Da Kakfa a Cechov, De Benedetti e l’ebrea Marta: Stajano superstar
di Francesco Greco - ROMA – Archiviata la frizzante Natalia di Cechov rivisto da Leonardo Madier in “Le richieste di Anton”, dove tesse una ragnatela di seduzione in cui il ricco possidente paranoico che disprezza resta intrappolato fra un sorriso e una sensuale kalinka, la parabola artistica di Francesca Stajano prosegue senza sosta. Adesso entra nel cuore più cupo del Novecento, della nostra Storia più recente e drammatica interpretando una donna ebrea rinchiusa nel lager che riflette sulla sua vita ormai prossima al “the end” in un monologo toccante che commuove per intensità, poesia, tragedia che da personale si amplia diventando collettiva, epocale.
Teatro d’autore (un nome su tutti: Giuliano Vasilicò, suo maestro e mèntore: nella foto intitolata “L’Urlo”, una scena di “Salò” o le 120 giornate di Sodoma del celebre regista del teatro di ricerca), cinema, fiction televisive, moda (abiti, gioielli, costumi da bagno, ecc.), canto lirico (un anno fa in Puglia propose “La Bohème”), fra poco anche canzoni attuali, dentro all’hashtag del XXI secolo, sceneggiatura: la password dell’attrice salentina (è nata fra gli ulivi secolari e i muretti a secco a due passi da Gallipoli, è cresciuta cogliendo margherite a primavera e giocando con le cicale e le onde della Purità d’estate) si sviluppa all’insegna della sfida più eccitante con se stessa, per aprirsi un varco nel tempo. Come i cento cavalieri medievali che si riparavano all’ombra della Quercia Vallonea di Tricase, aspettando di imbarcarsi per la Terrasanta, ogni mattina lancia il cuore oltre l’ostacolo e si mette in discussione osando nuovi orizzonti, temi, linguaggi espressivi.
Roma ne ha fatto la sua musa. Il pubblico la adora. Bellezza acqua e sapone, la pelle diafana, le gambe lunghe, la sensualità del corpo riassume la gentilezza del carattere e la sensibilità dell’animo (“Bella di faccia, bella di cuore” recita un vecchio proverbio contadino del Salento). A Lecce, piazza Sant’Oronzo, due anni fa, madrina a un evento di moda (la vestì Pignatelli), prese la parola per ringraziare gli operai che, sotto il sole d’agosto, avevano lavorato nella controra rovente per preparare il palco. Non lo fa mai nessuno.
E dunque, Francesca, “Chicca” per gli amici e i fans, porta questa sua percezione della realtà, il suo sentire denso di pathos e di dolce umanità anche alla scelta dei testi e dei temi che affronta. Parla della tragedia dell’uomo che fu la Shoah, le sofferenze indicibili del popolo ebraico sterminato dal delirio nazista e dalla folle teoria della razza ariana (anche per aprirci gli occhi su certe infide, perverse nostalgie che affiorano qua e là in Europa, dalla Germania alla Grecia, Italia inclusa).
Sarà la protagonista di un concorso di short-story sulla Shoah che si terrà il 2 febbraio al Teatro “Antigone” di Roma. Il titolo del monologo è “Così per caso”, la regia di Angelita Puliafito. Cosciente della sorte che la attende, Marta Ascoli rivede i flash-back della sua breve vita in un monologo (12 minuti) vibrante di umanità lacerata, di passione etica e attaccamento alla vita nonostante tutto che riecheggia un po’ “Se questo è un uomo” di Primo Levi e “La vita è bella” di Benigni.
Intanto sta proponendo anche “Frammenti”, un corto (nella foto l’attrice è davanti allo specchio) nato da un’idea di Elettra Ferraù (nomen omen: è la figlia di Alessandro Ferraù, raffinato e storico cinefilo del tempo in b/n quando in riva al Tevere c’era il Cinema di tutto il pianeta, fra Dolce Vita e Neorealismo: Hollywood e Bollywood non c’erano). E’ stato girato a Roma e nel Salento: location che lasciano senza parola fra Alezio, Taviano e Gallipoli. La regia è firmata dal romano Raffaello Sasson. La storia è stata presentata ai David di Donatello e, notizia di queste ore, parteciperà, in estate, anche ai Nastri d’Argento per il Cinema. Inoltre, a giugno, fuori concorso, sarà al “Tolfashortfilmfest”, la rassegna curata da Piero Pacchiarotti e Costanza Saccarelli. Il 3 febbraio ci sarà una proiezione privata al “Centro Elsa Morante” di Roma curata dal direttore artistico Pier Luigi Manieri. Nella stessa occasione, in veste di ambasciatrice dell’Annuario del Cinema (lo è da 3 anni), premierà alla carriera Orso Maria Guerrini (con un’opera dell’artista Roberta Gulotta). Anche il premio è un’idea della Ferraù e di Alessandro Masini.
