Scuola, Panopticon: controllo totale

di Maurizio Parodi - I nostri bambini vivono una condizione di perenne visibilità, negli spazi chiusi della scuola, della casa, semmai della palestra, oppure negli spazi aperti dei campi da gioco, costantemente sorvegliati e oberati di impegni (quasi sempre presi per loro dai genitori), senza più un minuto di tempo libero che non sia monopolizzato dalla TV, dai videogames, perennemente connessi a soggetti immateriali in luoghi virtuali; il tempo che altri bambini potevano, una volta, trascorrere da soli, con gli amici, in luoghi reali, sottratti al controllo degli adulti, purché rispettassero alcune regole essenziali, e ritornasse all'ora stabilita in condizioni accettabili.

La scuola è, per molti, “il” luogo in cui menti e corpi di tanti coetanei si incontrano, convivono, condividono, e si potrebbe sviluppare una socialità reale (l'unico valore riconosciuto alla scuola dagli studenti). Ma la “struttura” scolastica si caratterizza per la rigidità e l'impersonalità degli spazi, dei tempi e di metodi.

Condizione tanto più incresciosa se si considera che bambini e ragazzi, impegnati ciascuno a costruire una propria identità nell’incontro e nella relazione con gli altri, hanno le stesse necessità degli adulti di "scoprirsi" e lasciare tracce di sé negli spazi abitati quotidianamente, segnalate dall’uso di oggetti personali, e non solo dall’uso di materiali comuni.

Bisogno totalmente ignorato, come nelle caserme, dalle quali si è mutuato il principio (“pedagogico”) dell'uniformità, dell'indistinzione (tutti devono imparare la stessa cosa, contemporaneamente e nello stesso modo), e persino il lessico (militare): classe, appello, preside, nota disciplinare, punizione, campanella, registro, presente/assente, scanditi con toni decisi, da bravi soldatini - manca solo l'alzabandiera.
A ben vedere, la scuola non è cambiata molto dalla sua nascita a oggi, rispetto alla logica concentrazionaria che è ne ha dettato l'istituzione.

Quello scolastico è ancora spazio del controllo e dell’addestramento, destinato a irrigidirsi con il passaggio agli ordini e gradi successivi. “Sarà spazio – scrive Raffaele Mantegazza - che tenderà sempre più alla completa colonizzazione del vissuto, alla definizione esaustiva del gesto, che verrà a sua volta inserito in un orizzonte di computabilità, nel registro contabile dei premi e dei castighi.

Erediterà, dallo spazio della caserma, questa possibilità di definire il gesto fin nelle sue più intime sfumature (…). Allora lo spazio diventerà spazio della localizzazione del corpo, all’interno del quale ogni sedia, ogni banco, ogni finestra richiamerà alla Norma, all’Ordine, alla compostezza e alla disciplina”.