Evasione dal carcere minorile di Bari, Di Giacomo (S.PP.): “È diventato un gioco da ragazzi”


BARI – «Evadere dal carcere è ormai diventato un gioco da ragazzi». A dirlo è Aldo Di Giacomo, segretario generale del Sindacato di Polizia Penitenziaria (S.PP.), commentando l’evasione avvenuta nelle ultime ore dal carcere minorile di Bari, dove un 17enne di origini campane è riuscito a fuggire seguendo un copione da film.

Un episodio che, secondo il sindacalista, non è affatto isolato ma rappresenta la punta dell’iceberg di una situazione ormai fuori controllo, alimentata da organici ridotti all’osso, assenza di strumenti di sicurezza e inadeguatezza strutturale degli istituti penali per minorenni.

«Accade che, di notte, solo tre agenti debbano vigilare su una trentina di detenuti – denuncia Di Giacomo – mentre il numero di evasioni, tentativi di fuga, rivolte e incendi di celle è aumentato del 120% in pochi mesi». Il problema, secondo il S.PP., risiede anche nel mancato rimpiazzo del personale: «Le assunzioni annunciate da tempo non coprono nemmeno i vuoti lasciati da pensionamenti, pre-pensionamenti e dimissioni».

La denuncia del sindacato va oltre il singolo episodio barese e inquadra l’accaduto in un contesto nazionale allarmante. A marzo 2025, nei 17 istituti penali per minorenni presenti in Italia, i giovani reclusi erano 597, contro i poco più di 300 di due anni fa. Numeri che crescono rapidamente anche per l’introduzione di nuovi reati perseguibili: «Solo nell’ultima settimana, durante due rave, sono stati identificati circa 300 minori», spiega Di Giacomo. 

Ma è lo stesso modello carcerario minorile a finire sotto accusa: «Il 90% di chi entra in un IPM (Istituto Penale Minorile) prosegue verso una carriera criminale. È un sistema che non rieduca, ma forma nuovi delinquenti», afferma il segretario del S.PP., evidenziando come il 70% dei ragazzi entri in custodia cautelare, con una permanenza media di poco superiore ai 100 giorni.

Baby gang, emulazione dei boss carcerari adulti, reati contro il patrimonio e la persona: sono queste le sfide principali che emergono dai dati e che, secondo Di Giacomo, «non possono essere affrontate solo aumentando le pene o abbassando l’età della responsabilità penale».

Il sindacato chiede un intervento strutturale e complesso, a partire da:

Adeguamento e ristrutturazione degli istituti minorili, spesso fatiscenti e inadeguati;
Potenziamento del personale penitenziario e specializzato;
Revisione dell’intero modello rieducativo, per trasformare i luoghi di detenzione minorile in veri centri di recupero.

«La sicurezza non può essere affidata solo al sacrificio degli agenti penitenziari – conclude Di Giacomo –. Serve una visione politica chiara e il coraggio di investire dove oggi si fa solo finta di intervenire».