LIBRI. L''Operazione salvataggio' di Giannella è a 'chiare lettere'
di LIVALCA - Quando ti imbatti in un libro con un fondo viola che reca in ultima di copertina una frase di Anna Frank : ‘ Non penso a tutta la miseria, ma alla bellezza che rimane’ è difficile pensare che quel colore sia una trovata del direttore editoriale e non una categorica esigenza, quasi un grido di dolore che la prima di copertina subito evidenzia: ‘OPERAZIONE SALVATAGGIO. Gli eroi sconosciuti che hanno salvato l’arte dalle guerre’(chiarelettere).
La memoria subito vola al film ‘Monuments men’ di George Clooney e nonostante l’aroma di un caffè, ormai.. svaporato, disturbi l’eccezionalità delle pregevole iniziativa, resta l’impegno di una cinematografia che, come auspica l’autore del volume Salvatore Giannella, potrebbe avere repliche in modo da dare spazio ai tanti eroi sconosciuti che ci ricordano una verità: i valorosi, se sono benestanti, ottengono con più agio gloria e notorietà, se invece sono solo .…tanti devono contentarsi dell’anonimato o sperare nel Giannella di turno che li strappi all’oblio.
Il giornalista Salvatore Giannella, nonostante sia stato direttore de l’Europeo, di Genius e di Airone ed abbia curato le pagine culturali di importanti settimanali italiani, resta sempre il giovane uomo che si è formato presso la famiglia de La Gazzetta del Mezzogiorno, quotidiano che esige e pretende gavetta, disponibilità e velocità : qualità che, unite alla giusta ‘grinta’, gli hanno consentito di trovare, scoprire, rinvenire, rintracciare e recuperare anche quello che la Storia vorrebbe dimenticare o far sparire. Con la precisione di un perfetto funzionario di un ufficio statistico ci fa sapere che 1653 pezzi pregiati, appartenenti alla nostra vena artistica, si trovano ancora all’estero e sono quelli sottratti dai nazisti nella seconda guerra mondiale. A questo punto come non ricordare le parole del Leone del PanshirMassud, comandante della resistenza afghana, che in un atto di estremo orgoglio lanciava un colto e disperato appello : ‘ Fate conoscere al mondo la nostra arte, conservatela in sicurezza. Gli afghani non sono soli i guerrieri che vi fa vedere la televisione’ (Ahmad Shah Massoud saltò in aria il 9 settembre - due giorni prima dell’attentato alle Torri Gemelle - per colpa di un video-registratore bomba che due terroristi di Al Qaeda, spacciatisi per giornalisti, gli avevano affidato. Da quel giorno il 9 settembre in Afghanistan è festa nazionale).
Giannella, infatti, pur partendo dalla seconda guerra mondiale e dalle razzie naziste non dimentica, nel suo libro, la guerra civile spagnola e i più recenti conflitti dell’ex Jugoslavia e dell’Afghanistan.
Giannella ci ricorda che gli americani appena sbarcati in Sicilia fecero entrare in azione un organismo che aveva il compito di salvare tutte le opere d’arte che erano ancora a ‘disposizione’ della furia nazista, ma furono soprintendenti, funzionari di ministero (in verità anche ministri che, in un impeto di sano nazionalismo, ritennero che le magnificenze, realizzate dalla creatività di insigni italiani, dovessero restare in Italia), professori e semplici cittadini che riuscirono nel miracolo, quel miracolo che da sempre è la nostra forza. Il giornalista fa il nome di quattro cavalieri senza paura, alcuni famosi, altri meno : Pasquale Rotondi, Emilio Lavagnino, Rodolfo Siviero, Giulio Carlo Argan.
Il titolo del libro ‘Operazione Salvataggio’ era il nome in codice con cui il soprintendente delle Marche Rotondi, su disposizione del ministro Bottai, mise in salvo 6509 capolavori, in un arco di tempo che va dal 1939 al 1944. Come ci narra Giannella, in una successione di colpi di scena da brivido - descritti con la semplicità di chi non nasconde il suo stupore e la sua accorata partecipazione allo scorrere degli eventi - che ti fanno tifare Italia a prescindere dalla casacca partitica indossata e ci fanno sentire tutti un novello generale Della Rovere. Pensate questo benemerito Pasquale Rotondi, originario di un paesino in prossimità di Frosinone, è morto a Roma il giorno di Capodanno del 1991 perché investito da una moto pirata e, se Giannella non fosse riuscito a scovare il suo diario, niente di tutto ciò sarebbe trapelato.
Il giornalista-detective Giannella, grazie anche al premio Rotondi da lui ideato e che viene assegnato dal 1997, ha potuto conoscere tanti altri eroi dal volto umano e dal cuore straordinario che hanno arricchito le sue conoscenze.
