Rai: ciechi e tifosi? Ecchissenfrega!

di Francesco Greco. I ciechi? Ecchissenefrega! I tifosi di calcio vogliono un posto in prima fila? Ma vadano a quel paese… Basta che paghino il canone. La Rai per il sociale: di tutto, di più. Con il blitz di un anno fa, aprile 2011, un malloppo di 41 facciate fitte fitte in cui c’è tutto e l’esatto contrario, soprattutto dichiarazioni di principio tonitruanti, direbbe Montanelli, denominato “Contratto di servizio 2010-2012”, Viale Mazzini ha di fatto “spento” il ripetitore di Squinzano, grosso centro a nord di Lecce, oscurando in tal modo le onde medie (AM, dove “esce” Radio1) in due province: Lecce e Brindisi, oltre un milione di persone. Risultato: si può ascoltare Radio Pechino, Radio Varsavia, Radio Mosca, Radio Bucarest, Radio Tirana, Radio Skopje, Radio Cairo, Radio Corfù, ecc., ma non Radio1, almeno non nella terra delle formiche e le tarante, del negramaro, il barocco, Tito Schipa, Carmelo Bene, Emma, ecc. Ecco uno di quei casi in cui, come ripete da una vita il blogger Beppe Grillo, “ogni porcata è fatta a rigor di legge”. Così, in un sol colpo, ha scontentato i non vedenti, che la sera, fino a due anni fa, ascoltavano l’audiodescrizione delle fiction più popolari, la spiegazione delle scene, le battute dei personaggi, e i tifosi a cui è negata una trasmissione-cult come “Tutto il calcio minuto per minuto” (e le varianti: Champions, Europa League, Coppa Italia).

La digitalizzazione è anche questo, un diritto di carta, virtuale, una metafora inquietante: “Non posso più esercitare in diritto per cui da anni pago regolarmente il canone”, afferma l’avvocato leccese Francesca Martella, sposata, due figli, vive a Surbo, che ha esercitato a Milano per dieci anni, da poco è tornata in Puglia e che ha cercato di approfondire la materia intrattenendo un faticoso pour-parler con numeri verdi e funzionari del servizio pubblico, districandosi in un labirinto di “forse”, “vediamo”, “richiami più in là”, “non compete a noi ma…” molto italian style.

Pittoresco, direbbe Karl Kraus: nel Paese culla del diritto, dal Codice Giustiniano al lodo-Alfano ai giudici “terroristi”. “Sono un’appassionata della radio sin da quando ero bambina, ne ho una in ogni stanza, seguo in special modo i programmi di Radio1, Ruggero Po e anche la Falcetti, che ora hanno chiuso, cioè, li seguivo…”, afferma rattristata. Prima osservazione: perchè non spostarsi sulle FM? “E’ quello che ci ha detto la Rai: solo che una selva di radio libere soffoca anche quella frequenza e non è possibile ascoltarla…”.

Tradotto dal burocratese, idioma un sacco gettonato a Viale Mazzini: il “ponte” di Squinzano, che riversa il segnale in quasi tutto il Salento, è stato disattivato applicando il contratto di servizio in deroga, articolo 17, comma 5 (del suddetto “Contratto”). Donna paziente quanto tenace, due anni fa l’avvocato Martella ha scritto una e-mail a Emanuela Falcetti, che conduceva su Radio1 “Italia, istruzioni per l’uso”, un programma a difesa di cittadini e consumatori. Imperfetto perchè vox populi vuole che, come fu per Enzo Biagi, Santoro e altri giornalisti e satirici, l’”utilizzatore finale” ha chiesto, e ottenuto, anche la sua testa. Ha risposto? “No, e dire che mi sono presentata come cittadina, non professionista…”. Meglio così: la sanguigna Falcetti non è stata certo educata a Oxford, non è una che le manda a dire e dopo il “rogo” chissà che avrebbe detto… Francesca Martella gira allora (è l’agosto 2010) la stessa e-mail a Radioway, struttura addetta alle frequenze. Stavolta ha più fortuna: “Mi hanno chiamata da Bari per informarmi che il ponte di Squinzano è stato spento per motivi tecnici, e mi hanno dato un consiglio: siccome Radio1 ha anche una frequenza digitale, si può ascoltare appunto con una radio digitale”. L’avvocato la compra, per scoprire, come detto poco fa, che le radio libere “oscurano” la frequenza. Punto e accapo. Altro contatto ancora con Radioway: “Hanno ammesso che da Leuca a Brindisi è impossibile ascoltare Radio1 e comunque promesso che avrebbero fatto un sopralluogo per verificarlo”. Ma se si sa in partenza che Radio1 è spenta, che senso ha il “sopralluogo”? Misteri del tubo catodico.

Si ricomincia allora dalle associazioni a tutela dei cittadini: Adiconsum, Cittadinanza Attiva, ecc. Che scoprono l’acqua calda, suggerendole di procurarsi una radio digitale. A questo punto l’idea della petizione popolare con la raccolta di firme: portata dai fax e dal passaparola la bozza fa il giro d’Italia. Arrivano sul tavolo del Garante delle Comunicazioni. Ha risposto? “Si, ha detto che indagava e ci avrebbe fatto sapere…”. Da non credere: nel Belpaese dove ai numeri verdi ascolti compilation di Beethoven e U2 senza che nessuno alzi pudicamente la cornetta siamo avanzati di un passettino sulla via della civiltà. Da stappare la miglior bottiglia. E dopo la canonica pausa di riflessione che ha detto? “Ha ripreso pari pari la tesi Rai: “Applicano il contratto di servizio in deroga…”.

Segue altro contatto con i mandarini del servizio pubblico: che consigliano di ascoltare Radio1 in tv sintonizzandosi sul canale Uhf del Dt. Master in acqua calda: non ci era arrivato nessuno. “Vogliono farci intendere che è cosa temporanea, ma abbiamo la sensazione che Radio1 non tornerà più sulle onde medie… - riflette l’avvocato – forse dovrebbero intervenire, a fare pressione per il suo ripristino, gli enti locali”. Ultimo contatto, marzo 2012: “Un tecnico di Radioway mi consiglia di insistere protestando al n. verde 800111555, dice che girano voci che presto il ponte di Squinzano sarà riattivato”. Ma in un momento storico in cui nessuno crede più a niente, come si fa a credergli? Conclusione amara ma non rassegnata: “Ho perso un diritto per cui pago un tributo…”, ripete l’avvocato leccese. E non è il solo diritto relativizzato nel Belpaese dei bocconiani e i “tecnici” con la mission di salvare l’Italia. Amate sponde…