Un inverso intenso. A dicembre, al Teatro “Ettore Petrolini”, per i monologhi d’autore (testo e regia di Salvatore Scirè), la Stajano aveva fatto venire i brividi con “Dietro la persiana”, 10 minuti dove interpreta una prostituta dal grande cuore: la vita l’ha costretta a rinunciare al suo bene più preziosa: la figlia. Che un giorno, forse guidata dalla voce del sangue, bussa alla porta della casa di piacere dove vive. Fra mille dubbi e tormenti, soffocherà l’istinto materno: capisce che la ragazza deve vivere la sua vita e tacerà la verità negando, in un estremo atto d’amore, di essere sua madre.
Ma anche la primavera s’annuncia densa di impegni e magia per “Chicca”: a maggio torna a lavorare con l’italo-francese Madier. Eccola al “Testaccio” protagonista di “Da giovedì a giovedì”, commedia brillante di Aldo De Benedetti, un classico del teatro che diverte e fa anche riflettere sui sentimenti e la leggerezza dei sentimenti. Contemporaneamente interpreta una giornalista curiosa in una docu-fiction che ha come tema centrale i mestieri della cartapesta (altro “tribute” alla sua terra natale e alla formazione culturale). La star sarà vestita dalla griffe leccese Pino Cordella, regia di Enzo Pascal Pezzuto. Nel frattempo sarà testimonial per “Gabry Style” (bigiotteria artigianale firmata da Gabriella Penna).
Non è tutto: dopo il canto lirico, anche la musica leggera: è in possesso di un’estensione vocale molto ampia. Sorride: “Ho pensato di sfruttare anche questo dono della natura”. E così è in progress un album con la direzione artistica di Andrea Tosi e Simone Sibilano (vocal coach personale).
Insomma: per la diva pugliese non c’è pace fra gli ulivi che si porta nel cuore e nel dna, soprattutto se li sceglie come paesaggio in cui raccontare se stessa, il suo mondo fiabesco, la sua terra pregna di selvaggia bellezza, il tempo che le è toccato in sorte.
Teatro d’autore (un nome su tutti: Giuliano Vasilicò, suo maestro e mèntore: nella foto intitolata “L’Urlo”, una scena di “Salò” o le 120 giornate di Sodoma del celebre regista del teatro di ricerca), cinema, fiction televisive, moda (abiti, gioielli, costumi da bagno, ecc.), canto lirico (un anno fa in Puglia propose “La Bohème”), fra poco anche canzoni attuali, dentro all’hashtag del XXI secolo, sceneggiatura: la password dell’attrice salentina (è nata fra gli ulivi secolari e i muretti a secco a due passi da Gallipoli, è cresciuta cogliendo margherite a primavera e giocando con le cicale e le onde della Purità d’estate) si sviluppa all’insegna della sfida più eccitante con se stessa, per aprirsi un varco nel tempo. Come i cento cavalieri medievali che si riparavano all’ombra della Quercia Vallonea di Tricase, aspettando di imbarcarsi per la Terrasanta, ogni mattina lancia il cuore oltre l’ostacolo e si mette in discussione osando nuovi orizzonti, temi, linguaggi espressivi.
Roma ne ha fatto la sua musa. Il pubblico la adora. Bellezza acqua e sapone, la pelle diafana, le gambe lunghe, la sensualità del corpo riassume la gentilezza del carattere e la sensibilità dell’animo (“Bella di faccia, bella di cuore” recita un vecchio proverbio contadino del Salento). A Lecce, piazza Sant’Oronzo, due anni fa, madrina a un evento di moda (la vestì Pignatelli), prese la parola per ringraziare gli operai che, sotto il sole d’agosto, avevano lavorato nella controra rovente per preparare il palco. Non lo fa mai nessuno.E dunque, Francesca, “Chicca” per gli amici e i fans, porta questa sua percezione della realtà, il suo sentire denso di pathos e di dolce umanità anche alla scelta dei testi e dei temi che affronta. Parla della tragedia dell’uomo che fu la Shoah, le sofferenze indicibili del popolo ebraico sterminato dal delirio nazista e dalla folle teoria della razza ariana (anche per aprirci gli occhi su certe infide, perverse nostalgie che affiorano qua e là in Europa, dalla Germania alla Grecia, Italia inclusa).
