Testimonianze di barlettani nel mondo: Michele, quando dalla città di Eraclio a Dublino il passo è breve

L''apolide' Michele durante il suo soggiorno in Irlanda
di Nicola Ricchitelli. Quella di Michele è la storia di tanti ragazzi italiani – del sud, del nord, e di ogni qual si voglia parte dell’Italia – che un po’ per necessità o spinti dal fascino di vivere qualcosa di nuovo, decidono di oltrepassare contorni e confini della propria città natale: «Barletta è la mia città, è la città dove sono nato e cresciuto. Purtroppo all’età di 17 anni sono andato via perché non ha di che vivere e purtroppo senza lavoro in questo mondo non si fa niente», è lapidario Michele – giovane ventottenne della città di Eraclio – quando da Dublino guarda le foto della sua città. Una città che ha imparato a guardarla da lontano sin da subito, aveva sedici anni infatti quando ancora studente dell’IPSAR – o istituto alberghiero che dir si voglia - di Molfetta salii su un Espresso diretto a Bolzano: «Un’esperienza di vita bellissima! Sono partito che avevo 16 anni, la mia prima stagione lavorativa come cameriere di sala è stata in Trentino, a 960 Km da Barletta per la precisione. È stata veramente dura ma ce l'ho fatta».
 Nel mezzo, quasi come noiose virgole, arrivano il diploma e il servizio militare, per poi riprendere il girovagare in un lungo e largo per l’Italia tra hotel a 5 stelle e ristoranti di lusso: «Fare il cameriere mi dà tante soddisfazioni! Ti dà la possibilità di conoscere tanta gente e non solo», il tutto accompagnato da un'instancabile voglia di lavorare e di superare se stesso che ad oggi lo ha catapultato fino in Irlanda: «All'inizio, principalmente, ciò che ti spinge a varcare i confini della tua nazione è il voler ampliare ed approfondire la conoscenza di una lingua fondamentale quale l’inglese, anche se già dopo qualche tempo la voglia di restare qui a Dublino per sempre prende il sopravvento».
Irlanda là, e Italia qua. Dublino e Barletta, la domanda sorge spontanea, quali le differenze? Una domanda su cui Michele non fa troppi giri di parole: «Nel sud Italia per un ragazzo o giovane che sia purtroppo è vietato sognare un proprio futuro. Dell’Irlanda la prima cosa che ti salta all’occhio è il costo della vita, lo stipendio è più alto di una qualsiasi zona dell’Italia ma il costo della vita è più basso per certi versi, anche di Barletta. Ti faccio un esempio: qui l’acqua non si paga, ed è un bel vantaggio, poi prezzi quali affitti e beni di prima necessità quali farina, zucchero, latte, pane e frutta sono molto abbordabili, stesso discorso vale per il vestiario».
Poi, il discorso si sposta inevitabilmente sul tema dei diritti sul lavoro: «Prendendo un busta paga italiana e una irlandese, quello che salta all’occhio è il netto che un lavoratore intasca. Qui possiamo benissimo notare che il netto è molto più alto, le tasse da pagare sono molto di meno e poi, il lavoratore ha diritto a 2 giorni di ferie a settimana, le ferie sono naturalmente pagate. Di contro, qui non c’è nè tredicesima nè quattordicesima, ma ricordiamoci che noi italiani dobbiamo pagare il 730 e il 740, nonostante paghiamo tutti i mesi tantissime tasse. In una busta paga media di un lavoratore in Italia se il netto ad esempio è di 1200 euro, il datore di lavoro ci dovrebbe versare 1850 euro, quasi 650 al mese in piu. Qui, invece, se prendiamo 1200 di netto il lordo è di 1400 euro, cioè il datore di lavoro paga solo 200 euro allo stato, quindi può assumere più gente: in pratica PIU' LAVORO MENO DISOCCUPAZIONE, e tutti in regola. Se in Italia un'azienda deve pagare 650 euro in più al mese più 7/30 e 7/40 piu altre varie tasse è inutile che noi prendiamo la tredicesima e quattordicesima per poi ridarne il doppio».
A Michele, poi, chiediamo cosa manca a Barletta per diventare come Dublino: «Ti faccio un esempio: a Barletta abbiamo 10 km di litoranea a Ponente abbandonata a se stessa; con la giusta valorizzazione avremmo superato di gran lunga Rimini e la Versiglia dove sono stato negli anni passati. Ma qui abbiamo un sistema corrotto, anche se sarebbero i giovani il futuro di Barletta che devono cambiare qualcosa, ma mi rendo contro che qui sono tutti MAMMONI e pensano che tanto ci sono i propri genitori»; quindi gli chiediamo cosa significhi per lui Barletta e cosa rappresenti per lui Dublino: «Bella domanda! Dublino è la città che più mi rappresenta. Qui la gente lavora e si diverte tanto, qui vedi il banchiere fino al netturbino bere una birre e ballare tutti assieme. Questo è importante perché “LA VITA E’ BREVE” e se non ci si diverte ora la vedo dura per quando avremo 70-80 anni. Barletta è la mia città, è la città dove sono nato e cresciuto. Purtroppo all’età di 17 anni sono andato via perché non ha di che vivere e purtroppo senza lavoro in questo mondo non si fa niente».
Il lavoro incombe e tra qualche ora Michele dovrà riprendere servizio, ma prima di lasciarlo andare non possiamo fargli due domande. La prima: cosa sarebbe stato oggi se non fosse emigrato prima al Nord e poi all’estero: «Non lo so, forse disoccupato o forse lavorare in ristoranti o pub per 30-40 euro al giorno per 11-12 ore e a nero», e quindi chiudiamo chiedendogli un consiglio per i giovani barlettani che si apprestano a vivere il mondo del lavoro: «Non mi manca e non mi mancava niente, ma se vuoi veramente conoscere te stesso e cambiare qualcosa dentro di te inizia a viaggiare e scoprire, ma non solo, ti renderai conto che lo stesso lavoro fatto a Baretta, fatto al nord o ancora meglio all'estero o ti darà molte gratificazioni».