Ecco le “Mani bucate” dello Stato-bancomat

di Francesco Greco. E poi ci sono i cinematografari: da Oronzo Canà alla “Moglie bellissima” di Pieraccioni: tutti film di “interesse culturale” e tutti attaccati alle mammelle high-size dello Stato-bancomat, che paga cash, spesso a fondo perduto, senza chiede se s’è creata una ‘nticchia, direbbe Totò (“E io pago!”), di sviluppo, indotto, lavoro. Fellini e Pasolini si rigirano nelle tombe. Commissioni, sottocommissioni, burocrazia, discrezionalità. Anche così hanno disarticolato la figura classica del produttore. Pensate: hanno finanziato con 177.500 € un film metafisico, mai scritto e girato: “Samir”. Ciak, (non) si gira!
E l’ingenuo che da una vita si chiede chi e come ha provocato il secondo debito pubblico del pianeta finalmente potrà darsi una risposta. I pensionati costretti a stringere la cinghia, le famiglie monoreddito dissanguate dall’Imu e il mutuo-casa, i precari a vita, i ricercatori da 1000 € al mese senza contributi previdenziali e assistenziali, i disoccupati fuori mercato, i cassintegrati di Termini Imerese e Melfi.
Analista serio, rigoroso, raffinato Marco Cobianchi s’è preso la rogna, eroicamente per tutti noi (da standing-ovation), di frugare tra quintali di gazzette ufficiali, indigene ed europee, rapporti di spesa, carte di pubblico dominio. E’ il backstage di “Mani bucate” (A chi finiscono i soldi dei contribuenti-L’orgia degli aiuti pubblici alle imprese private), Chiarelettere, Milano 2011, pp. 306, € 15.90, progetto grafico David Pearson. Un saggio colmo di passione civile e di etos, di sdegno trattenuto e furore sottinteso. Che lasciano il segno in un Belpaese attonito, costretto ad assistere alla pantomina indecente della Casta arroccata nel Palazzo d’Inverno, intenta a mungere infiniti benefit e che apparecchia la tavola e poi apre l’uscio a falangi di cavallette affamate e assetate che s’attaccano al petto poderoso della tabaccaia felliniana.
Poi presentano il conto alla base della piramide sociale, in modo interclassista, che così deve ripianare debiti fatti da altri a borderò, mentre i comuni mortali non possono accedere a un esiguo prestito senza mostrare la dentiera della nonna. Così si suicidano: le banche saziate dalla Bce ordinano il “rientro”, o Equitalia firma istanze di fallimento a imprese e famiglie: omicidio colposo? Una manovra via l’altra, lacrime e sangue, sangue e lacrime ininterrotti: per stare, dicono, nei parametri Ue, dentro a patti di stabilità messi giù da un’oscura Spectre, agenzie di rating, P2, 3, 4, 5, Grandi Vecchi, ecc.
Alla mangiatoia (Cobianchi la chiama “orgia”), s’appropinquano grandi industrie pubbliche e private (Fiat, Pirelli, Ferrari, Magneti-Marelli, Teksid, Saras, ecc.). Solo nel periodo 2003-2008 le imprese beneficiate sono state oltre 840mila. Le leggi per mungere ben 1307 (“In corruptissima Republica, plurima leges”, Tacito). La puzza di bruciato è arrivata a Bruxelles: nell’ultimo decennio la Commissione Europea ha aperto 38.070 fascicoli per altrettanti finanziamenti sospetti. Non caveranno sangue dalle rape: i ilevantini danno una normativa alla loro ambiguità. “Ville, auto, conti correnti”: quando un’azienda fallisce i vertici indagati (truffa ai danni dello Stato) non se la passano male, è il territorio che declina, anzi, occorre pagare pure la cassa integrazione per i loro disastri.
E’ bello sapere, orrore!, che “perfino la mafia è sussidiata dallo Stato”. “La crisi si aggrava: ora vogliamo soldi veri”, tuona a gazzette unificate il 13 marzo 2009 la leader di Confindustria Emma Marcegaglia. Dalle Alpi ai Nebrodi un solo grido: “Metti i tuoi!”. Cobianchi smaschera il luogo comune che ha fatto la fortuna dei leghisti celoduristi, Roma ladrona e pallottole in canna: che sia il Sud a intercettare questo fiume di denaro: che invece torna al Nord, le cui imprese, da assalto alla diligenza, lasciano cattedrali nel deserto. Secondo Banca d’Italia e Corte dei Conti il Pil del Mezzogiorno in questi anni è cresciuto solo dello 0,25%. E’ il “sacco” del Sud. Il master sono i finaziamenti a pioggia, diretti e indiretti, alla comunicazione: dai grandi gruppi editoriali alle riviste a target, radio e tv “libere” incluse. Girano cifre discordanti tra politici, Antitrust, Fieg, Fondazione Rosselli: lo Stato ignora quanto spende. In Italia esce un unico, grande giornale, con edizioni regionali: pagano i cittadini, lavatura e stiratura, direbbe ancora il divin Totò, senza discriminazioni politiche, c’è pappa per tutti e tutti embedded: dal “Manifesto” al “Secolo”. Ci sono giornali virtuali che manco arrivano in edicola: alzi la mano chi ha mai chiesto “La Verità”, eppure nel 2008 gli hanno versato sull’unghia 1.727.516.84 €. Beati i suoi redattori: andranno in Limousine. Nello stesso anno “Avvenire”, quotidiano Cei escluso dalla “mazzetta” di Celentano, ha avuto 6mln di € e rotti, molto rotti. Ci sono casi su cui la Magistratura indaga: sarebbe stata aggirata la legge, che vieta a un editore di incassare contributi per 2 testate: gli Angelucci l’avrebbero fatto per “Libero” e “Il Riformista”, il tutto futuro e libertà Italo Bocchino per il “Roma” e “L’Umanità”, Giuseppe Ciarrapico è stato rinviato a giudizio per aver portato a casa, con 2 società, ben 45 mln di €. Della serie “Grasso che cola”. “I giornali dovrebbero darli gratis” scrivono sul blog di Grillo: già, all’italiana, si pagano due volte.
Dopo aver letto questo saggio inquietante (correte a comprarlo), che fa venire i capelli bianchi, e aver saputo che col pieno finanziate i frizzi di Boldi e i lazzi di Banfi, pagate lauti stipendi ai 3 direttori 3 di “liberal” (60 copie, 2,7 mln e rotti nel 2008), gli editoriali malmostosi di Clemente Mastella sul “Campanile Nuovo” (i suoi “giornalisti” lavorano per la gloria) e i corsivi boriosi di Walter Lavitola sull’”Avanti!” (con o senza punto esclamativo? Pertini si rigira nel modesto mausoleo), nonché versato un obolo a Milito e Marchionne, difenderete con le unghie e i denti il vostro sudato, ultimo €.