La famiglia tra sfide sociali, povertà ed opportunità


FILIPPO BOSCIA* -
Nel mondo ci sono tante forme di povertà che sconvolgono e rovinano la vita quotidiana di molte famiglie strattonate tra sfide sociali e problematiche irrisolte:

Voglio iniziare da quella povertà che insinuata nella carne delle famiglie, feriscono i canoni costitutivi, causando angosce, disagi morali e culturali.

Siamo in un periodo nel quale tra egoismi, autodeterminazione, prevaricazione e personalismi le famiglie sono state lesionate, ferite e private di amore.

In molte famiglie c’è un’amnesia di tenerezza.

In molte famiglie i cuori sono diventati aritmici e fibrillanti.

Partendo dalla mia esperienza vi dico che non solo incontro famiglie stabili in fase costitutiva e… in progress di bene, ma anche famiglie inquiete alla ricerca della maggior libertà possibile! Posso raccontare che i disagi esistono e sono rappresentate da incredibili povertà non lette, non solo economiche ma anche morali e spirituali.

La fame di edonismo giulivo, spesso fa procedere queste famiglie in stile libero, con separazioni nuove, convivenze allargate, uninioni multi partner e multi color: in queste, nella nostra contemporaneità, regna sovrano il sub-appalto pressoché totale dell’affettività che si esprime a tutti i livelli sin dalla nascita, anzi forse ancor prima della nascita, atteso che le funzioni della maternità sono state ormai delegate alle nuove figure “dona” e “dede”, tra donatrici di gameti e gravidanze per altri in uteri altri.

Parte questo sub appalto che poi si espande in tutti i periodi della vita, nel nascere, nel soffrire, nel vivere e nel morire, non risparmiando le disabilità, gli anziani e le non auto sufficienze, le cosiddette termenalità.

Alla nascita, dopo il primo periodo di entusiasmo e di accoglienza carico di brio, abbastanza presto ho avuto modo di notare che ogni necessaria presenza si fa assenza fino a far scricchiolare quegli impegni di custodia, di nutrizione, di accudimento e sollecitudini che diventano totalmente sub appaltati ad altri… gli specialisti del sub appalto.

E i problemi non sono solo questi e in questo periodo tutti stiamo affrontando con preoccupazione il problema della denatalità… nessuno vuole assumersi la responsabilità del fenomeno ma tutti proclamano problematiche sociali, carenze di struttura, diritti negati, assurde pretese sostitutive.

Credo che dovremmo invece invocare a gran voce il richiamo alle responsabilità educative, soprattutto da parte delle famiglie oltre che quelle delegate alla scuola e frammentate in una moltitudine contemporanea di educatori.

Spesso ci si lamenta delle povertà economiche ma io vorrei mettere l’accento sulle povertà relazionali!

Non prendiamoci in giro, diciamocelo francamente che se scricchiola l’affettività, la fedeltà, il rispetto nell’ambito della famiglia, scricchiola anche l’educazione all’affettività che dovremmo inculcare e testimoniare.

Credo che queste mancanze siano i virus più perniciosi tra le tante povertà che mortificano la vita. Le povertà sono tante ma fra queste spiccano: povertà assoluta, povertà relativa, povertà situazionale, povertà generazionale, povertà urbana e povertà rurale.

Ritornando al profilo della denatalità devo dire che certamente decisioni apodittiche di questo tipo non sono una buona pratica di pace: anche l’autodeterminazione assoluta è un virus nefasto e questa naviga in una schizofrenica tendenza: rifiuto della maternità e paternità nel tempi più opportuni di fertilità, evocazione del diritto a non far nascere, proposto come conquista sociale per raggiungere il massimo benessere egoistico e dall’altro la ricerca del figlio ad ogni costo in età altamente avanzata, anche dopo i 50.

Oggi più che mai siamo stretti nella morsa della denatalità per autodeterminazione, nella ristrettezza degli alloggi, ma ancor più nella innaturale richiesta di poter partorire ben oltre quei logici e non espansibili conflitti di età.

L'età media di nascita del primo figlio supera i 32 anni. La Puglia dal 2020 ad oggi vede un calo delle nascite di quasi 12%, con 5,1 nuovi nati ogni 1000 abitanti.

Di contro, si registra l’espressione di uno sfrenato egoismo che non manca mai, ma che si acuisce quando la famiglia è chiamata a pesanti responsabilità assistenziali come avviene in età avanzata, nelle solitudini, nelle sofferenze e in tutte quelle situazioni di disagio emotivo legate all’isolamento all’emarginazione, agli scarti e alle esclusioni.

Questi sono solo alcuni dei problemi che hanno ammalato e ammalorato la famiglia. Non neghiamo che accanto a questi eventi ci sono poi tanti bisogni sociali negati, disagi lavorativi, abitativi, organizzativi.

Manca l’ascolto, solidale ed efficace, mancano tentativi di valorizzazione delle persone, manca quella alfabetizzazione delle azioni buone. Tutti i cittadini sono utenti di una società caotica in cui non c’è spazio per essere accanto, consolare, accompagnare con pazienza.

Chi nelle famiglie ha bisogno deve arrangiarsi perché nessuno vuole dedicarsi a compiti di assistenza che vengono etichettati come improduttivi e fonti di povertà lavorativa ed economica.

Il compito è sempre degli altri, ma gli altri non ci sono!

Forse occorre dedicarsi alla rivisitazione delle tradizioni per vivere meglio in amicizia; forse occorre costruire una pastorale di caseggiato e di quartiere, una pastorale sociale, che faccia in modo di far sentire i poveri in comunità, in relazione. Significa aiutare alla comprensione per non affogare in insulse chiacchiere e parole.