Nell’invitare i miei tantissimi Amici - quelli cui copiosamente regalo i miei libri con la speranza che diano almeno uno sguardo alla cucitura rigorosamente filorefe - ad acquistare il libro ed a leggerlo per sentirsi italiani fieri come quando vinciamo o pareggiamo con gli amici tedeschi giocando al calcio, compio solo un atto, per una volta, ‘artistico’.
Nel libro è riportato un inciso del prof. Antonio Paolucci, storico dell’arte di fama internazionale, già ministro dei Beni Culturali nel Governo Dini e attualmente direttore dei Musei vaticani, che ci racconta una verità scomoda che, oggi, alla luce di quello che sta succedendo in Europa e nel mondo ci lascia basiti, delusi e insoddisfatti.
“ Fra gli anni Settanta e Ottanta, pochi, in Italia e all’estero, avevano interesse ad aprire un duro contenzioso sulla parte residua, più controversa e complicata, del patrimonio artistico italiano disperso per cause belliche. La situazione politica internazionale, ancora attraversata dal muro di Berlino e condizionata dalla logica dei blocchi, rendeva inopportuna, se non addirittura impossibile, l’apertura di un negoziato a tutto campo che era facile prevedere particolarmente minuzioso e contrastato. In sostanza, avrà pensato qualcuno, dal momento che l’Italia aveva già ottenuto indietro, in applicazione del trattato di pace, la parte più ragguardevole del suo patrimonio culturale illecitamente trasferito, non era il caso di turbare gli equilibri e le convenzioni internazionali a tanti anni dalla fine della guerra, con atti di zelo eccessivo per il recupero della quota residua del patrimonio stesso. E’ molto verosimile che una riflessione del genere abbia trovato udienza nell’Italia di quegli anni, se si pensa al clima politico e, soprattutto, alla congiuntura internazionale”.
Queste le parole del prof. Paolucci che recentemente ha contestato duramente le scelte del ministro Franceschini con il famoso ‘STORICI SI, MANAGER NO’ e per rendere più evidente il dissenso ha tuonato ‘…con la scusa della spendingreview sono state proposte cose che potrebbero tradursi in una vera macelleria culturale’ (perché tirare in ballo sempre i miei eletti fratelli equini?).
E’ un libro che va letto perché non si può e non si deve raccontare; non avrò difficoltà a farlo leggere alle mie figlie, che leggono di tutto ad eccezione dei testi di un certo Levante, e al piccolo gruppo che mi segue da mezzo secolo. Io stesso dovrò rileggerlo perché sono rimasto turbato da una frase bellissima del gen. Clark : ‘ Fare la guerra in Italia è come combattere in un maledetto museo d’arte ’ ; un museo lasciato indifeso dai terremoti e da tutto quello che comporta una sana e sacrosanta prevenzione.
All’interno del libro vi è un ottavino a colori dedicato all’arte dell’Olocausto, di cui vi segnalo tre ‘perle’ animate : una litografia di Grune dal titolo ‘Solidarietà’, incisione che parla un linguaggio universale; uno sconvolgente, scioccante e sconcertante olio su tela di Balicki intitolato ‘Bambini nella camera a gas’, che è impossibile guardare per più di qualche secondo senza provare sentimenti di odio profondo verso coloro che hanno messo in atto simili crimini; un dipinto di Fishon ‘ Ragazzo ebreo con due filoni di pane’, che ci ricorda che i colori della vita da sempre sono esposti ad una dimensione psicologica e non è possibile percepire tutte le tonalità cromatiche se non vi è la chiarezza necessaria all’interno di ognuno di noi.
Il libro termina con un sintetico e pur completo medaglione di tutti i protagonisti, utile non solo ai giovani ma anche agli ‘anta’, i cui vuoti di memoria si devono allo spegnersi di semafori - i cari neuroni - che hanno bisogno di un sostegno luminoso per riattivare il ricordo.
Ultima annotazione: Giannella si lamenta che ignoti ladri hanno rubato il suo computer e l’hard disk in cui vi era il testo del libro, costringendolo ad una faticosissima riscrittura. Mario Cavalli, persona a me preziosa in tutti i sensi, avrebbe detto ‘ ogni impedimento è un giovamento’, nel senso che se la riscrittura avrà arricchito anche di un solo insignificante periodo il libro, vorrà dire che era una cosa sana, giusta e salutare.
