Natale e dialetto uniti dalla poesia

di VITTORIO POLITO - Natale, notte d’amore e di speranza, una delle ricorrenze più importanti dell’anno, riporta alla nostra mente il gran numero di persone che vivono in povertà e solitudine. Per loro non esistono feste, tradizioni, scambio di doni, luci, ma solo miseria. Eppure c’è qualcuno che si accontenta del lumicino della candela per accendere tutte le luci del Natale.

Una decina di anni fa, per la prima volta mi capitò di ascoltare, durante la Santa Messa di Natale, la declamazione del celebrante, di una poesia, non in italiano o latino, ma in dialetto barese. Ulteriore testimonianza che il dialetto, la lingua dei nostri padri, si rivela utile anche per trasmettere messaggi d’amore e di speranza.

Anna Maria Tripputi, nella presentazione del libro “Natale a Bari”, di Celeste e Vito Maurogiovanni (Paolo Malagrinò Editore), scriveva che, secondo Mario Sansone (1900-1966), docente di letteratura, “Il dialetto è la lingua che i Romani avrebbero parlato se fossero sopravvissuti fino ad oggi. E non è un caso che alcuni dialetti, come il sardo, siano annoverati tra le lingue nazionali. Come non è un caso che nei momenti cruciali della vita, nel dolore, nella rabbia o nella paura affiorino improvvisamente nell’ancestrale memoria le parole del dialetto lingua-madre”.

È appunto il caso della poesia di autore sconosciuto, recitata dal celebrante nella Santa Messa di Natale, che voleva essere un messaggio di augurio della Commissione Cultura e Comunicazione del Santuario di Sant’Antonio di Bari, per confermare che basta un po’ d’amore e il lume di una candela per accendere tutte le luci di Natale!


NATALE

Jind’a chessa vescigghie
chiène de lusce inudele, capetone
augurie e tanda iose
ji me ne sò sciute
jind’a na chièssie, sò state citte citte
sò acchiedute l’ecchie e sò sendute
la vosce du Natale:
«Uaggnune – me dèceve – addò sciate?
non avìte angore accapesciute c’avaste
nu picche d’amore, picche quand’a la lusce
de na cannèle, p’appeccià tutte le
lusce de stasère?»

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I versi sono stati rivisti dallo scrivente, per dare una forma più conveniente sotto il profilo della scrittura del dialetto.

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