In Palestina la resistenza passa da una fetta di anguria
DEBORAH PETRUZZO - Non esiste un collegamento ufficiale tra l'anguria e la Palestina come simbolo nazionale o culturale, eppure da anni si associa questo delizioso frutto alla nazione medio orientale.
Ma da dove arriva questa strana unione?
La connessione più immediata è cromatica. I colori della bandiera palestinese sono gli stessi dell’anguria: rosso, nero, bianco e verde.
Una particolare coincidenza che ha portato negli anni ad aggirare alcuni regolamenti di censura per omaggiare la Palestina: artisti di tutto il mondo hanno disegnato o fotografato angurie per mostrare il proprio sostegno alla Palestina per l'occupazione di Gaza e della Cisgiordania
Nel 1967 alzare una bandiera palestinese a Gaza e in Cisgiordania era considerato un crimine e chiunque tentasse di farlo rischiava l’arresto.
Per aggirare il divieto, gli attivisti palestinesi iniziarono a trasportare fette di anguria – rossa, nera, bianca e verde come i colori della bandiera – attraverso la regione in segno di protesta.
La storia, un po’ vera e un po’ costruita a fini propagandistici, è tornata a circolare sui social media dopo il genocidio su Gaza.
Questo simbolo ha origini molto antiche.
Secondo l'opinione comune sarebbe addirittura nato nel 1967: alcuni attivisti palestinesi avrebbero trasportato delle fette di anguria a Gaza e in Cisgiordania per aggirare il divieto di esporre la bandiera palestinese nella regione.
All'epoca era considerato un crimine penale, passibile d'arresto. Nel 1980 Mansour presenta una mostra d'arte con altri importanti colleghi come Nabil Anani e Issam Badrl alla 79 Gallery di Ramallah, sede dell'International Academy of Art Palestine; la polizia irrompe nella struttura, poche ore dopo l'apertura. Il motivo? "Ci hanno detto che era vietato dipingere la bandiera palestinese, erano vietati anche i colori".
Badrl prova a ipotizzare, trattando con i funzionari, la realizzazione di un quadro con un fiore rosso, verde, nero e bianco, ma l'ufficiale di polizia lo minaccia di confisca, aggiungendo testuali parole: "anche se disegni un'anguria la confischiamo".
L'idea in realtà piacque agli artisti; inoltre sarebbe stato paradossale perfino per il governo israeliano vietare la rappresentazione di un frutto esistente, così fino al 1993 l'anguria diventa protagonista dei dipinti e delle illustrazioni degli attivisti di tutto il mondo.
Le cose cambiano e grazie agli accordi di Oslo vi è il riconoscimento reciproco da parte di Israele e dell'Organizzazione per la Liberazione della Palestina con la conseguente revoca del divieto sulla bandiera palestinese.
È un periodo di grande fiducia perché per la prima volta, dopo decenni di guerre civili, ci sono accordi formali per cercare di risolvere il conflitto israelo-palestinese.
La bandiera fu quindi accettata come rappresentante dell'Autorità Palestinese, che avrebbe amministrato Gaza e la Cisgiordania.
Questo simbolo vive di cicli e, pur diventando virale molti anni fa, si è poi perso nuovamente durante i rari periodi di pace.
L’uso dell’anguria come simbolo è ritornato forte nel 2021, in seguito a una sentenza del tribunale israeliano secondo cui le famiglie palestinesi con sede nel quartiere di Sheikh Jarrah, a Gerusalemme, sarebbero state sfrattate dalle loro case per far posto ai coloni.
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