Licenziamenti: come cambia l'art.18 con la riforma Fornero

di Mariateresa Lattarulo. A partire dal 18 luglio, entrano immediatamente in vigore alcune disposizioni della c.d. riforma Fornero del mercato del lavoro (più precisamente, la legge n. 92 del 28 giugno 2012) approvata definitivamente dal Parlamento il 27 giugno scorso e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 153 del 3 luglio 2012. Tra le norme che possono essere immediatamente applicate vi sono quelle che modificano l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori realizzando una nuova disciplina dei licenziamenti.
Al di là delle valutazioni critiche che possono essere formulate riguardo a tale disciplina, è utile cercare di ricapitolare le innovazioni da oggi applicabili in quanto la formulazione del testo legislativo è tecnicamente complessa e spesso poco chiara, soprattutto per i non addetti ai lavori.
La legge distingue tre categorie a cui è collegato un diverso regime: a) i licenziamenti nulli; b) i licenziamenti illegittimi per mancanza di giusta causa o giustificato motivo soggettivo; c) i licenziamenti illegittimi per mancanza di giustificato motivo oggettivo.
a) Nella prima categoria, per espressa previsione, rientrano anzitutto i licenziamenti discriminatori, cioè quelli determinati dalle convinzioni politiche o religiose o dall’attività sindacale del lavoratore. La legge vi aggiunge i licenziamenti che siano dichiarati nulli da altre disposizioni, come, ad esempio, quelli intimati in concomitanza col matrimonio, in violazione del codice delle pari opportunita' tra uomo e donna, ovvero quelli che violano le norme a sostegno della maternità e paternità. In tutti questi casi, indipendentemente dal numero di dipendenti dell’impresa, il lavoratore ha diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro cui si aggiunge un’indennità, a titolo di risarcimento del danno, pari alle retribuzioni perse e, comunque, non inferiore a 5 mensilità. Il lavoratore ha anche diritto a scegliere di non ritornare al lavoro sostituendo la reintegrazione con una indennità pari a quindici mesi di retribuzione cui va comunque aggiunto il risarcimento del danno. Il regime dei licenziamenti nulli si applica anche al licenziamento dichiarato inefficace perche' intimato in forma orale.
b) I licenziamenti illegittimi per mancanza di giusta causa o giustificato motivo soggettivo sono in pratica quelli disciplinari, cioè conseguenza di un comportamento del lavoratore in violazione dei suoi obblighi lavorativi. In tal caso, se l’illecito disciplinare contestato al lavoratore risulta non veritiero , ovvero se esso è stato commesso, ma non è punito con il licenziamento nei contratti collettivi o nei codici disciplinari applicabili al caso, il lavoratore ha diritto al reintegro e al risarcimento in misura determinata dal giudice, comunque non superiore alle dodici mensilità. Anche in tal caso il lavoratore ha diritto di chiedere la sostituzione del reintegro con il pagamento di una indennità, fatto sempre salvo il risarcimento del danno.
La legge dispone che “negli altri casi” non si applichi più il diritto al reintegro, ma solo il risarcimento del danno determinato dal giudice in un importo che può andare da un minimo di dodici a un massimo di ventiquattro mensilita', tenuto conto dell'anzianita' del lavoratore, del numero dei dipendenti occupati, delle dimensioni dell'attivita' economica, del comportamento e delle condizioni delle parti. La disposizione non è molto chiara ed ha già determinato discussioni per individuare quali siano gli “altri casi”. Si ritiene che debba trattarsi delle ipotesi in cui l’illecito disciplinare commesso dal lavoratore non sia previsto nei contratti collettivi o nei codici disciplinari, ma tale interpretazione suscita perplessità perché appare discriminatoria. Difatti a comportamenti del lavoratore della stessa gravità sarebbe o meno collegato il diritto al reintegro in caso di licenziamento a seconda che tali comportamenti siano o meno previsti espressamente nei contratti collettivi o nei codici di condotta applicabili e ciò non appare giustificato.
c) I licenziamenti illegittimi per mancanza di giustificato motivo oggettivo sono i c.d. licenziamenti economici determinati da ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo (una riorganizzazione, una ristrutturazione, una grave situazione economica che imponga la riduzione di personale previo un diverso assetto dell’impresa). Su questo punto la legge raggiunge il massimo del bizantinismo perché riconosce la reintegrazione se il motivo sia “manifestamente infondato”, mentre ammette il solo risarcimento se il motivo sia “infondato”.La distinzione tra le due ipotesi appare molto difficile e darà spazio alla discrezionalità del giudice con lesione della certezza del diritto.