La Puglia, terra di lupi mannari

a cura di Mario Contino, fondatore AIRM - Puglia terra di Misteri e Leggende, ma quanti di voi sapevano che la nostra regione fosse anche la terra dei “Lupi Mannari”? Non solo folletti dispettosi nei campi e splendide sirene nei mari, in passato ben altre creature avrebbero “tormentato” le notti dei pugliesi.

Abbiamo già parlato dei leggendari “Vampiri” di Trani, di cui si sarebbero trovate persino le sepolture con tanto di salme in posizione supina e con un bel mattone in bocca. Ed è così che non potevamo non citare le leggende sui famosi “Licantropi”, da sempre considerati acerrimi nemici dei vampiri.

Il Licantropo (dal greco “lýkos”, "lupo" e ànthropos, "uomo") è anche detto lupo mannaro, probabilmente come derivazione di una parola in antico dialetto molfettese (lëpòmënë) al quale poi si sarebbe aggiunto il suffisso (re) come possiamo notare nella parola in dialetto abruzzese (lopemënarë).

Secondo la leggenda più popolare, Licaone, Re di Arcadia e padre di moltissimi figli tra i quali Peucezio, dal quale deriverebbe il nome dell'antica terra di Bari, la Peucezia appunto, fu punito da Zeus a seguito di un atto scellerato. Il sovrano avrebbe infatti sacrificato uno dei suoi figli al Dio: quest'ultimo, però, avrebbe punito questa crudeltà maledicendo Licaone e trasformandolo in Lupo.

Secondo questa leggenda, la doppia natura del sovrano, di uomo e di lupo, si sarebbe manifestata per la prima volta proprio in Puglia e, visto che la licantropia è considerata da sempre un'infezione di origine diabolica, trasmissibile tramite un morso o una ferita inferta dal licantropo alla vittima, probabilmente si è pensato che a seguito della prima trasformazione di Licaone, questo virus si sia diffuso nel territorio.

Nel Medioevo la concezione cristiana mutò anche questa leggenda. Fu così che i nati nella notte tra il 24 ed il 25 Dicembre vennero considerati portatori della maledizione, ciò in quanto trasgressori dell'ordine di Dio, secondo il quale solo Gesù Cristo sarebbe dovuto venire al mondo in quell'arco temporale.

Guarire dalla maledizione non era cosa semplice: secondo alcuni occorreva un vero rito di esorcismo, per altri l'unica salvezza del Licantropo consisteva nel mordere un altro uomo, passandogli il “fardello” e liberandosi. Questo essere, durante le trasformazioni, diveniva quasi immortale, feribile solo da una pallottola d'argento, metallo che da secoli simboleggia la purezza in grado di annientare l'impurità e quindi le forze del male.

Altri riti prevedevano una sorta di incantesimo magico-religioso da effettuare in via preventiva nel momento in cui la sorte avesse fatto nascere un erede durante la data proibita. Questo rituale doveva essere svolto durante la notte, dal padre, dall'alto di un terrazzo.

Il genitore avrebbe dovuto ripetere, come un mantra o una lunga litania, la seguente frase a voce alta: “U natu nu stregone a casa mia” (E' nato uno stregone nella mia casa). Questa dichiarazione avrebbe permesso a chi di dovere di “curare” il piccolo ed evitare le future trasformazioni.

Molte leggende citano incontri terrificanti avvenuti durante le notti di luna piena, soprattutto nelle campagne. Si narra di bestie dalla forma semi umana, di grande statura, agilissimi e fortissimi, intravisti correre nei campi o saltare con un sol balzo alte mura di recinzione, Uomini lupo la cui ira poteva essere mortale per i poveri sprovveduti che durante quelle notti avrebbero lasciato il focolare domestico per compiere qualche faccenda fuori casa.

Non possiamo non citare la famosa Torre detta del “Luponimo”, sita in agro di Bitonto tra gli splendidi Ulivi. Il nome sarebbe collegato all'antica leggenda secondo la quale in passato la struttura sarebbe stata un rifugio notturno di un Licantropo mostruoso e pericolosissimo.

In Bitonto è ancora possibile ascoltare antiche storie, narrate da arzilli vecchietti, sul famoso uomo lupo, “u Lpomn” nel dialetto locale, incontri ravvicinati terrificanti che non si limitavano solo alle zone rurali ma che spesso avvenivano anche all'interno del paese.

Per quanto riguarda l'antica torre, è più probabile che il suo nome derivi da “Lupis”, antichissima e nobile famiglia bitontina che forse in origine possedeva la proprietà.

La Puglia si rivela ancora una volta una terra tutta da scoprire, spesso ignota agli stessi pugliesi, la maggior parte dei quali ha ormai smesso di ascoltare le antiche storie proprie della cultura folkloristica contadina, dalla quale trae origine la “magia” che anima da secoli la nostra regione.

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