LIBRI. 'Apologia del duello', e degli uomini coraggiosi

di FRANCESCO GRECO - Cenavo al Cafè de Paris, di fronte al Marchese di Monpavon (…) Un signore entrò: “Oh!”, fece, stringendo la mano del marchese, “siete, come vedo, così come la signora, in cattiva compagnia”. Mi alzai e lo schiaffeggiai.

Non ci sono più i bei duelli del tempo andato. Forse perché non ci sono più gli uomini di una volta. Oggi tutto declina nel volgare, la bruttezza, l'approssimato, il dozzinale: la bellezza è stata sgominata e la tv è il santuario ignobile dove è molestata, dove avviene quotidianamente lo stupro. Vivessero D'Annunzio, Oscar Wilde, Eduardo De Filippo, ne sarebbero enormemente disgustati.

Oggi il poeta russo Puskin che muore per difendere l'onore della moglie lascerebbe indifferente anche Dagospia. Il deputato Felice Cavallotti ucciso (marzo 1898) dalla spada del conte Macola al 33mo duello, susciterebbe lo sbadiglio dei mediocri che si sono presi tutto, l'etica e l'estetica. E dove lo trovi fra quelli che emanano suoni gutturali nei talk un filosofo come Benedetto Croce che pugna con il duca d'Andria per difendere il suo pensiero, la nobiltà ontologica?

L'Occidente, la sua etica privata e pubblica, è pregna di vigliaccheria, impera il darwinismo sociale più rozzo, e più sozzo, il coraggio è cosa rara, dileggiato, la furbizia levantina invidiata, la scorrettezza sottintesa un valore, il tradimento del senso premiato, lo spirito accoltellato senza requie.
Al massimo del coraggio ci inventiamo un profilo social fasullo e su Facebook scortichiamo dal tinello di casa nostra.

Eppure possiamo affermare che la storia del duello (“una delle più belle e appassionanti gare sportive al mondo”, “gesto atavico, primitivo”) si trasfigura nella storia dell'uomo e dell'umanità.

Da Atene a Sparta, Spartacus e i gladiatori, tutto è duello. Con gli altri e noi stessi. Da bambini al catechismo ci spiegarono la lotta eterna fra le forze del bene e del male, gli angeli e i dèmoni. Al cinema il duello era da mezzogiorno di fuoco, i primi piani dei pistoleri, la musica di Ennio Morricone.

Oggi il duello è meno plateale, a tratti infido e sleale: sono i tempi che viviamo tormentati e confusi a dettare forme inedite di duelli dal codice semantico mutato. Non all'alba nella brughiera, ma in politica, nel partito, in Borsa, in carriera, in guerra, contro terribili patologie, accaparrarsi un parcheggio: è un continuo duellare.

Nella sua ricca valenza polisemica, nel 1914 fu studiato dal dandy francese Marcel Boulenger, quando, usciti dal Romaticismo, ci si tuffò nella Belle Epòque e i duelli andavano forte. Stranamente in questo secolo di orrori il saggio è stato soffocato dalla damnatio memorie.

A disseppellirlo ci ha pensato Alex Pietrogiacomi ("Semplice, elegante" e "Trattato della vita elegante"), raffinata la sua curatela, brillante la nota introduttiva.

“Apologia del duello”, Stilemaschile editore, Roma 2017, pp. 100, euro 15,00, l'introduzione di Didier Dantal, con uno scritto inedito e fascinoso di Ivano Comi, la grafica di Massimo Stasi e l'ottima traduzione di Simona Malesci Turchet (dal 16 giugno disponibile su www.stilemaschile.it).

Il concetto è affrontato con lo stile del pamphlet e del divertissment, scansionato in ogni aspetto: storico, culturale, antropologico, estetico, etico, i luoghi comuni, la ritualità, la sua metafisica, la maieutica, ecc.

Fu la fissazione della nobiltà, tant'è che dal 1589 al 1606 oltre settemila aristocratici rimasero a terra. Sbaglia però chi crede che sia una propensione maschile per difendere l'onore: all'inizio dell'altro secolo, a Buenos Aires due dame incrociarono le lame per amore di un politico. Beate loro che ne trovarono uno degno: qui se li filano soltanto Bruno Vespa e la Gruber tanto la figura è degradata e le lame andrebbero semmai incrociate contro di loro.

Il Medioevo è pieno di duelli (l'archetipo D'Artagnan e i Cavalieri), ma anche dopo: tanto che Luigi XIII li proibì, col risultato di farli crescere di numero. Il nostro mondo “senza spirito, carne del tempo” li ha esorcizzati: si preferisce belare in tv o sui blog, minacciare querele che non arrivano quasi mai.

E invece un bel duello all'alba, a Villa Borghese, fra la Boschi e De Bortoli, sarebbe più eccitante. In un paese a crescita zero, le finestre che affacciano su Trinità dei Monti sarebbero vendute a peso d'oro. E se non volete impugnare la spada per l'onore, ormai decaduto, fatelo almeno per il pil e per la patria. Signori, in guardia!

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