Giornali, un suicidio annunciato
di FRANCESCO GRECO - Provate a scrivere una lettera a un giornale. Se non è conformista, banale, magari leccosa, non la vedrete mai pubblicata. Non amano le opinioni fuori dal coro. Un fenomeno preoccupante prende piede: sempre più edicolanti rifiutano i quotidiani, li boicottano, non li espongono sulla rastrelliera. La spesa non vale l'impresa. Troppi fastidi aprire il pacco, smarcarli e poi a sera fare la resa. E anche troppo costoso, dacché debbono anticipare il trasporto a fronte di 2-3 copie vendute al giorno. I bar sono lo zoccolo duro.
L'altra settimana ho attraversato Roma, dal Pigneto al Villaggio Olimpico: metro, autobus, tram. Radi i passeggeri col giornale. Si leggono i free-press che troviamo ammucchiati nei budelli della metro. Intanto i giornalisti italiani, la maggior parte, si sono fatti licenziare e riassumere azzerando l'anzianità . Prendere o lasciare. Altro che la stampa del Kenya. Nessuno ha aperto bocca: è più facile difendere i colleghi di Ankara sfrattati dalla redazione e una vaga idea di libertà di stampa, che è come l'araba fenice...
Eutanasia dei quotidiani. Che nel frattempo hanno trasformato il loro codice semantico: non più cani da guarda del cittadino verso il potere, ma l'esatto contrario. I potenti li usano per lanciarsi segnali fra di loro, il lettore si sente un intruso, un estraneo, un convitato di pietra. Così gira al largo dalle edicole.
I giornali stanno morendo? Ormai sono archeologia del Novecento? Si, no, forse... Il web è creduto l'assassino, secondo la vulgata, ma è difficile dimostrarlo. Anzi, il web non lo è affatto, è la qualità dell'offerta che è scesa: morti Montanelli, Biagi, Bocca, la Cederna, la Fallaci, gli eredi sono quello che sono.
Semplicemente sono fatti male, fuori dal tempo, lontano anni-luce dalla sua viralità , non lo sanno “leggere” e quindi raccontare. I lettori e il mercato ci sarebbero, sono i narratori che latitano. Occorrono gli stati generali dell'editoria. Ma la crisi non si legittima, e quindi non esiste e nessuno ci pensa a convocarli.
Intanto si riduce la forbice fra tiratura e diffusione. Storicamente si è sempre pensato che il rapporto fosse di 1 a 2. Cioè: stampi 100 copie e la resa è di 50. Ora si scopre che è aumentata: il venduto, sempre su 100 copie, è del 25, 30%. D'Alema dice che hanno dimezzato le vendite. In realtà sono scese a un terzo: “Repubblica” da 700mila a 300mila, “La Stampa” da 600mila a 170mila, ecc.
Il giornale dunque non è più “la preghiera laica del mattino” (Hegel). Il disimpegno di FCA da Rcs (“Corriere della Sera”) è sintomatico in tal senso, va letto come una campana a martello: la grande industria non crede più nei giornali come strumento di comunicazione, per passare una visione del mondo, l'economia, la vita.
Già Sergio Marchionne mesi fa lo aveva annunciato: “Non leggo il Corriere...” (così è stato licenziato de Bortoli, che aveva dato del ”massone” e del “maleducato” a Renzi: l'editto bulgaro ha più versioni). L'amministratore delegato FCA ha capito che non servono a niente e a nessuno, pieni di sociologia come sono. E di baggianate, scritte sempre più nelle redazioni e sempre meno sugli scenari mondiali. Le vere notizie si leggono, e si riprendono dalle testate straniere. Per esempio che l'Italia è in guerra.
E' un'accusa sottintesa alla scarsa qualità del giornalismo d'oggi: i giornali non sono più buoni nemmeno come “taxi”, come li definiva Enrico Mattei da presidente dell'Eni negli anni Sessanta.
Le concentrazioni svelano la paura di crollare, di perdere il padrone, anche se sono vendute come un'idea per reggere la concorrenza. Fra “La Stampa” e “La Repubblica” è da leggere come la nascita del giornale del Partito della Nazione? L'authority non ha niente da eccepire dopo Mondadori più Rizzoli?
Intanto si continua fare i furbi, all'italiana: si gonfiano le tirature giusto per non far scappare gli inserzionisti rimasti (la corsa è verso il web, in crescita) e si continua a vivere con i contributi statali (con qualche eccezione, anche se all'italiana, escono con la pubblicità delle aziende pubbliche: se non è zuppa...). Si stampano copie e un certo numero forse non è manco immessa sul mercato, vanno direttamente al macero. Si fa confusione sul numero dei lettori “nel giorno medio”: pensano che una copia è letta da un minimo di 5 persone, ma come si fa a dirlo? Suggestioni.
