LIBRI. “Trump? Io lo conosco bene…”. Un libro di Paola Tommasi


di FRANCESCO GRECO - “Io lo conoscevo bene”. Parafrasando un film-cult anni ’60 (con la splendida Catherine Spaak), ecco la password polisemica per decodificare il fenomeno Donald Trump, il 45° presidente degli Usa eletto l’8 novembre 2016 e insediato il 20 gennaio 2017.

Ce la dà Paola Tommasi, leccese, economista di scuola bocconiana (nello staff del candidato dopo aver mandato il cv on line), che ha seguito sin da agosto il “rally” (la campagna elettorale) vincente con l’occhio attento della cronista 2-0, la columnist, la psicologa, la sociologa, l’antropologa, ecc. 

Una fatica di Sisifo. Da un angolo all’altro degli USA, ha inviato reportage, analisi, scansioni fuori dal coro, in cui ha svelato il background vero e profondo dell’anima americana, il sottosuolo sfuggente, magmatico, dostoevskjano: dal cuore lastricato di paillettes delle metropoli insonni alla polvere quieta delle periferie, dai cluster di Silicon Valley al melting-pot dei ghetti sudici dove la vita scorre noiosa e disperata come nei romanzi di Caldwell.

Insomma, l’America sorprendente cantata da Walt Withman e Mark Twain, quella di Jhon Fante e Faulkner, Dos Passos e Steinbeck, Jack Kerouac, Bukowski, Kent Aruf. La ragazza ha lavorato in antitesi alla vulgata dei media embedded, europei e americani, uniti nella lotta, che hanno confuso la militanza con l’obiettività, realtà e rappresentazione, mal digerendo Schopenhauer, il proprio ombelico con quello del mondo.

 Bypassati da Trump (“abile, furbo, veloce… diretto e onesto, uno che non usa trucchi e inganni… uomo vero, concreto… parla al cuore dell’America”, Flavio Briatore in prefazione) che ha usato i social per dire ciò che voleva fare direttamente al popolo: America first, lotta al terrorismo e ai clandestini che portano droga, assumi e compra americano, insomma, le infinite interfacce del Trump-pensiero che ha conquistato milioni di followers.

Paola Tommasi e il presidente Trump
Così ha “fregato tutti: sondaggisti, analisti, giornalisti, capi di stato e perfino il papa” dice Gian Marco Chiocci, direttore de “Il Tempo”, il giornale che ha ospitato le lettissime, politically scorrect corrispondenze. Anche le star del cinema e della musica, aggiungiamo noi, che minacciavano di prendere l’aereo e andare a vivere nei paradisi fiscali. Prepensionamenti, no? Almeno un’ape… 

“Attaccateve al Trump”, allegato de “Il Tempo”, Roma 2017, pp. 144, euro 3,80, è l’ istant-book che ripropone i passaggi dell’avventura trumpiana, il viaggio on the road, gli umori della “rivoluzione americana”, i retroscena con i toni dell’epos che sono nel dna degli Usa e che, sedimentati, privati della modulazione del momento - ma proprio in funzione di questa - vivono motu proprio assumendo una forza dialettica quasi profetica, brillano di una luce alimentata da un filo rosso che li attraversa: l’onestà intellettuale di Paola, il credere che il giornalismo è altro da sé, uno sguardo impersonale, come i grandi maestri (da Montanelli a Ettore Mo e Igor Man, per citarne solo alcuni) hanno insegnato, non nelle scuole ma sulla strada, come i grandi filosofi peripatetici.

Non perché la Tommasi ci tenga, ma perché il giornalismo schierato sul pregiudizio quasi da razza pura, da stato etico, autoreferenziale, super-io bello turgido, confonde le acque, vende suggestioni, favole belle ma devianti, anche se confezionate con stile e mezzi, ed è anche anti-pedagogico. Partendo dalla provincia meridionale, Paola ha dato al mondo e ai media una lezione di giornalismo con la “g” maiuscola, depurando i suoi scritti da ogni parzialità, dalla visione errata che dà il partito preso, per scorrere rapida sul mainstream di una lettura essenziale, oggettiva, di un uomo, e un momento storico, trasfigurati in uno snodo epocale.

Trump è letto come “populista”, ma questa parola ormai ha un etimo semanticamente affollato, anche alla luce di quanto sta avvenendo in questi giorni: la freddezza con l’Europa, il mood con Putin per contrastare il terrore, i dazi alle merci europee, i contestati provvedimenti anti-terrorismo, ecc. Una lezione di cui, c’è da giurare, all’italiana, nessuno terrà conto: senza i nostri vizi ci sentiremmo nudi come vermi.

Piccola curiosità: Hillary Clinton e Trump su una cosa erano d‘accordo: la lotta alle “intrusioni degli hacker”. Un libro da procurarsi alla svelta se, dal particulare all’universale, si vuol capire il tempo che incombe su di noi attraverso la densa parabola dell’uomo più potente del mondo.

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