Steve Jobs: la recensione

di Frédéric Pascali - È la capacità di avere la visione d’insieme delle cose che alla fine fa la differenza. Una dote che sicuramente non faceva difetto a Steve Jobs e che traspare chiaramente nella pellicola diretta da Danny Boyle. Non è un biopic classico quello che porta sugli schermi cinematografici ma piuttosto l’intima visione del Mondo di un egocentrico e geniale sognatore con la paura di essere travolto da quell’affetto che i suoi genitori naturali gli avevano negato. È per questo che la storia, sceneggiata molto liberamente da Aaron Sorkin, gioca molto sui simboli e si dispiega, per la maggior parte del tempo, attraverso il dietro le quinte delle presentazioni dei più importanti prodotti commerciali lanciati sul mercato da Jobs.

Dal 1984 al 1998 si viaggia attraverso il lancio del Machintosh 128k, il divorzio da Apple con la presentazione di NeXT e infine la nascita del primo iMac e l’inizio della nuova era Apple.

Tre pilastri scanditi da dialoghi incalzanti che mettono a fuoco il Jobs più intimo. A cominciare dal difficile rapporto con la prima figlia Lisa, avuta da una sua ex fidanzata, Chrisann Brennan, per finire con i contrasti dispotici con Steve Wozniak, l’amico informatico con cui in garage avevano progettato il primo computer, l’Apple 1. Su tutta la vicenda aleggia la figura di Joanna Hoffman, amica, addetta al marketing e confidente, una specie di mentore i cui giudizi sembrano essere gli unici ad avere una qualche presa sul genio.

“Un punto di vista”, alla fine è questo che il duo Sorkin-Boyle realizza. Uno sguardo accurato di una porzione di vita di un grande talento per rendere chiari i caratteri più noti, quelli di cui la storia e la leggenda giù da tempo parlano.

Quello che manca è l’uomo, la sua quotidianità, la sua normalità. Quella parte di Jobs che pochi hanno conosciuto e che ancora oggi resta un mistero. Ci si consola comunque con una pellicola girata molto bene, con un’interpretazione monstre sia di Michael Fassbender, “Steve Jobs”, che di Kate Winslet,”Joanna Hoffman” e l’eccellente montaggio di Elliot Graham.

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