Cape o crosce: come giocavano i nostri padri?

di Vittorio Polito. Secondo il pedagogista Susan Isaacs, «L’attività del gioco è il lavoro del bambino, è grazie ad esso che egli cresce e si sviluppa. Tale attività può essere considerata un segno di normalità, la sua assenza, invece, come un segno di qualche difetto innato o di malattia mentale».
È opinione comune che giocare sia l’esatto contrario di essere seri. Se questo può essere vero per gli adulti - tanto che a quelle persone che scherzano e giocano continuamente si dice: «tiìne sèmbe la cape a la scioggue, uè mètte la cap’à pposte?» (pensi sempre al gioco, vuoi mettere la testa a posto?) - non vale per i bambini per i quali, secondo il filosofo Michel de Montaigne, «il gioco è una delle azioni più serie».
L’attività dedicata ai giochi all’aperto è un modo realistico per far spegnere, per qualche ora, computer e playstation per consentire, sia pur momentaneamente, l’aggregazione tra genitori, nonni, bambini e ragazzi. Anche l’adulto, che è in grado di fare scelte consapevoli e giuste, può giocare ed entrare nel mondo della fantasia, perché concatena fra loro, attraverso l’immaginazione, la propria capacità di vivere l’attualità e la realtà. Un adulto che ha tali potenzialità è, come afferma il filosofo Friedrich Schiller, «Un uomo che attraverso il gioco, si ritrova e si conosce».
Felice Alloggio, attore, autore e regista di commedie in dialetto barese e in lingua, forse partendo da questi presupposti si è cimentato a riportare nel suo libro “Cape o crosce?” (Levante Editori – pagg. 172, € 15), le schede di 70 giochi, simpaticamente illustrati da Fausto Bianchi.
Bene ha fatto Alloggio a scriverlo anche in dialetto, con una opportuna sintesi in lingua italiana, perché in questo modo ha compiuto una doppia operazione, salvando i giochi di un tempo e contribuendo alla salvaguardia del nostro vernacolo, difendendolo da chi pensa che esistano differenze tra Lingua e Dialetto.
Come si divertivano i ragazzi di duemila anni fa? Come giocavano i bambini di ieri? I bambini, greci e romani, conoscevano la palla, giocavano a moscacieca o con le monete? E quale atteggiamento assumevano gli adulti, di allora nei confronti dell’attività ludica? Qualche risposta a questi interrogativi la fornisce l’autore, dimostrando come nella “espressione gioco”, accanto all’elemento ricreativo, culturale e pedagogico, si affianca un profondo valore storico e antropologico.
Chi non ricorda il gioco di Palla pallina, la filastrocca di Madame Dorè o quella di Regina reginella con suoi passi di formica e di leone? Chi non ricorda il lancio in aria della monetina accompagnato dalla frase: «Testa o croce?», rituale ancora in uso oggi e derivante dall’antica Roma, dove i giocatori invece di dire, Testa o Croce, pronunciavano la frase latina: “Navia ant capita = Testa o croce”.
Molti dei giochi riportati sono giunti a noi nel tempo, giochi che si effettuavano addirittura nell’antichità come ci informano gli scrittori e pedagoghi Maria Antonietta Filipponio e Marco Fittà, che a quel periodo li fanno risalire. Giochi attraverso i quali «…vengono cancellati sia millenni, che i confini e le distanze, le lingue e le differenze etniche, i contesti storici di popolazioni vissute agli albori della storia, ma che sembrano coetanee dei nostri figli».
Il testo di Felice Alloggio, pertanto, non solo suscita positive emozioni, ma consente a chiunque di praticare i giochi ricordati, soprattutto ai bambini, sia per il modo divertente e particolareggiato in cui questi vengono presentati e raccontati ed anche perché a costo zero. Inoltre, la pubblicazione, potrebbe anche risultare utile a quanti volessero adottarlo come manuale di giochi nelle scuole o nelle associazioni che promuovono attività ludiche.
Daniele Giancane, docente di Storia della Letteratura per l’Infanzia nell’Università di Bari, scrive nella prefazione: «Si può progredire nell’evoluzione storica soltanto se conosciamo appieno il nostro passato, e purtroppo viviamo in un mondo smemorato, che vive in un perenne presente obliando il passato e non programmando il futuro».
Va infine sottolineato che la pubblicazione, ricca di un fantastico corredo illustrativo, frutto della matita di Fausto Bianchi, che ha saputo molto bene coniugare tradizione e modernità.