Probabilmente al giornalista nato a Casaltrinità non basterà questo inciso per lenire il suo rammarico per il lavoro rifatto, come non è mai bastato in passato al figlio di Cavalli ricorrere a questo ‘impe-giova’ per proseguire, ma è stato utilissimo per abituarsi al ‘trotto’ per cui mi permetto di dedicare al collega Salvatore alcuni versi di Franco Battiato: Mr. Giannella non ho voglia di scherzare
Rimettiamoci la maglia i tempi stanno per cambiare
Sul ponte sventola bandiera bianca…
La memoria subito vola al film ‘Monuments men’ di George Clooney e nonostante l’aroma di un caffè, ormai.. svaporato, disturbi l’eccezionalità delle pregevole iniziativa, resta l’impegno di una cinematografia che, come auspica l’autore del volume Salvatore Giannella, potrebbe avere repliche in modo da dare spazio ai tanti eroi sconosciuti che ci ricordano una verità: i valorosi, se sono benestanti, ottengono con più agio gloria e notorietà, se invece sono solo .…tanti devono contentarsi dell’anonimato o sperare nel Giannella di turno che li strappi all’oblio.
Il giornalista Salvatore Giannella, nonostante sia stato direttore de l’Europeo, di Genius e di Airone ed abbia curato le pagine culturali di importanti settimanali italiani, resta sempre il giovane uomo che si è formato presso la famiglia de La Gazzetta del Mezzogiorno, quotidiano che esige e pretende gavetta, disponibilità e velocità : qualità che, unite alla giusta ‘grinta’, gli hanno consentito di trovare, scoprire, rinvenire, rintracciare e recuperare anche quello che la Storia vorrebbe dimenticare o far sparire. Con la precisione di un perfetto funzionario di un ufficio statistico ci fa sapere che 1653 pezzi pregiati, appartenenti alla nostra vena artistica, si trovano ancora all’estero e sono quelli sottratti dai nazisti nella seconda guerra mondiale. A questo punto come non ricordare le parole del Leone del PanshirMassud, comandante della resistenza afghana, che in un atto di estremo orgoglio lanciava un colto e disperato appello : ‘ Fate conoscere al mondo la nostra arte, conservatela in sicurezza. Gli afghani non sono soli i guerrieri che vi fa vedere la televisione’ (Ahmad Shah Massoud saltò in aria il 9 settembre - due giorni prima dell’attentato alle Torri Gemelle - per colpa di un video-registratore bomba che due terroristi di Al Qaeda, spacciatisi per giornalisti, gli avevano affidato. Da quel giorno il 9 settembre in Afghanistan è festa nazionale).
Giannella, infatti, pur partendo dalla seconda guerra mondiale e dalle razzie naziste non dimentica, nel suo libro, la guerra civile spagnola e i più recenti conflitti dell’ex Jugoslavia e dell’Afghanistan.
Giannella ci ricorda che gli americani appena sbarcati in Sicilia fecero entrare in azione un organismo che aveva il compito di salvare tutte le opere d’arte che erano ancora a ‘disposizione’ della furia nazista, ma furono soprintendenti, funzionari di ministero (in verità anche ministri che, in un impeto di sano nazionalismo, ritennero che le magnificenze, realizzate dalla creatività di insigni italiani, dovessero restare in Italia), professori e semplici cittadini che riuscirono nel miracolo, quel miracolo che da sempre è la nostra forza. Il giornalista fa il nome di quattro cavalieri senza paura, alcuni famosi, altri meno : Pasquale Rotondi, Emilio Lavagnino, Rodolfo Siviero, Giulio Carlo Argan.
Il titolo del libro ‘Operazione Salvataggio’ era il nome in codice con cui il soprintendente delle Marche Rotondi, su disposizione del ministro Bottai, mise in salvo 6509 capolavori, in un arco di tempo che va dal 1939 al 1944. Come ci narra Giannella, in una successione di colpi di scena da brivido - descritti con la semplicità di chi non nasconde il suo stupore e la sua accorata partecipazione allo scorrere degli eventi - che ti fanno tifare Italia a prescindere dalla casacca partitica indossata e ci fanno sentire tutti un novello generale Della Rovere. Pensate questo benemerito Pasquale Rotondi, originario di un paesino in prossimità di Frosinone, è morto a Roma il giorno di Capodanno del 1991 perché investito da una moto pirata e, se Giannella non fosse riuscito a scovare il suo diario, niente di tutto ciò sarebbe trapelato.
Il giornalista-detective Giannella, grazie anche al premio Rotondi da lui ideato e che viene assegnato dal 1997, ha potuto conoscere tanti altri eroi dal volto umano e dal cuore straordinario che hanno arricchito le sue conoscenze.
Nell’invitare i miei tantissimi Amici - quelli cui copiosamente regalo i miei libri con la speranza che diano almeno uno sguardo alla cucitura rigorosamente filorefe - ad acquistare il libro ed a leggerlo per sentirsi italiani fieri come quando vinciamo o pareggiamo con gli amici tedeschi giocando al calcio, compio solo un atto, per una volta, ‘artistico’.