Il governo ha appena fatto una legge che aiuta i cartacei a traslocare sul web in cambio di contributi e promette denaro in base alle copie vendute, agevolando così il gioco sulla tiratura, la diffusione, la resa, con controlli all'italiana.
Derubate di una stampa libera, le democrazie soffrono, si svuotano, come ha riflettuto tempo fa il Nobel per la pace Yunus (bengalese). Per non crollare i giornali si sono settimanalizzati, si occupano di cucina, calze nere, case di lusso su pagine e pagine: un tentativo maldestro di lottare contro la marginalità , l'eutanasia, il declino. Accelerati invece da un approccio dogmatico, una lettura militante del reale. Per P. Battista del “Corriere della Sera”, Grillo è uno stupido sol perché mangia l'insalata di tonno sulla Costa Smeralda. Per B. Severgnini (stessa testata), le ragazze che iniziano questo mestiere facendo ufficio stampa alle aziende, sono delle morte di fame se accettano qualche regalo. Giornalismo da stato etico.
La Consulta si dice preoccupata per l'arbitrarietà del Porcellum ieri e l'Italicum domani, ma i giornali ignorano tali richiami e se non dicessero due parole Rodotà e Zagrebelski nessuno se ne accorgerebbe. Attacca l'asino dove vuole padrone. La Rai è stata normalizzata. Renzi prima si offre agli Usa, col servilismo innato di noi italiani, per guidare la missione in Libia e oltreoceano applaudono, poi, in Italia, si dice contro la guerra e vuol passare da un Parlamento depauperato dei suoi poterei da troppi voti di fiducia, ridotto a club di bridge e canasta. Ma chi scrive queste cose? Meglio la velina quotidiana della ripartenza (gonfiando i dati per compiacere il manovratore) e del boom di posti di lavoro (precari a vita grazie anche alla formattazione dell'articolo 18).
Farli peggio è quasi impossibile. Il servilismo è devastante. Si accomodano le coperte al potere. Certi giorni su un giornale trovate anche 9-10 foto di Renzi. L'eutanasia incombe e i killer sono gli stessi giornalisti: cani da guardia del potere e lo strapotere di lobby e logge contro i cittadini, che vorrebbero, Costituzione alla mano, contare qualcosa (così la pensarono i padri costituenti). Un suicidio annunciato.
L'altra settimana ho attraversato Roma, dal Pigneto al Villaggio Olimpico: metro, autobus, tram. Radi i passeggeri col giornale. Si leggono i free-press che troviamo ammucchiati nei budelli della metro. Intanto i giornalisti italiani, la maggior parte, si sono fatti licenziare e riassumere azzerando l'anzianità . Prendere o lasciare. Altro che la stampa del Kenya. Nessuno ha aperto bocca: è più facile difendere i colleghi di Ankara sfrattati dalla redazione e una vaga idea di libertà di stampa, che è come l'araba fenice...
Eutanasia dei quotidiani. Che nel frattempo hanno trasformato il loro codice semantico: non più cani da guarda del cittadino verso il potere, ma l'esatto contrario. I potenti li usano per lanciarsi segnali fra di loro, il lettore si sente un intruso, un estraneo, un convitato di pietra. Così gira al largo dalle edicole.
I giornali stanno morendo? Ormai sono archeologia del Novecento? Si, no, forse... Il web è creduto l'assassino, secondo la vulgata, ma è difficile dimostrarlo. Anzi, il web non lo è affatto, è la qualità dell'offerta che è scesa: morti Montanelli, Biagi, Bocca, la Cederna, la Fallaci, gli eredi sono quello che sono.
Semplicemente sono fatti male, fuori dal tempo, lontano anni-luce dalla sua viralità , non lo sanno “leggere” e quindi raccontare. I lettori e il mercato ci sarebbero, sono i narratori che latitano. Occorrono gli stati generali dell'editoria. Ma la crisi non si legittima, e quindi non esiste e nessuno ci pensa a convocarli.
Intanto si riduce la forbice fra tiratura e diffusione. Storicamente si è sempre pensato che il rapporto fosse di 1 a 2. Cioè: stampi 100 copie e la resa è di 50. Ora si scopre che è aumentata: il venduto, sempre su 100 copie, è del 25, 30%. D'Alema dice che hanno dimezzato le vendite. In realtà sono scese a un terzo: “Repubblica” da 700mila a 300mila, “La Stampa” da 600mila a 170mila, ecc.
