Lei: la recensione
di Frédéric Pascali - A volte ci si ritrova ad amare senza neanche conoscerne bene il motivo. È qualcosa che ci sorprende e inesorabilmente s’impadronisce della nostra vita.Una natura che all’inizio ha dei contorni sfumati e poi lentamente prende forma e si mette a fuoco, indirizzando definitivamente le nostre emozioni. Accade in qualsiasi momento e con chi meno ci si aspetta. Proprio come nel caso di Theodore Twombly, il protagonista dell’ultimo film di Spike Jonez.
In una Los Angeles di qualche anno in là nel futuro, Theodore è un riservato e timido scrittore di lettere per conto terzi, chiuso nel ricordo e nel rimpianto di un matrimonio andato male e con un divorzio a cui manca solo una firma. In uno di quei giorni sempre uguali apprende della messa in commercio di un nuovo modello di sistema operativo. Dotato di un’intelligenza artificiale particolarmente sviluppata, assicura la massima empatia con l’essere umano. Theodore lo acquista e gli dà una voce di donna. Così Samantha, questo il suo nome, ben presto diventa l’amica più preziosa, la confidente, la complice e infine l’amante. È l’inizio di una intensa storia d’amore che lo aiuterà a uscire dal guscio. Proprio come per Amy, la sua migliore amica in carne e ossa, appena lasciata dal marito e anche lei alle prese con un legame con lo stesso tipo di sistema operativo. Quando però un giorno la tecnologia evolve, Theodore e Amy sono costretti, loro malgrado, a prenderne dolorosamente atto.
Non è materia facile quella che Spike Jonez maneggia con grande sicurezza. La sua scrittura, supportata dalla fotografia efficacemente “impastata” di Hoyte Van Hoytema, non si ferma alla superficie e scende in profondità nella ricerca del protagonista, uno strepitoso Joaquin Phoenix, schiavo di un bisogno d’amore più forte di qualsiasi remora o stereotipo. Azzeccata sia l’interprete originale della voce di “Samantha”, la suadente Scarlett Johansson, che la versione italiana impersonata dalle vocalità di Micaela Ramazzotti. Delle 5 nomination agli Oscar è rimasta la “statuetta” per la “sceneggiatura originale”.