulla sostenibilità ambientale dell’area industriale di Taranto, dove persistono timori cronici per la salute pubblica e per le condizioni lavorative.