Arte contemporanea: a Zhengzhou la mostra di Fernando De Filippi
CINA. Si è aperta al Contemporary Art Museum - Zhengzhou Henan – Cina una mostra dedicata all’artista Fernando De Filippi , dal titolo “Arbor Solis”.
L’artista presenta 56 disegni di grande formato realizzati con inchiostri di china su carta di riso nei quali affronta il tema dell’albero del mondo, l’albero nei suoi significati reconditi, nei suoi richiami al senso e alle responsabilità dell’arte.
L’albero come “immagine del mondo”, che con le sue radici, il suo tronco e i suoi rami, occupa dall'alto in basso l'intero spazio cosmico, del quale attraversa e mette in relazione i tre piani: Cielo, Terra e Inferi; e l'Albero della Croce, con le sue infinite coniugazioni e derivazioni. E ancora: gli alberi alchemici (l'"albero metallico" e l'"albero cavo", simbolo dell'atanor), gli alberi della mistica (ebraica, indiana, islamica), l'Albero di Jesse, l'"albero araldico etc.
Nell’unità dell’elemento biologico, nella complessità articolata delle sue parti, nella sapiente organicità di questa complessità, nell’armonia dei suoi ritmi interni, l’albero rappresenta il cosmo che si evolve e si perpetua, la manifestazione archetipica di una “potenza ” che si amplia in senso regolare, dove la verticalità suggerita dal tronco crea un collegamento fra i regni del cielo e della terra, dell’alto e del basso, del maschile e del femminile, immagine di unione degli opposti e di equilibrio vitale.
L'albero occupa da sempre un posto centrale nella simbologia tradizionale, nel pensiero religioso e nell'immaginario dei poeti, ed è un motivo essenziale dell'iconografia universale, dall'Albero della Vita" - simbolo sia della potenza vegetativa del cosmo sia della morte e della resurrezione , all'Albero del Bene e del Male", legato al serpente e generatore del "frutto proibito".
Le radici che affondano nel terreno ed i rami che si innalzano verso il cielo creano una relazione fra il mondo sotterraneo e quello superiore, il tronco nella sua solidità è rappresentazione di potere e di centratura, la caduta delle foglie e la rinascita delle gemme di differenziazione e susseguente ritorno all’unità, della ciclicità dei ritmi naturali di una continua evoluzione, di morte e rinascita.
Fernando De Filippi, pittore, performer, creatore di video, fotografo, utilizzatore consapevole di situazioni, di immagini, di simboli, mitologo, viaggiatore della memoria, mai spettatore onnivoro, perché, al contrario, gli strumenti e i soggetti della memoria sono sempre elementi di scelte individuali. Questo osservatore attento ha iniziato a raccontare fin dai tempi del ciclo Cuba Cuba (1970- 1971) le storie personali e collettive del nostro secolo recentemente concluso. Lo testimoniano titoli come Da Vladimir con affetto a Cartolina da Cuba a Sull’asse della memoria – ricordo di Cipro, film, foto –performance, elaborazioni fotografiche realizzate al computer, poi ridisegnate e portate sulla tela, in anni di fermenti sperimentali molto vivi e articolati, in anni in cui, per dirla con una celebre espressione di Kandinskij “si navigava a tutto vapore”. In questa navigazione De Filippi controlla sempre la rotta forse perché, consapevolmente o non, la mappa è già nel suo bagaglio, e, intanto, anche l’elemento formale è parte strettamente integrante del discorso artistico quanto il versante del soggetto. E’ questo uno dei casi in cui, più che di saldature, più o meno armoniche e solide fra due componenti de l’unità artistica, si deve parlare di unità reale già potenzialmente presente in un chiarirsi che nel tempo opera su se stesso lavorando sui propri moventi, riflettendo sulle proprie esperienze di vita oltre che di specifico impegno nel campo dell’arte. Perché l’artista privilegia, certo non in modo definitivamente esclusivo, i suoi temi (Vittoria Coen).
Fernando De Filippi, pittore, performer, creatore di video, fotografo, utilizzatore consapevole di situazioni, di immagini, di simboli, mitologo, viaggiatore della memoria, mai spettatore onnivoro, perché, al contrario, gli strumenti e i soggetti della memoria sono sempre elementi di scelte individuali. Questo osservatore attento ha iniziato a raccontare fin dai tempi del ciclo Cuba Cuba (1970- 1971) le storie personali e collettive del nostro secolo recentemente concluso. Lo testimoniano titoli come Da Vladimir con affetto a Cartolina da Cuba a Sull’asse della memoria – ricordo di Cipro, film, foto –performance, elaborazioni fotografiche realizzate al computer, poi ridisegnate e portate sulla tela, in anni di fermenti sperimentali molto vivi e articolati, in anni in cui, per dirla con una celebre espressione di Kandinskij “si navigava a tutto vapore”. In questa navigazione De Filippi controlla sempre la rotta forse perché, consapevolmente o non, la mappa è già nel suo bagaglio, e, intanto, anche l’elemento formale è parte strettamente integrante del discorso artistico quanto il versante del soggetto. E’ questo uno dei casi in cui, più che di saldature, più o meno armoniche e solide fra due componenti de l’unità artistica, si deve parlare di unità reale già potenzialmente presente in un chiarirsi che nel tempo opera su se stesso lavorando sui propri moventi, riflettendo sulle proprie esperienze di vita oltre che di specifico impegno nel campo dell’arte. Perché l’artista privilegia, certo non in modo definitivamente esclusivo, i suoi temi (Vittoria Coen).
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Cultura e Spettacoli
