Quel maestro di stile Knut Hamsun

di FRANCESCO GRECO - Chissà perché, molti grandi la critica li mette a destra. Anche oggi che le categorie destra-sinistra sono state destrutturate dall’interno e relativizzate. Oggi che lo sguardo dovrebbe essere più oggettivo e attento alla qualità letteraria più che alla biografia e ai suoi default, da cui non si può far dipendere ogni giudizio su un autore. Ma la critica militante finge di non lo saperlo e pretende un rigore tranchant fuori tempo, non adeguando i suoi parametri, rinnovandoli.
 
E così di destra continuano a essere spacciati Ezra Pound e Jhon Steinbeck, Faulkner, Céline, Cioran, persino Salinger. E, ovvio, il norvegese Knut Hamsun (Premio Nobel 1920), benché sdoganato da Hemingway ieri e Isaac B. Singer oggi, intendendo con ciò un oggettivo debito di riconoscenza al maestro di stile, divenuto un cult.
 
Ebbe l’infelice idea di farsi sedurre dal verbo del III Reich (ma in buona compagnia), la negazione dei Lumi, l’aborto dell’Illuminismo, come se Hitler potesse dare una risposta alla disperazione dell’europeo medio (lo scrittore era di origini modestissime) all’indomani della disfatta della Grande Guerra.

Ma non sempre opera e vita sono interdipendenti, anzi, spesso si intrecciano e fra l’una e l’altra corrono fiumi carsici contaminati, e a volte prevale una sorta di schizofrenia irrazionale.
 
Insomma, se si ha la pazienza zen di leggerlo fingendo di ignorare la caduta, di separare i due livelli, di coglierne l’angoscia e l’ironia, si godrà in tutta libertà di opere come “La Regina di Saba”, Iperborea, Milano 2017, pp. 60, euro 15,00, collana “LUCI”, postfazione di Goffredo Fofi, che delinea – per chi non ne sappia nulla - lo scrittore “sregolato ribelle, borghese anti-borghese”, nel cuore di una “natura mai pienamente domata” (il paesaggio scandinavo con le sue stagioni ben delineate).
 
In questo romanzo breve, o racconto lungo, c’è tutta la poetica di Hamsun il nichilista, il disincantato, il solitario on the road: topoi letterari poi percorsi da altri in epoche successive (basti pensare a Jack Kerouac).

Ma c’è anche una lezione di stile che consiste nel narrare quasi senza aggettivi che, da contemporaneo, Hemingway sublimerà in tutta la sua opera.
 
E dunque, l’io-narrante si mette in viaggio, in cerca di cosa manco lui lo sa. Finisce in Svezia e lo sguardo di una donna da una finestra lo seduce, è colmo di promesse. Solo che la vita della mente, l’immaginazione, corre separata da quella reale, non ci sono punti di contatto e sovrapposizione, e allora si ritrova a inseguire la Regina di Saba, che una notte in una locanda gli ha ceduto il letto, ma la realtà (inclusa quella politica) non è mai quella che appare e quando la ritroverà, dopo aver preso treni e pagato tanti supplementi, trafficato con anticaglie, sarà amaro scoprire che le donne…
 
Curiosità socio-antropologica: norvegesi e svedesi sottilmente si detestano, da Kalmar a Stoccolma.

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