Il braccialetto più costoso d’Italia: ecco come lo Stato sperpera i soldi dei contribuenti
di Vittorio Polito – Il periodico “Realtà forense”, organo del Sindacato Avvocati di Bari, nel numero 1-2014 pubblica, a firma di Maxime Manzari, una interessante nota dal titolo «Storia del braccialetto più inutile e costoso d’Italia». Si tratta del braccialetto per il controllo a distanza dei detenuti.Se solo si considera che gli esemplari utilizzati sono una ventina sui duemila disponibili, per una spesa di 120 milioni di euro, che puntualmente la collettività paga, allora è evidente lo sperpero del pubblico denaro.
Il costoso “braccialetto”, scrive Manzari, pur senza brillanti o metalli preziosi, in realtà è una cavigliera di plastica, dotata di sensori collegati ad una centralina, capace di segnalare in pochi secondi gli eventuali spostamenti del portatore.
Una storia che va avanti dal 2001, data di inizio della sperimentazione del dispositivo, iniziata prima con 5 aziende e poi con la sola Telecom Italia, e che forse solo dopo il “decreto-carceri” del 17 dicembre 2013, che dovrebbe ridurre la popolazione carceraria, si potrebbe passare ad una maggiore estensione dell’uso del dispositivo elettronico, soprattutto per coloro che sono agli arresti domiciliari.
È il caso di ricordare che tale sperpero è partito nell’anno 2001, quando erano “regnanti” Giuliano Amato, presidente del Consiglio, ed Enzo Bianco, ministro dell’Interno.
L’autore della nota auspica che tale «misura trovi concreta applicazione nel più breve termine, insieme con le altre previsioni del nuovo decreto».