8 miliardi per i caschi blu, al limite tra generosità e falimenti

di Roberta Calò - Sono circa 1.118 gli italiani dei 98.200 i caschi blu provenienti da ben 110 Paesi. Il nostro Paese sarebbe uno dei più generosi nell'ambito del peacekeeping con un contributo del 4,45 percento collocandosi al settimo posto nella rosa dei primi dieci posti che vede svettare Gran Bretagna, Francia, Germania e Giappone; il budget totale previsto per l'anno fiscale che va dal primo luglio 2013 al 30 giugno 2014 è di circa 7,83 miliardi di dollari.

Eppure, nonostante l'impegno economico e umano (circa 1.118 unità), a farne le spese è proprio l'Italia a cui è riconosciuta una limitatissima influenza decisionale per essere relegata ad un ruolo fondamentalmente esecutivo. In materia di formazione dei funzionari Onu, peraltro, è sempre più vicina la possibilità che Torino venga surclassata da Ginevra. Un quadro veramente delicato che si va aggravando a seguito delle recenti indagini che hanno portato alla luce uno studio tra successi e costi che non si pone certo in favore dei caschi blu. Si calcola che dal 1948 siano state circa 60 le missioni, di cui 15 risultano ancora operative.

La maggior parte però sarebbero risultate fallimentari con particolare attenzione al continente africano; a questo proposito è intervenuto John Prendergast, attivista per i diritti umani da anni impiegato in Sudan: "La risposta politica e diplomatica della comunità internazionale alla maggior parte dei conflitti è stata lenta e non efficace. Questo ha fatto sì che aumentasse la pressione sulle forze di pace, gravate dall'impegno di raggiungere obiettivi per i quali i caschi blu sono totalmente impreparati". Risultati deludenti ai vertici che necessiterebbero di una immediata political review per non vanificare sforzi e impegno impiegati dai soldati delle forze internazioni di pace.

Giorni fa lo stesso ambasciatore  francese dell'Onu Gerard Araud, commentando la presenza dei sei mila uomini della forza dell'unione africana dispiegata nel paese, ha dichiarato: "questo numero è ritenuto troppo basso perchè, francamente, la situazione è molto molto disastrosa e il paese è enorme. Il segretario delle Nazioni Unite sta pensando che siano necessari almeno diecimila soldati".  Le richieste d'aiuto non mettono però a tacere gli insuccessi e le polemiche registrati nelle missioni in Srebenica, Ruanda, Somalia, Haiti.

Alla precaria situazione si affiancano quantomeno note di colore "rosa", in quanto, si registra in aumento la presenza di donne tra i caschi blu; si tratterebbe di un totale di circa 5.300 tra quelle impegnate in Darfur, Haiti, Libano, Liberia. Si è dunque passati dall'un percento di presenze del 1993 al tredici percento, tra personale militare e di polizia, del 2012.