Scajola sapeva delle minacce a Biagi?

Riaperte le indagini sulla revoca della scorta a Marco Biagi, il giuslavorista ucciso dalle Brigate rosse il 19 marzo 2002. L'ipotesi di reato della Procura di Bologna è omicidio per omissione. Per i magistrati i rappresentanti delle istituzioni non avrebbero fatto quanto dovuto per proteggere Biagi malgrado fosse chiara la situazione di pericolo in cui si trovava.

Poche ore prima il Corriere della Sera aveva svelato che tra le centinaia di carte che l'ex ministro dell'Interno aveva affidato al suo segretario Luciano Zocchi e a uno 007 del servizio segreto militare c'erano anche documenti riguardanti la vicenda di Marco Biagi, il giuslavorista assassinato dalle Brigate Rosse a Bologna il 19 marzo del 2002.

Documenti che, secondo il quotidiano "svelerebbero un ruolo ben diverso da quello finora emerso nelle indagini sulla mancata scorta al professor Marco Biagi". Nel fascicolo trasmesso dalla Procura di Roma a quella di Bologna ci sarebbe infatti la lettera di un personaggio politico vicino allo stesso Biagi, spedita al Viminale (guidato all'epoca da Scajola) pochi giorni prima dell’attentato. Nel messaggio si parla della minacce ricevute dal docente (nel 2001 nominato consulente del ministro al Welfare Roberto Maroni per l'elaborazione della riforma del lavoro) e si sottolinea la necessità del dispositivo di protezione per il giuslavorista.

"La missiva - secondo il Corriere - risulterebbe 'vistata' da Scajola che invece ha sempre sostenuto di non essere mai stato informato del reale pericolo per il giuslavorista bolognese". Fu proprio la vicenda Biagi a portare alle dimissioni di Scajola da ministro dell'Interno. Tre mesi dopo l'attentato delle Br, Scajola in viaggio a Cipro, davanti a un gruppo di giornalisti, definì Marco Biagi "un rompicoglioni che voleva il rinnovo del contratto di consulenza" negando che fosse una figura centrale nel dialogo sociale. Affermazioni riportate dai giornalisti e che portarono al passo indietro del ministro, qualche giorno dopo.