Il giornale dunque non è più “la preghiera laica del mattino” (Hegel). Il disimpegno di FCA da Rcs (“Corriere della Sera”) è sintomatico in tal senso, va letto come una campana a martello: la grande industria non crede più nei giornali come strumento di comunicazione, per passare una visione del mondo, l'economia, la vita.
Già Sergio Marchionne mesi fa lo aveva annunciato: “Non leggo il Corriere...” (così è stato licenziato de Bortoli, che aveva dato del ”massone” e del “maleducato” a Renzi: l'editto bulgaro ha più versioni). L'amministratore delegato FCA ha capito che non servono a niente e a nessuno, pieni di sociologia come sono. E di baggianate, scritte sempre più nelle redazioni e sempre meno sugli scenari mondiali. Le vere notizie si leggono, e si riprendono dalle testate straniere. Per esempio che l'Italia è in guerra.
E' un'accusa sottintesa alla scarsa qualità del giornalismo d'oggi: i giornali non sono più buoni nemmeno come “taxi”, come li definiva Enrico Mattei da presidente dell'Eni negli anni Sessanta.
Le concentrazioni svelano la paura di crollare, di perdere il padrone, anche se sono vendute come un'idea per reggere la concorrenza. Fra “La Stampa” e “La Repubblica” è da leggere come la nascita del giornale del Partito della Nazione? L'authority non ha niente da eccepire dopo Mondadori più Rizzoli?
Intanto si continua fare i furbi, all'italiana: si gonfiano le tirature giusto per non far scappare gli inserzionisti rimasti (la corsa è verso il web, in crescita) e si continua a vivere con i contributi statali (con qualche eccezione, anche se all'italiana, escono con la pubblicità delle aziende pubbliche: se non è zuppa...). Si stampano copie e un certo numero forse non è manco immessa sul mercato, vanno direttamente al macero. Si fa confusione sul numero dei lettori “nel giorno medio”: pensano che una copia è letta da un minimo di 5 persone, ma come si fa a dirlo? Suggestioni.
Il governo ha appena fatto una legge che aiuta i cartacei a traslocare sul web in cambio di contributi e promette denaro in base alle copie vendute, agevolando così il gioco sulla tiratura, la diffusione, la resa, con controlli all'italiana.
Derubate di una stampa libera, le democrazie soffrono, si svuotano, come ha riflettuto tempo fa il Nobel per la pace Yunus (bengalese). Per non crollare i giornali si sono settimanalizzati, si occupano di cucina, calze nere, case di lusso su pagine e pagine: un tentativo maldestro di lottare contro la marginalità , l'eutanasia, il declino. Accelerati invece da un approccio dogmatico, una lettura militante del reale. Per P. Battista del “Corriere della Sera”, Grillo è uno stupido sol perché mangia l'insalata di tonno sulla Costa Smeralda. Per B. Severgnini (stessa testata), le ragazze che iniziano questo mestiere facendo ufficio stampa alle aziende, sono delle morte di fame se accettano qualche regalo. Giornalismo da stato etico.
La Consulta si dice preoccupata per l'arbitrarietà del Porcellum ieri e l'Italicum domani, ma i giornali ignorano tali richiami e se non dicessero due parole Rodotà e Zagrebelski nessuno se ne accorgerebbe. Attacca l'asino dove vuole padrone. La Rai è stata normalizzata. Renzi prima si offre agli Usa, col servilismo innato di noi italiani, per guidare la missione in Libia e oltreoceano applaudono, poi, in Italia, si dice contro la guerra e vuol passare da un Parlamento depauperato dei suoi poterei da troppi voti di fiducia, ridotto a club di bridge e canasta. Ma chi scrive queste cose? Meglio la velina quotidiana della ripartenza (gonfiando i dati per compiacere il manovratore) e del boom di posti di lavoro (precari a vita grazie anche alla formattazione dell'articolo 18).
Farli peggio è quasi impossibile. Il servilismo è devastante. Si accomodano le coperte al potere. Certi giorni su un giornale trovate anche 9-10 foto di Renzi. L'eutanasia incombe e i killer sono gli stessi giornalisti: cani da guardia del potere e lo strapotere di lobby e logge contro i cittadini, che vorrebbero, Costituzione alla mano, contare qualcosa (così la pensarono i padri costituenti). Un suicidio annunciato.
