Poggiardo, successo per conferenza "La prova scientifica nel processo penale"
di Serena Costa
Un viaggio nel tempo, attraverso i casi più raccapriccianti e complessi della criminologia italiana. Dall’eccidio della famiglia Carretta, al serial killer Donato Bilancia, all’omicidio del piccolo Samuele per cui è stata condannata la madre, Annamaria Franzoni, fino ad arrivare al giallo di Perugia. Una discesa negli inferi dell’animo umano, traghettati dal racconto di chi ha indagato su quei casi “maledetti”. Parliamo di Luciano Garofano, comandante in congedo dei carabinieri del Ris di Parma, il famigerato reparto dei carabinieri, fiore all’occhiello delle investigazioni scientifiche italiane.
La sede è stata la conferenza tenutasi a Poggiardo su “La prova scientifica nel processo penale”, cui sono intervenuti anche il consigliere regionale Idv, Aurelio Gianfreda, l’avvocato penalista leccese, Luigi Corvaglia e il sindaco di Poggiardo, Silvio Astore.
La rivoluzione innescata dall’introduzione del dna ha portato a risolvere moltissimi casi, da ultimo quello di Elisa Claps, rimasto “congelato” per 17 lunghi anni, eppure, sottolinea il generale, sembra che lo Stato non se ne sia accorto: «La banca dati del dna, istituita con una legge del 2009, non è stata ancora creata, perché mancano i decreti attuativi». Ed è un peccato, poiché solo in questo modo si potrebbe risalire all’identità di moltissime persone scomparse.
Ma le critiche al sistema investigativo italiano non si fermano qui: «Le perizie condotte da tecnici nominati dalle parti sono spesso approssimative, perché manca una formazione solida. Non è la scienza a sbagliare, sono i periti a ingannarci. Negli Stati Uniti e in Gran Bretagna queste cose non succedono, perché è lo Stato a formare i consulenti tecnici, che devono conseguire titoli ben precisi, prima di poter effettuare le indagini scientifiche nei processi», si sfoga il generale.
E poi, l’affondo finale, diretto proprio contro il suo amatissimo Ris, che ha diretto e rappresentato per 15 anni e di cui continua ad avere profonda nostalgia: «Mi sono dimesso perché provavo serio imbarazzo nel dover portare avanti un’immagine di efficienza che non corrispondeva alle reali condizioni del Ris. La verità è che sono mancati i fondi per accrescere il nostro reparto e di questo ha colpa la politica, che non ha voluto investire nelle sue forze dell’ordine».
La sala conferenze del Palazzo della Cultura di Poggiardo è rimasta piena per tutto il tempo della relazione (quasi tre ore) e questo la dice lunga sulla stima e l’interesse che suscitano l’esperienza e l’acume investigativo di Garofano. «Maigret esiste!», dirà a un certo punto: a significare che senza l’intuito dell’uomo, la prova scientifica più schiacciante può perdere tutto il suo valore.
Un viaggio nel tempo, attraverso i casi più raccapriccianti e complessi della criminologia italiana. Dall’eccidio della famiglia Carretta, al serial killer Donato Bilancia, all’omicidio del piccolo Samuele per cui è stata condannata la madre, Annamaria Franzoni, fino ad arrivare al giallo di Perugia. Una discesa negli inferi dell’animo umano, traghettati dal racconto di chi ha indagato su quei casi “maledetti”. Parliamo di Luciano Garofano, comandante in congedo dei carabinieri del Ris di Parma, il famigerato reparto dei carabinieri, fiore all’occhiello delle investigazioni scientifiche italiane.
La sede è stata la conferenza tenutasi a Poggiardo su “La prova scientifica nel processo penale”, cui sono intervenuti anche il consigliere regionale Idv, Aurelio Gianfreda, l’avvocato penalista leccese, Luigi Corvaglia e il sindaco di Poggiardo, Silvio Astore.
La rivoluzione innescata dall’introduzione del dna ha portato a risolvere moltissimi casi, da ultimo quello di Elisa Claps, rimasto “congelato” per 17 lunghi anni, eppure, sottolinea il generale, sembra che lo Stato non se ne sia accorto: «La banca dati del dna, istituita con una legge del 2009, non è stata ancora creata, perché mancano i decreti attuativi». Ed è un peccato, poiché solo in questo modo si potrebbe risalire all’identità di moltissime persone scomparse.
Ma le critiche al sistema investigativo italiano non si fermano qui: «Le perizie condotte da tecnici nominati dalle parti sono spesso approssimative, perché manca una formazione solida. Non è la scienza a sbagliare, sono i periti a ingannarci. Negli Stati Uniti e in Gran Bretagna queste cose non succedono, perché è lo Stato a formare i consulenti tecnici, che devono conseguire titoli ben precisi, prima di poter effettuare le indagini scientifiche nei processi», si sfoga il generale.
E poi, l’affondo finale, diretto proprio contro il suo amatissimo Ris, che ha diretto e rappresentato per 15 anni e di cui continua ad avere profonda nostalgia: «Mi sono dimesso perché provavo serio imbarazzo nel dover portare avanti un’immagine di efficienza che non corrispondeva alle reali condizioni del Ris. La verità è che sono mancati i fondi per accrescere il nostro reparto e di questo ha colpa la politica, che non ha voluto investire nelle sue forze dell’ordine».
La sala conferenze del Palazzo della Cultura di Poggiardo è rimasta piena per tutto il tempo della relazione (quasi tre ore) e questo la dice lunga sulla stima e l’interesse che suscitano l’esperienza e l’acume investigativo di Garofano. «Maigret esiste!», dirà a un certo punto: a significare che senza l’intuito dell’uomo, la prova scientifica più schiacciante può perdere tutto il suo valore.