Caro Wassily, caro Josef: l’arte salverà il mondo
Francesco Greco. Il mondo era sull’orlo della catastrofe, stava per precipitare in un tunnel di orrore e di follia che avrebbe segnato un secolo.Gli artisti hanno i sensi più vivi e reattivi rispetto agli altri uomini di buona volontà, annusano l’aria che si riempie di cupi presagi del dolore che verrà. E ne traggono le conseguenze per non restare invischiati nella palude del delirio.
Così fecero Josef Albers e Wassily Kandinsky che, nel 1933, sospettando l’etica e l’estetica che sarebbero arrivate con la croce uncinata, chiusero definitivamente con la Bauhaus e si autoesiliarono con le famiglia. Il primo, con la moglie Nina, in Francia (Neully, il 2 gennaio del 1934: era stato Marcel Duchamp a trovar loro casa), il secondo con Anni negli Usa.
Ha così inizio un intenso scambio di lettere da due mondi lontani, di qua e di là dell’oceano, in cui tracciano riflessioni contaminate dalla quotidianità. In attesa che passi la “nuttata ”. Per la Storia: già nel 1932 i nazionalisti avevano chiuso il Bauhaus e Kandinsky se ne era andato a Berlino, ma la scuola a fine ’33 era stata chiusa anche lì.
“Lettere dall’esilio, 1933-1940”, Mimesis Edizioni, Milano-Udine 2012, pp. 164, € 16 (Collana Arte e Critica), a cura e con l’introduzione di Maria Passaro ne propone 44, da cui traspare complicità intellettuale, rispetto e stima reciproci, ma anche l’ingenua speranza che l’arte, il sentire artistico possano agire da antidoto alla pazzia e all’irrazionalità degli uomini, l’estrema fiducia nella bellezza, nella creazione, più in generale nella cultura e nei suoi postulati.
Ecco dunque, dettate da una condivisione artistica,oltre che esistenziale, lettere che saranno il solo modo di comunicare, anche perché, loro non lo sanno, ma nonostante i reciproci inviti, la sorte li separerà per sempre: non solo Kandinsky (all’amico dà del Lei), che è di origine russa, non varcherà mai l’Oceano, ma i due sodali non si rivedranno mai più. E’ da dire comunque che negli Usa l’artista russo è ben più che famoso: le sue opere sono sparse nei musei più prestigiosi.
Lettere utili anche a capire il dibattito culturale fra Europa e America, anche quello che verrà dopo Yalta, mentre gli Usa oscureranno la vecchia Europa assumendo una leadership politica che si estende anche alla cultura e le arti. Senza saperlo, è proprio Albers a gettare i semi di tale osmosi in itinere scrivendo di “aria da primo Bauhaus” al Black Mountain College dove lavora. Il russo è rimasto in Europa perché dopo l’avvento del nazismo, Berlino aveva perso il suo carisma presso gli artisti, a vantaggio di Parigi, che a Wassily piace un sacco: lo colpisce soprattutto la serenità e il disincanto dei francesi dinanzi al “garbuglio internazionale”.
Particolare curioso: le lettere sono scritte a quattro mani e sono colme di appunti sulla quotidianità, riflessioni sul presente, inviti (gli Albers a tenere conferenze al College fra le bellissime montagne del North Carolina). E, ovvio, riflessioni sull’arte e le correnti pittoriche, i mercati e i mercanti, la “politica dell’arte”. Un libro utile a capire un’epoca più di tanti saggi storici seriosi, perché i grandi artisti colgono l’essenziale, il cuore del loro tempo catturandolo per sempre nella loro opera che consegnano al mondo e agli uomini.