Policlinico di Bari e ospedale a domicilio? Aspetta e spera

di Vittorio Polito - Su “Mondo medico”, allegato alla Gazzetta del Mezzogiorno” del 29 agosto, il radiologo Daniele Amoruso, nell’articolo “L’ospedale va a domicilio…”, scrive del progetto innovativo “Telecare©”. Un servizio finalizzato a seguire a domicilio i  malati cronici, nel tentativo di ridurre ricoveri o accessi ospedalieri (?) e nel contesto si parla addirittura di teleradiologia. A domicilio si può fare un prelievo di sangue, un elettrocardiogramma, una diagnosi, valutazioni glicemiche, ma esami che richiedono l’impiego di grosse apparecchiature no.

La teleradiologia consiste nella lettura/interpretazione remota di immagini radiologiche da parte di un medico radiologo. Si tratta di una pratica NON ancora radicata nella nostra realtà nazionale, che può presentare vantaggi ma non è immune da rischi. Nella teleradiologia è necessaria la collaborazione tra un radiologo e un reparto di radiologia per la refertazione e l’interpretazione delle immagini. Cose avveniristiche, considerando che il Policlinico di Bari non ha in esercizio l’acceleratore lineare e neanche la radioterapia. E le apparecchiature?

Come si fa ad ampliare il ruolo del Policlinico nei mesi di agosto-settembre se il personale è in ferie? Già è in crisi tutto l’anno. A parlare si fa presto è all’atto pratico che casca l’asino. Dice Dattoli “Il Policlinico con Telecare©, intende favorire il raggiungimento di questo obiettivo implementando il tradizionale modello di care management con i più avanzati strumenti di Telemedicina”. Prima di abbattere i confini con “Puglia Telecare Model”, è  necessario annullare tutte le liste di attesa o quanto meno ridurle a solo qualche giorno. Si fa molta propaganda solo per confondere le idee.

Le prime cose da fare sono quelle di attivare tutti i servizi che sono disponibili ma non funzionanti, che vi sia il personale sufficiente ad affrontare le situazioni, restaurare tutte le strutture fatiscenti, attivare la radioterapia con l’acceleratore lineare, e, forse, solo allora si potranno mettere “gli specialisti del Policlinico di Bari a disposizione del territorio”. O no?