Nel libro è riportato un inciso del prof. Antonio Paolucci, storico dell’arte di fama internazionale, già ministro dei Beni Culturali nel Governo Dini e attualmente direttore dei Musei vaticani, che ci racconta una verità scomoda che, oggi, alla luce di quello che sta succedendo in Europa e nel mondo ci lascia basiti, delusi e insoddisfatti.
“ Fra gli anni Settanta e Ottanta, pochi, in Italia e all’estero, avevano interesse ad aprire un duro contenzioso sulla parte residua, più controversa e complicata, del patrimonio artistico italiano disperso per cause belliche. La situazione politica internazionale, ancora attraversata dal muro di Berlino e condizionata dalla logica dei blocchi, rendeva inopportuna, se non addirittura impossibile, l’apertura di un negoziato a tutto campo che era facile prevedere particolarmente minuzioso e contrastato. In sostanza, avrà pensato qualcuno, dal momento che l’Italia aveva già ottenuto indietro, in applicazione del trattato di pace, la parte più ragguardevole del suo patrimonio culturale illecitamente trasferito, non era il caso di turbare gli equilibri e le convenzioni internazionali a tanti anni dalla fine della guerra, con atti di zelo eccessivo per il recupero della quota residua del patrimonio stesso. E’ molto verosimile che una riflessione del genere abbia trovato udienza nell’Italia di quegli anni, se si pensa al clima politico e, soprattutto, alla congiuntura internazionale”.
Queste le parole del prof. Paolucci che recentemente ha contestato duramente le scelte del ministro Franceschini con il famoso ‘STORICI SI, MANAGER NO’ e per rendere più evidente il dissenso ha tuonato ‘…con la scusa della spendingreview sono state proposte cose che potrebbero tradursi in una vera macelleria culturale’ (perché tirare in ballo sempre i miei eletti fratelli equini?).
E’ un libro che va letto perché non si può e non si deve raccontare; non avrò difficoltà a farlo leggere alle mie figlie, che leggono di tutto ad eccezione dei testi di un certo Levante, e al piccolo gruppo che mi segue da mezzo secolo. Io stesso dovrò rileggerlo perché sono rimasto turbato da una frase bellissima del gen. Clark : ‘ Fare la guerra in Italia è come combattere in un maledetto museo d’arte ’ ; un museo lasciato indifeso dai terremoti e da tutto quello che comporta una sana e sacrosanta prevenzione.
All’interno del libro vi è un ottavino a colori dedicato all’arte dell’Olocausto, di cui vi segnalo tre ‘perle’ animate : una litografia di Grune dal titolo ‘Solidarietà’, incisione che parla un linguaggio universale; uno sconvolgente, scioccante e sconcertante olio su tela di Balicki intitolato ‘Bambini nella camera a gas’, che è impossibile guardare per più di qualche secondo senza provare sentimenti di odio profondo verso coloro che hanno messo in atto simili crimini; un dipinto di Fishon ‘ Ragazzo ebreo con due filoni di pane’, che ci ricorda che i colori della vita da sempre sono esposti ad una dimensione psicologica e non è possibile percepire tutte le tonalità cromatiche se non vi è la chiarezza necessaria all’interno di ognuno di noi.
Il libro termina con un sintetico e pur completo medaglione di tutti i protagonisti, utile non solo ai giovani ma anche agli ‘anta’, i cui vuoti di memoria si devono allo spegnersi di semafori - i cari neuroni - che hanno bisogno di un sostegno luminoso per riattivare il ricordo.
Ultima annotazione: Giannella si lamenta che ignoti ladri hanno rubato il suo computer e l’hard disk in cui vi era il testo del libro, costringendolo ad una faticosissima riscrittura. Mario Cavalli, persona a me preziosa in tutti i sensi, avrebbe detto ‘ ogni impedimento è un giovamento’, nel senso che se la riscrittura avrà arricchito anche di un solo insignificante periodo il libro, vorrà dire che era una cosa sana, giusta e salutare.
Probabilmente al giornalista nato a Casaltrinità non basterà questo inciso per lenire il suo rammarico per il lavoro rifatto, come non è mai bastato in passato al figlio di Cavalli ricorrere a questo ‘impe-giova’ per proseguire, ma è stato utilissimo per abituarsi al ‘trotto’ per cui mi permetto di dedicare al collega Salvatore alcuni versi di Franco Battiato: Mr. Giannella non ho voglia di scherzare
Rimettiamoci la maglia i tempi stanno per cambiare
Sul ponte sventola bandiera bianca…