Incendio Castellaneta, gli indagati sono due
CASTELLANETA (TARANTO). Colpo di scena nel caso dell'incendio della palazzina di Castellaneta che provocò due vittime. Sono ben due infatti gli indagati accusati di aver appiccato le fiamme nell'appartamento di Castellaneta in cui morirono ad agosto padre e figlia. Oltre al nome del quindicenne, indagato da circa un mese, nel registro degli indagati della procura di Taranto e' stato iscritto anche quello di un ventiseienne: i due giovani - secondo un testimone - pochi giorni prima del rogo litigarono con Giuseppe Di Turo, di 71 anni, che mori' nell'incendio assieme alla figlia Francesca, di 5. La moglie e un altro figlio dell'uomo riuscirono a fuggire dall'appartamento in fiamme.
Nel rogo, avvenuto in una palazzina delle case popolari di via Aldo Moro si salvarono la moglie di Di Turo, Lucia Di Napoli, 37 anni, rimasta seriamente ustionata, e un altro figlio della coppia, Daniele, di 10 anni, praticamente indenne. Un'altra figlia di 7 anni non era presente perche' quella notte era ospite di parenti. "Nelle ultime ore - si legge ancora sulla Gazzetta - nella caserma dei carabinieri di Castellaneta sono state sentite diverse persone, allo scopo di definire una vicenda che sembra maturata per contrasti di natura personale, in un ambiente socialmente degradato. I carabinieri hanno ascoltato anche un 26enne, assistito dall'avvocato Giuseppe Clemente, che pero' ha respinto tutti gli addebiti, spiegando di non sapere nulla di quanto avvenuto quella drammatica notte''.
Nel rogo, avvenuto in una palazzina delle case popolari di via Aldo Moro si salvarono la moglie di Di Turo, Lucia Di Napoli, 37 anni, rimasta seriamente ustionata, e un altro figlio della coppia, Daniele, di 10 anni, praticamente indenne. Un'altra figlia di 7 anni non era presente perche' quella notte era ospite di parenti. "Nelle ultime ore - si legge ancora sulla Gazzetta - nella caserma dei carabinieri di Castellaneta sono state sentite diverse persone, allo scopo di definire una vicenda che sembra maturata per contrasti di natura personale, in un ambiente socialmente degradato. I carabinieri hanno ascoltato anche un 26enne, assistito dall'avvocato Giuseppe Clemente, che pero' ha respinto tutti gli addebiti, spiegando di non sapere nulla di quanto avvenuto quella drammatica notte''.
