Chef Rubio (intervista), "Il fenomeno di Unti e bisunti? Frutto di un grande lavoro di squadra"

di Alex Nardelli - Gabriele Rubini, in arte Chef Rubio, si racconta al Giornale di Puglia. Il popolare protagonista del fenomeno Unti e Bisunti, ci parla di come nasce questa avventura, che volta per volta è diventata sempre più di successo, grazie a un grande lavoro di squadra.

Secondo Chef Rubio, il pubblico del programma è trasversale, ognuno viene colpito da qualcosa di diverso, e il plasmare il programma sui gusti del pubblico ha portato proprio a una continua crescita professionale del programma, fatta di piccole innovazioni, per evitare di annoiare il pubblico.

Le ultime novità vedono tre episodi dedicati al cibo etnico, all’India, al Sudamerica e al Marocco.



D: Come nasce il fenomeno Unti e Bisunti?
R: Il fenomeno di Unti e Bisunti nasce con il lavoro di un sacco di professionisti con l’ispirazione da parte della casa di produzione 'Pesci Combattenti' e il sottoscritto e con la presenza costante del popolo italiano sia dietro le quinte che di facciata. Se non ci fosse un repertorio da raccontare, non esisterebbe Unti e Bisunti. Diciamo che è grazie alle persone che ancora resistono sulla strada che abbiamo potuto raccontare tutto ciò.

D: Rispetto al suo scopo iniziale, il fenomeno Unti e Bisunti si è plasmato nel tempo adattandosi a quelli che erano i gusti del pubblico, o ha mantenuto una sua rigidità dovuta a uno schema iniziale?
R: E’una cosa che va di pari passo con la nostra crescita professionale, con un voler testare delle piccole innovazioni per far divertire il pubblico, quindi se ci sono state delle piccole modifiche è sia per non annoiarci noi nel girare e nel raccontare il programma, che per andare incontro a possibili esigenze del telespettatore, quali per esempio la troppa brevità della prima serie. Quindi abbiamo tentato col raddoppio, perché ci siamo resi conto che le cose da raccontare erano veramente tante e si rischiava di buttare troppo materiale.

D: Da quello che hai potuto notare cosa colpisce più il pubblico di Unti e Bisunti?
R: Visto che è un pubblico trasversale, c’è chi viene colpito dallo spogliarello, chi dai vecchi, chi dal cibo, chi dalle città. Quindi ogni parte della puntata può essere il punto nevralgico per lo spettatore.

D: Che cos’è per te il mondo della cucina?
R: Per me al momento è qualcosa di cui parlarne, qualcosa di educativo e costruttivo. Normalmente è il momento in cui uno placa gli istinti animali e si sollazza col cibo. Quindi anche il mondo della cucina, rispetto all’arco della giornata assume sempre dei connotati diversi. Per quanto riguarda la mia persona, quando ci lavoro è motivo di full immersion in qualcosa che magari conosco poco e voglio approfondire.

D: Per te cosa vuol dire girare chioschetti, mercatini rionali e quant'altro proprio nelle più belle regioni d’Italia?
R: Crescere sia a livello professionale che umano, perché tante cose che avevo semplicemente letto o delle quali ne avevo semplicemente sentito parlare, le ho potuto vedere girando con il programma. Un lavoro corale ha permesso a me, dal punto di vista professionale, di crescere.

D: Cosa ti ha spinto a dedicare tre episodi al cibo etnico, all’India, al Sudamerica e al Marocco?
R: Il desiderio di mostrare agli italiani che la contaminazione culturale e gastronomica tra popoli che abitano lo stesso territorio ha fatto sì che in Italia nascesse l'eccellenza della cultura alimentare. Senza le influenze arabe in Sicilia, oggi non potremmo godere della caponata o del marzapane. Bene, questo processo di scambio tra etnie diverse è sempre in atto e lo street-food è uno delle prime frontiere d'integrazione tra popoli. Vogliamo raccontare questo.

D: Il 22 aprile è uscito il tuo libro UNTI E BISUNTI per Sperling & Kupfer Editore. Parlacene un po’.
R: E’anche questo un lavoro corale, che è stato scritto, dettato, costruito con l’aiuto di tante persone, che mostra il mio punto di vista, il punto di vista di chi era con me nella prima serie, qualche ricetta che era sfuggita, vista la durata della prima serie


D: Andando sul personale, cosa faceva Gabriele Rubini prima di diventare Chef Rubio?
R: Sono 4 anni che mi sono autoproclamato Chef Rubio in maniera abbastanza autoironica. Prima facevo della cucina free lance e avevo lavorato in ristoranti, catering, e quindi ho fatto il mio percorso. Ho anche studiato, viaggiato, e quando ho ritenuto opportuno mettermi in proprio, mi sono autoproclamato Chef Rubio ed è arrivata poi quest’occasione di Unti e Bisunti.

D: Avresti mai immaginato di raggiungere un simile successo con questo programma?
R: No, non immaginavo sinceramente un’esplosione di successo del genere, ma sapevo che assieme alla squadra, ai ragazzi avevamo fatto un lavoro eccellente che prima di ora non era stato mai fatto, almeno in Italia. Quindi ero sicuro del successo, ma non ne ero così consapevole.

D: Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
R: I miei progetti per il futuro sono di continuare a crescere sia lavorativamente che umanamente, di scegliere quale sia l’offerta di lavoro più giusta e di continuare ad andare avanti. Anche se un pochino di pausa a fine estate mi piacerebbe averla.

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