Sarà la protagonista di un concorso di short-story sulla Shoah che si terrà il 2 febbraio al Teatro “Antigone” di Roma. Il titolo del monologo è “Così per caso”, la regia di Angelita Puliafito. Cosciente della sorte che la attende, Marta Ascoli rivede i flash-back della sua breve vita in un monologo (12 minuti) vibrante di umanità lacerata, di passione etica e attaccamento alla vita nonostante tutto che riecheggia un po’ “Se questo è un uomo” di Primo Levi e “La vita è bella” di Benigni.
Intanto sta proponendo anche “Frammenti”, un corto (nella foto l’attrice è davanti allo specchio) nato da un’idea di Elettra Ferraù (nomen omen: è la figlia di Alessandro Ferraù, raffinato e storico cinefilo del tempo in b/n quando in riva al Tevere c’era il Cinema di tutto il pianeta, fra Dolce Vita e Neorealismo: Hollywood e Bollywood non c’erano). E’ stato girato a Roma e nel Salento: location che lasciano senza parola fra Alezio, Taviano e Gallipoli. La regia è firmata dal romano Raffaello Sasson. La storia è stata presentata ai David di Donatello e, notizia di queste ore, parteciperà, in estate, anche ai Nastri d’Argento per il Cinema. Inoltre, a giugno, fuori concorso, sarà al “Tolfashortfilmfest”, la rassegna curata da Piero Pacchiarotti e Costanza Saccarelli. Il 3 febbraio ci sarà una proiezione privata al “Centro Elsa Morante” di Roma curata dal direttore artistico Pier Luigi Manieri. Nella stessa occasione, in veste di ambasciatrice dell’Annuario del Cinema (lo è da 3 anni), premierà alla carriera Orso Maria Guerrini (con un’opera dell’artista Roberta Gulotta). Anche il premio è un’idea della Ferraù e di Alessandro Masini.
Un inverso intenso. A dicembre, al Teatro “Ettore Petrolini”, per i monologhi d’autore (testo e regia di Salvatore Scirè), la Stajano aveva fatto venire i brividi con “Dietro la persiana”, 10 minuti dove interpreta una prostituta dal grande cuore: la vita l’ha costretta a rinunciare al suo bene più preziosa: la figlia. Che un giorno, forse guidata dalla voce del sangue, bussa alla porta della casa di piacere dove vive. Fra mille dubbi e tormenti, soffocherà l’istinto materno: capisce che la ragazza deve vivere la sua vita e tacerà la verità negando, in un estremo atto d’amore, di essere sua madre.
Ma anche la primavera s’annuncia densa di impegni e magia per “Chicca”: a maggio torna a lavorare con l’italo-francese Madier. Eccola al “Testaccio” protagonista di “Da giovedì a giovedì”, commedia brillante di Aldo De Benedetti, un classico del teatro che diverte e fa anche riflettere sui sentimenti e la leggerezza dei sentimenti. Contemporaneamente interpreta una giornalista curiosa in una docu-fiction che ha come tema centrale i mestieri della cartapesta (altro “tribute” alla sua terra natale e alla formazione culturale). La star sarà vestita dalla griffe leccese Pino Cordella, regia di Enzo Pascal Pezzuto. Nel frattempo sarà testimonial per “Gabry Style” (bigiotteria artigianale firmata da Gabriella Penna).
Non è tutto: dopo il canto lirico, anche la musica leggera: è in possesso di un’estensione vocale molto ampia. Sorride: “Ho pensato di sfruttare anche questo dono della natura”. E così è in progress un album con la direzione artistica di Andrea Tosi e Simone Sibilano (vocal coach personale).
Insomma: per la diva pugliese non c’è pace fra gli ulivi che si porta nel cuore e nel dna, soprattutto se li sceglie come paesaggio in cui raccontare se stessa, il suo mondo fiabesco, la sua terra pregna di selvaggia bellezza, il tempo che le è toccato in sorte.

