Skujina, l’altro punto di vista sul mondo e le cose
Fino a tutto settembre propone ne “L’altro lato” le ultime opere a Palazzo Coluccia (via Matteotti, 48, Specchia), una grande casa con giardino di palme altissime nel centro antico del paese, che ancora conserva gli echi del lavoro di secoli, le voci, i rumori, col suo frantoio e il palmento. Agnese è un’artista cosmopolita che ha proposto la sua opera nel mondo: Verona, Bologna, Tricase, Riga, Valmira e Solacgriva (Lettonia), Lecce, Metaponto, etc.
Non è la sua una pittura di facile decodificazione e ogni password che ti procuri può essere relativa. Lo sguardo è puro, e quello interiore, che si sostanzia in un format psicanalitico, impietoso quanto privo di facili soluzioni. L’artista riesce così a catturare sulla tela l’ambivalenza della natura dove si ascolta il respiro dell’uomo, e vedendola quasi in termini antropomorfi. Agnese riesce a rendere materiali le idee come se le estrapolasse dall’Iperurano dove vagano libere e senza mèta. E tuttavia esse riescono a tormentare l’uomo spingendolo in una dimensione “no exit”, cioè in una palude concettuale in cui si dimena inquieto mentre cerca di “scoprire quello che già c’è” (il titolo dell’opera in foto).
La pittrice lettone cita, a supporto della sua percezione artistica, Sol LeWitt (1928-2007) artista americano teorico del minimalismo e del concettualismo. Postulati con cui si contamina con intensità e abbandono, ma che poi personalizza in scelte di colore, sviluppi e contenuti assolutamente originali. “Le idee sono essenzialmente simili alle cose – teorizza a proposito di 6 tele 150x150 proposte sotto il titolo
Le idee dunque l’input della sua arte, che a un certo punto diviene impellente, incontenibile. Aggiunge Agnese: “Nei miei quadri si riflettono le cose che mi scatenano un prurito interiore che non mi dà pace e da cui noi non riesco a scappare. Prima o poi emerge dall’inconscio sotto forma di immagine. Perchè il titolo
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