Gagliano, “Ciolo ingabbiato dalle reti? No, grazie!”

di Francesco Greco. GAGLIANO (LE) – “Il Ciolo ingabbiato? No, grazie! Abbiamo già dato…”. Con una voce sola Gagliano dice “no” all’ipotesi di intrappolare con reti metalliche a maglie 30 x 30 la gola famosa nel mondo per paura di distacchi di massi. Lo ha detto, senza se e senza ma, all’Auditorium Comunale in un convegno proposto in streaming da Radio Capo di Leuca (Michele Ferilli ) e ben organizzato dal Comitato per la tutela del Capo di Leuca (presidente Diego Trane).

   Tre ore intense, appassionate, tra applausi, sospetti, reticenze, arroganze, aperture strumentali, gaffes in cui si è tentato di far capire, anche via web (Gagliano è a forte emigrazione, interna ed extra moenia) la natura di due progetti che in tantissimi, scandalizzati, considerano “troppo invasivi, anche sulla macchia mediterranea”, che muterebbero la morfologia dell’incantevole canalone e la Grotta dei Moscerini, front del turismo del Salento, e una falesia unica nell’Adriatico risalente (per il prof. Marcello Sansò, docente di Geografia Fisica e Geomorfologia all’Unisalento) a 5 mln di anni fa (Miocene). In una terra non classificata come sismica.

   Sembra di entrare nella macchina del tempo: anni ‘80, il paese si mobilitò contro l’ipotesi di insediare sulla stessa montagna vista Albania un maxi-albergo. Battaglia aspra, ma vinta: Gagliano salvò il “suo” Ciolo. Ci fu un’inchiesta, amministratori arrestati. Ma il tempo, come dice lo Garcìa-Màrquez, gira in tondo e come al gioco dell’oca si torna al punto di partenza. Per certi aspetti, anche queste carte sono lette come aggressione alle bellezze naturali e paesaggistiche e si sovrappone: pure stavolta denunce, un’inchiesta della Magistratura (nelle mani del pm Elsa Valeria Mignone) e minacce di esproprio delle zone interessate ai progetti firmati da un pool di tecnici (Fersini, Stasi, Torsello, redattori del secondo) al convegno attesi invano: solo uno, Accoto (redattore del primo) è apparso sul finire dei lavori. Una “fuga” che dice tutto: manco loro credono al Ciolo in gabbia. Dovevano chiarire le idee di tutti (l’arch. Fersini assente giustificato: colto da febbre… diplomatica), anche dopo aver riscosso laute parcelle.

   Negli anni Ottanta, Ettore Masina su “Paese Sera”, firmò un bellissimo articolo: “Due forme di possesso”. Quello dei contadini e le particelle da secoli coltivate con amore e dell’aristocrazia che ci fece un castello pacchiano, oggi discoteca. Se il tempo si diverte a riproporre gli stessi scenari, al posto della nobiltà oggi c’è una classe politica priva di sensibilità (in questa faccenda Fitto e la Capone), che spaccia questo per progresso, ansiosa di spendere denaro pubblico con l’alibi della messa in sicurezza (se fosse il format giusto, 8.400 km di coste italiane sono a rischio, PG1, PG2 e PG3). In realtà i meccanismi sono altri, dettati dall’ambiguità, in un Sud condannato a distruggere la sua bellezza per lavorare, che ha smarrito la coscienza dei tesori avuti in dono dalla natura e dagli avi, dei quali potrebbe vivere mettendoli nella rete del turismo globale. Un Sud irresponsabile e suicida, che costruisce nella Valle dei Templi e nella zona archeologica di Pompei, dando sfogo a brutali istinti d’autodistruzione. Disposto ancora a farsi saccheggiare: in Salento si comincia secoli fa con la Biblioteca di Casole (i preziosi volumi sparsi in Europa) e si continua con i 200 siti dove sono stati interrati rifiuti tossici che innalzano, rispetto a quella nazionale, la media delle malattie neoplastiche, le inutili e devastanti strade a 4 corsie, e molti eccetera.

