Storia: sotto i ponti la nascita di Roma

di FRANCESCO GRECO - Quando attraversate un ponte a Roma, fermatevi un attimo a riflettere: e se la Città Eterna fosse nata proprio attorno a quelle campate, magari sull'Isola Tiberina? Se la leggenda metropolitana di Romolo e Remo e il solco tracciato con l'aratro fosse uno storytelling a uso e consumo del popolo o quanto meno una componente del complesso puzzle?

Magari si può buttra lì un'ipotesi: se un pastore intelligente e scaltro (etrusco) avesse ricoverato il gregge in una corte e si fosse messo a incassare il balzello da versare per attraversarlo, diventando così un ricco imprenditore?
 
Ma per spiegare la nascita della Città Eterna, anche la filologia è utile, frugare nell'etimologia di pontifex, per esempio, ma anche di Roma, ammantate di una ricca semantica.
 
Dopo 28 secoli, da Numa Pompilio a Virginia Raggi, il mistero è sempre attuale: come nacque Roma l'immortale? Dove e chi la fondò? Tre millenni non sono bastati a dire una parola definitiva, magari ne servirvanno altri tre....
 
Bypassando la leggenda (Romolo, Remo e la Lupa, comune grosso modo ad altre città e civiltà del pianeta), relativizzando personaggi pure nei nosstri libri di Storia (Orazio Coclite e Muzio Scevola, per dire, magari inventati dalla propaganda imperiale, che poteva contare su storici di rango, e cloni degli eroi omerici) si apre così un ventaglio di ipotesi che qualcuno considererà più o meno alla stregua di eresie.
 
Esposte da Giulio Caporali (un ingegnere toscano) in “Uno sguardo dai ponti”  (La vera storia della nascita e dello sviluppo di Roma), Iacobelli Editore, Roma 2017, pp. 184, euro 18,00 (“Giude” 15), a cura di Amedeo Vitale, con un supporto fotografico (50 illustrazioni) molto evocativo.
 
Le tesi dello studioso sono puntellate da riscontri oggettivi: bibliografici, paesaggistici, monumentali, architettonici, lessicali e se vogliamo anche orali. Fusi in un unicum che formula supposizioni attendibili, anche perchè attingono a una vasta produzione degli storici d'ogni epoca, incrociati fra di loro e proposti con la forza degli argomenti e la razionalità della dialettica.
 
Da Strabone a Plutarco, da Livio a Dionigi e Plinio, passando per Cesare e Varrone, fino a Mommsen, D'Onofrio e Pallottino, Caporali estrapola dall'opera di tutti e costruisce questo saggio incalzante e  ricco di intuizioni e connessioni come una spy-story. Di cui solo alla fine si conosce l'assassino.

Cioè, chi, dove, come, quando e perché fondò l'Urbe, che nonostante i numerosi “sacchi”: da Lars Porsenna che comunque non la saccheggiò alla “Città aperta” del 1944, sino al “sacco” fatto in nome dell'ideologia. Mentre sullo sfondo, minaccioso, il sogno degli Arabi da Lepanto ai giorni nostri: islamizzarla.   

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