Se la povertà, anche morale ed etica, svuota tutti i sentimenti d’amore e mortifica la vita saltano anche il bene, la solidarietà e la speranza.

Una sottolineatura particolare voglio riservarla a quelle famiglie che sono sfidate oggi nel mondo del lavoro: La mancanza di lavoro è povertà, è umiliazione, privazione di dignità, è sofferenza per sé stessi e per tutta la famiglia.

Occorre agire con interventi sociali idonei e non con semplici pannicelli caldi.

Dovremmo riprenderci le motivazioni anche sociali che fanno del lavoro un elemento costruttivo della personalità e, sempre parlando di lavoro, dobbiamo cercare di evitare il lavoro umiliato o comunque disposto in condizioni non umane.

Nel lavoro il lavoratore non deve mai essere misconosciuto nella sua dignità! Il lavoro non deve mai risultare povero di relazioni, ma dialogico, collaborativo, carico di socialità, carità, e confronto. Se l’etica nel lavoro viene riaffermata, allora ci ritroveremo in pace, con impegni di solidarietà e speranza.

Il tempo è breve per parlare di tanti altri fenomeni, tutti dominanti… mi limiterò quindi a fare un cenno al fenomeno migratorio, che occupa un posto centrale nella vita e nel futuro del nostro vivere, e a delineare profili che ci aiutino a superare la fase emergenziale e a gettare le basi per una convivenza di pace, di cooperazione e di sviluppo, non solo in ambito sociale ed economico, ma anche politico, culturale in tutte le arti, professioni e specifici ruoli professionali.

Se supereremo le fasi emergenziali saremo anche capaci di guardare al fenomeno dell’immigrazione in una prospettiva educativa.

Non possiamo rimanere sordi al grido di libertà e di dignità che sale oggi dalla sponda sud del Mediterraneo; L’Europa sarà chiamata a non essere miope ma a mantenere altissimo il suo piano politico, le sue azioni strategiche di inclusione e di integrazione sociale, culturale ed economica.

E’ necessario che il Mediterraneo, nelle sue sponde collochi nuove frontiere di pace e di progresso fra i popoli. Queste azioni sono proprio necessarie, soprattutto in questo momento in cui il mondo Arabo, la Palestina e Israele presentano fremiti impensati ed insensati.

Da questo incontro possiamo far partire anche un grido di richiesta di armonia e di pace. Potremmo adoperarci per far nascere una nuova primavera nelle famiglie e ripartire da esse ri-sottolineando che queste famiglie sono istituto sociale indispensabile di bene e che il loro profilo deve essere sostenuto e corroborato, affinchè le testimonianze siano attuate con sincerità, fraternità, singolare e positivo ascolto.

Cerchiamo di aprire cantieri per la costruzione e la ricostruzione delle famiglie;

cerchiamo di coltivare nella speranza il ruolo di amorizzare il mondo.

Apriamo cantieri per il rafforzamento della famiglia, per l’ammodernamento di questo istituto, rinforziamolo nei suoi ruoli con azioni sananti, se non rinforziamo i pilastri non usciremo mai da tutte le pregresse propagande distruttive!

Su questo fronte l’armonia della cooperazione può renderci capaci di scrivere e leggere pagine luminose dalle quali trarre energia, gesti, iniziative e testimonianze

Riproporre la carità vicendevole è cosa buona e possibile.

“Chi ha di più doni, chi ha di meno prenda” diceva il Santo Moscati con intelligente e caritatevole solidarietà.

La famiglia custodisca il Creato, abbandonando meccanismi pervasivi e pervasi.

Prima di concludere devo fare un riferimento su un argomento che mi angustia che è quello della procreazione umana, che è transitata dalla riproduzione verso la produzione umana, una sorta di costruzione artificiale dell’umano che ha rimosso ormai del tutto i principi della sessualità unitiva dell’uomo e della donna, ormai non più conviventi e incapaci di affrontare missioni vocazionali di bene comune.

Dovremmo operare una frenata su questo versante, ormai evoluto per scelta… riordinare il frantumato sorgere della vita in nome del padre e della madre.

In nome del Padre si inauguri il prezioso esordio di vita e in nome della madre si inauguri il prezioso viaggio verso la nascita.

Per concludere vorrei dirvi di restare sempre molto attenti ai valori e agli aspetti positivi del nascere, vivere e morire, anche nelle situazioni più difficili e più complesse.

La grande sfida oggi è quella di riproporre la missionarietà evangelizzatrice della famiglia per farla rifiorire: le povertà si instaurano quando non siamo più capaci di gestire le difficoltà, gli ostacoli, i condizionamenti e non siamo più in grado di curare le ferite, le piaghe che incidono sulle famiglie e sul loro vissuto.

Solo la guarigione da queste povertà può far sprigionare tutte le opportune spinte di rinnovamento, che con energie pure consentono ripresa e rilancio di amore e di vita.

Amore e vita sono doni carismatici che vanno trasmessi sempre, senza mai demordere, se si vuol perseguire nelle difficoltà la vittoria per la vita.

Lo strumento principale di questa strategia è la costituzione di cooperative di dialogo che sono le uniche in grado di comporre

Armonicamente tutte le diversità, che oggi si fanno sempre più antitetiche e laceranti.

Il dialogo è l’unica vera alternativa alla guerra, sia a quella familiare sia a quella fra nazioni.

* Già presidente nazionale dei Medici cattolici (Amci)