   Ha aperto il sindaco Antonio Buccarello: ha ripercorso le tappe partendo da settembre 2008: l’Autorità di Bacino della Puglia arriva per dare un’occhiata ai frantoi ipogei di via Novaglie, e su invito del Comune dà una sbirciata ai massi del Ciolo che da secoli dormono tranquilli il sonno del tempo e così sarà per altri secoli. A memoria d’uomo non vi sono stati rilevanti distacchi, e se qualcosa è avvenuto, è dovuto all’aggressività dell’uomo sulle scogliere per soggiogare la natura. Toccava ai tecnici entrare nel merito, nelle interfacce dei progetti (il primo mezzo mln di €, il secondo un mln) ma, come già detto, erano convitati di pietra. Il senso civico è come il coraggio di don Abbondio…
   L’assessore ai Ll.Pp. Antonio Ercolani è rimasto curiosamente silente nonostante l’accusa – riportata anche da un giornale - dei piccoli proprietari delle particelle interessate di minacce e di espropri a costi irrisori (1,5 € per mq) e di far pagare loro le spese (250mila €). L’opposizione (Pd, Pieranna Petracca e Davide Bisanti) sollevava quindi una questione centrale: la fretta con cui si è proceduto, il difetto di comunicazione in una vicenda di cui il paese è, e resta, all’oscuro nonostante siano già stati aggiudicati gli appalti a imprese del Nord che presumibilmente saranno sub-appaltati a ditte locali, anche si ignora la natura dell’intervento: discaggio o ingabbiatura (sarcitura)? Se la spiaggia sarà chiusa alla balneazione, se ci saranno altri espropri, quanto dureranno i lavori, ecc. Luigi Colaci, capogruppo della maggioranza di destra, ha detto di aver firmato per non perdere i finanziamenti: il limite era il 31-12-2013, ma si scopre che, all’italiana, c’è una proroga di 6 mesi.

   E’ toccato all’ing. Ippazio Morciano, presidente di “Salento Verticale”, smontare pezzo pezzo, pietra per pietra, è il caso di dire, i progetti. Relativizzandone (col supporto di suggestive slide) in discussione l’etimologia. Nel senso che, eventuali interventi per la “messa in sicurezza” non elimineranno il rischio. Ha aggiunto che i muretti a secco costruiti nei secoli dai contadini sono una barriera naturale sufficiente a contenere eventuali distacchi e comunque, se anche dovessero verificarsi nei millenni a venire, né l’antropizzazione (le case a ridosso del Ciolo) né la spiaggia sarebbero sfiorati. Anzi, proprio le vibrazioni dei lavori (chiodi di 3 m. nella falesia) potrebbero sconvolgere l’ecosistema dal lato geologico.
   Applausi e imbarazzo del sindaco lasciato solo: impacciato e balbettante, ha minacciato di far demolire seconde case ormai “sanate” e di chiudere la spiaggia. Valerio Ferilli (Legambiente del Capo di Leuca, che a sua volta presentò a dicembre un esposto alla Magistratura), ha sostenuto che basterebbero poche miglia di € (30mila) per mettere in sicurezza l’area. Il prof. Sansò ribadito il concetto: tutti gli interventi di questo mondo non eliminano il pericolo, che incombe su tutte le scogliere del  mondo. Il colpo di grazia comunque lo dava il popolo di Gagliano, contrario alle “gabbie”. Denunciati (Salvatora Sergi) i metodi spicci dell’amministrazione, le minacce di far ricadere i costi su figli di contadini che hanno ereditato i fazzoletti di terra, o se li sono sudati lavorando all’estero.

   A quel punto il quadro è apparso meno barocco: si sarebbe creata ad arte una psicosi, una bolla pregna di suggestione e comunque, è stato ripetuto “tutto si fonda su premesse inventate: non ci sono elementi reali di pericolosità che non siano ontologici, legati cioè all’imprevedibilità della natura”. Ora il buon senso suggerisce di rimodulare tutto e usare i denari pubblici per accrescere l’appeal turistico della zona, poiché, paradossalmente, continuando così, il turismo soffrirà.

   Magari con un concorso di idee sul “che fare?”. Dal Pd arriva la prima: “Un incontro – ha fatto protocollare il segretario Marco Pizzolante – tra maggioranza, associazioni e Pd per trovare la soluzione per evitare la messa in opera di circa 6500 mq di rete metallica”. Dallo storico gruppo rock “Calignano” la seconda: “Un parco da visitare tramite liberatoria”. Ogni altra opzione sarebbe vista come una forzatura, una “provocazione” e un’offesa all’identità d’una terra e un popolo che la ama e la difende da secoli. Si ha tuttavia l’impressione che una parola decisiva la diranno i magistrati. Come 30 anni fa. Corsi e ricorsi alla Vico…