Bif&st: "Freakbeat", un viaggio surreale nella beat generation

di Roberta Calò. "Papà ma tu te la ricordi la beat generation?". Ecco come inizia la giornata di un figlio dopo essersi recato la sera precedente al cinema Galleria per assistere alla proiezione di "Freakbeat". Si tratta di uno dei tanti capolavori inseriti nella cornice dall'ampio respiro culturale del Bif&st, che sta colmando la città di Bari di numerosi eventi dal 24 al 31 Marzo. Nel caso specifico partendo da un argomento ben preciso, si punta a dimostrare entro una più vasta visione come ogni generazione vuole distinguersi dalla precedente, come la gioventù si carica di ribellione e di spinta al cambiamento, come ogni epoca ha le sue lotte generazionali che contribuiscono da un lato a scrivere la vita dell'uomo puntellata dalla vichiana lettura di corsi e ricorsi stoirici, e dall'altro ad alimentare la natura evoluzionistica dell'uomo. Il documentario fuori concorso di Luca Pastore ha saputo catalizzare l'attenzione degli spettatori grazie alle spettacolari performance di Roberto Freak Anotoni, Maurizio Valdelli, Sofia Fesani. Così come presentato dagli esperti "Un road movie emiliani alla ricerca del Sacro Graal del Grande Beat: il nastro perduto di una mitica session fra l'Equipe 84 e Jimi Hendrix. Impossibile? Forse si, forse no...". Ecco dunque il leitmotiv di un padre in delirio che non si rassegna dinanzi ai parcheggi, agli ipermercati, alle autostrade che hanno cancellato un'epoca, la sua epoca lasciando cadere nel dimenticatoio uno dei pilastri della sua gioventù. Con l'intento didattico e paterno di un genitore che vuole lasciare un'eredità morale, spirituale, musicale alla propria prole, a bordo del suo camioncino volkswagen hippie intraprende un viaggio alla ricerca di quello che più d'ogni altra cosa potrebbe far comprendere ad una adolescente inconsapevole della nostra epoca, cosa è stata e cosa ha rappresentato la beat generation. Il padre percorre le strade a lui care lasciando che dinanzi all'obiettivo ora attento ora distratto della telecamera figlia siano i luoghi, i ricordi, le note, i muri, le lampade, i vestiti a parlare. I suoi interventi spesso troppo enigmatici per una giovane impregnata di terzo millennio, giungono al pubblico come uno stimolo per scoprire o riscoprire un pezzo della nostra storia. Non mancano filmati dell'epoca che si alternano tra i sostenitori e i fautori della beat generation e quella parte di contemporanei che invece si rifiutava di comprendere l'intrinseco significato dei capelli lunghi, dell'amore libero, delle camicie colorate, delle chitarre suonate così, sull'onda delle emozioni. Settantanove minuti di un filmato che forse non riesce ad essere esplicativo fino all'osso ma che di sicuro fornisce i giusti input per spingere, soprattutto i giovani e i non conoscitori, alla riflessione, alla critica, alla ricerca su quella che come lo stesso protagonista spiega è stata un'epoca che si pensava vivesse per sempre ma che invece è durata una sola stagione.