Gli anziani? Una risorsa anche nella poesia

di Roberta Calò. Giovedì 10 novembre 2011 presso l’Hotel Excelsior di Bari si è svolta la cerimonia di premiazione dei partecipanti al concorso di poesie in vernacoli pugliesi, organizzata dall’Unione Italiana Lavoratori Pensionati, in collaborazione con l’A.D.A. (Associazione di volontariato per i diritti degli anziani).

Sono ormai sei anni che la UIL organizza l’evento dedicato alla poesia nei vari dialetti della Puglia e l’iniziativa, oltre a conservare tutta la sua freschezza, vede ogni anno in crescita la partecipazione ed il consenso dei pensionati.

Per l’occasione è stata presentata la VI edizione 2010-2011 dell’Antologia “Il mio cuore, la mia terra, la mia vita”, che raccoglie tutte le poesie presentate nei vari dialetti con relativa traduzione a fronte e che ogni anno aumentano sempre di più.

Numerosi gli autori meritevoli di essere premiati e ricordati, ma come sempre vi sono perle che vanno esaltate per la grande forza poetica. Il primo premio è stato assegnato a Sante Valentino di Canosa di Puglia per la poesia “La Cumete” (L’Aquilone), mentre hanno meritato una speciale menzione: Dora Bruno, Michele Cafagna, Nicolina Capraro, Onofrio Caputo, Sabino Cardone, Emanuele Castrignanò, Concetta Conte, Vita Corallo, Francesco Cordella, Vito Antonio Corsini (Le uagnune de josce), Chiara D’Agostino, Maria Pia Devanna, Domenico di Gregorio, Norma Fumarola, Pasquale Frulli, Carmela Fasciano, Agostino Galati, Tomaso Giannelli, Anna Giannini, Giuseppe Gioia (Risveglio), Carlo Vincenzo Greco, Giovanni Lorusso, Michele Lucatuorto (Le carèzze de nù peccenìnne), Fedele Massante, Vito Mercadante, Leonardo Nicoletti, Giovanni Palmarini, Vito Petruzzellis, Albina Piazzolla, Aldo Elio Potente, Michele Pulpito, Leonarda Quaratino, Paolo Titton, Rosalia Sabino, Michele Vinci, Maria Zonno, Carmelo Zurlo.

Anche il nostro collaboratore Vittorio Polito, si è aggiudicata la coppa con la menzione speciale per la poesia “Al’alda vànne du ciùcce” (all’altra parte dell’asino), che riportiamo in calce.

Rocco Matarozzo, segretario generale Uil Pensionati di Bari e di Puglia, che firma l’introduzione, è del parere, condiviso, che «Uno dei principali obiettivi, quando di superano i sessant’anni, è quello di invecchiare bene. Ovviamente, il primo… ingrediente è la salute, senza la quale nulla è possibile o quasi. Ma paradossalmente la salute da sola non basta: bisogna trovare anche qualcosa che dia un senso alle giornate, soprattutto quando si arriva alla pensione; e cioè bisogna “reinventarsi” lo stile di vita». Ed i numerosi pensionati che hanno partecipato al concorso ne sono la prova schiacciante di quanto sostiene Matarozzo.

Il segretario generale della UIL pensionati, Romano Bellissima, scrive nella prefazione che «Utilizzare il dialetto è poi un valore aggiunto, perché da sempre testimonianza di tradizioni di un passato che vale la pena raccontare e confrontare con il presente. È significativo che il dialetto, i dialetti, siano riscoperti anche dai giovani artisti, registi, commediografi e soprattutto cantanti. E sono utilizzati non in chiave localistica, di chiusura all’interno delle proprie tradizioni, ma di apertura verso gli altri, in una dimensione italiana e globale».

Quanto sopra sta a dimostrare ancora una volta, che gli anziani rappresentano una risorsa e non un peso, anche se molti tendono a dimenticare l’importanza delle loro esperienze.


A L’ALDA VÀNNE DU CIÙCCE

di Vittorio Polito

Non zò passàte cind’anne, ca temerùse,

la fèmmene e le figghie pecciùse,

jìnd’alle casere stèvene achiùse

a servì u marìte, ca, pagghiùse,

le chemmannàve a bacchètte

mèndre jìdde, vestùte a lecchètte,

maffiùse, e che la bombètte,

scève a scequà a zeghenètte

ogne sère jìnd’a la candìne

addò acchiàve magàgne e casìne

e addò tanne tanne, u scacchiatjìdde,

come a nùdde, assève u chertjìdde!

Che la carròzze se scèv’attùrne

tanne ière assà devèrse u munne

la fèmmene, jìnd’a la famìgghie,

avèva pelzà la case e fa le figghie!

Non ère bèlle u munne d’ajìre

e mèndre m’auuàndene sti penzjire,

me vène ngàpe u munne de jòsce

addò se cambe velòsce velòsce

addò tenìme la televisiòne

addò sa scherdàte la ducazziòne

addò la mamme allasse le figghie

addò seccedene le pestrìgghie

addò la fèmmene s’ave descetàte

addò la fèmmene s’ave mangepàte

e va aggerànne strata stràte

che le cosce dafòre e tutte pettàte!

Cusse munne me pare reveldàte

la fèmmene u trone s’à frecàte

e dritte dritte, tòtte fettucce,

iàve zembàte... (a passàte) all’alda vànne du ciùcce!

11.03.2011

ALL’ALTRA PARTE DELL’ASINO

di Vittorio Polito

Non son passati cent’anni, che timorosi,

la donna e i figli capricciosi,

nelle case vivevano relegati

a servire il marito, che, borioso,

li comandava con gran rigore

mentre lui, vestito elegante,

mafioso, e con la bombetta,

andava a giocare a zecchinetta

ogni sera nella cantina

dove trovava vizi e casino

e dove d’improvviso, il lazzarone

con facilità tirava fuori il coltello!

Con la carrozza si gironzolava

allora il mondo si differenziava

la donna, nella famiglia,

doveva pulire la casa e fare i figli!

Non era bello il mondo di ieri

e mentre mi catturano questi pensieri

mi viene in testa il mondo di oggi

dove si vive frettolosamente

dove teniamo la televisione

dove è dimenticata l’educazione

dove la mamma abbandona i figli

dove succedono gli imbrogli

dove la donna si è svegliata

dove la donna si è emancipata

e va girando per le strade

con le cosce scoperte e tutta truccata!

Questo mondo mi pare capovolto

la donna il trono ha conquistato

e dritta dritta, tutta azzimata,

ha saltato... all’altra parte dell’asino!