Da Mussolini a Renzi, l'Italia repubblicana

di FRANCESCO GRECO — Ora che, alla deriva della Storia, viviamo come fantasmi sospesi in un presente dilatato, ectoplasmi perduti nel deserto della memoria, marionette disarticolate, cristallizzate in una dimensione in cui tutto è stato relativizzato.

Ora che la tv spazzatura ha depositato nel nostro cuore il guano del nichilismo, formattato ogni patrimonio del nostro dna e forse anche ogni virtù, privi di identità, annegata nel mare magnum della globalizzazione, è utile, urgente dare uno sguardo al passato: chi siamo, da dove veniamo.

Forse da questo postulato è partito Guido Crainz in “Storia della Repubblica” (L'Italia dalla Liberazione ad oggi), Donzelli Editore, Roma 2016, pp. 387, euro 27,00.

Un saggio che attingendo a una vasta bibliografia, disegna in modo disincantato il Paese degli ultimi 70 anni e che suggerisce all'italiano come ritrovare la sua linfa, le radici e forse riprendere in mano i suoi destini.

Lo sguardo di Crainz è polisemico, la contaminazione all inclusive, ed è lì la forza evocatrice del saggio. La tecnica ricca, pregna, magmatica. Il saggista friulano (già docente di Storia contemporanea all'Università di Teramo) infatti intreccia più livelli cognitivi e analitici: documenti d'archivio e cinema (”Fahrenheit 451”), musica (“Sarà una bella società/ fondata sulla libertà”, i Rocks), letteratura, arte, design. E le inchieste giornalistiche d'un tempo (dall'Europeo al Mondo), più ricche e articolate di quelle d'oggi, gravide di moralismo, scarse di antropologia.

Da Mussolini appeso a Piazzale Loreto (Milano), che suscita la pietas civica di Quasimodo e Ungaretti, all'Italia cinica, corrotta, impenitente, spietata, crepuscolare, elitaria di Renzi e il suo riformismo brutale e lacerante (per dirla con D'Alema). Passando dall'”Italia antropologicamente diversa” (il Mezzogiorno) al fallimento del “Piano Solo” del generale De Lorenzo, dall'autunno caldo alla fine delle “due Chiese”, dall'iconoclastia di Tangentopoli, pure inutile a modificare il sostrato sociologico dei politici come degli italiani (Crainz cita D'Azeglio) al terrore di Al Qaida del 2001 delle Torri Gemelle, scarnificato dalle parole di Jean Beaudrillard.

Un altro Paese rispetto a quello energico e ingenuo che rinacque dal fascismo, ricostruì le sue città e la sua identità e che fu capace del boom economico e del benessere per tutti.

Un saggio incalzante, buttato giù con la sapienza del cuore e l'amore per il Paese e i suoi inquilini. Da leggere avidamente per cercare di capire cosa siamo stati nel “secolo breve”, e pur immersi nella “fine della Storia” e in mille sfumature di declino, potremmo tornare a essere, ritrovando le “passioni di democrazia disperse o smarrite”. Se solo ci provassimo.      

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