9 aprile 1945, il Charles Henderson esplode nel porto di Bari


di NICOLA ZUCCARO - Bari, lunedì 9 aprile 1945. Sono da poco passate le 11.57 quando una soleggiata mattinata primaverile viene improvvisamente oscurata, a 2 anni di distanza dal bombardamento del 2 dicembre 1943, dal suo secondo disastro bellico avente come epicentro il proprio porto. Alla banchina n.14, il piroscafo nordamericano Charles Henderson improvvisamente salta in aria, provocando 317 morti, di cui 142 dispersi e un centinaio di vittime identificate attraverso i corpi dei militari americani e dei civili italiani, la gran parte dei quali erano lavoratori portuali.

Migliaia i feriti, in maggioranza prontamente ricoverati presso l'Ospedale Consorziale "San Pietro" e tutti gli altri in alcuni ospedali della Provincia. A 16 giorni di distanza da quel 25 aprile (data della Liberazione dell'Italia dal Nazifascismo), Bari ripiombò nell'emergenza bellica, con 937 famiglie residenti nel vicino centro storico costrette a lasciare la propria abitazione per l'inagibilità della stessa. La macchina comunale dei soccorsi si mise subito in moto, con la requisizione di alcune scuole adibite a momentanea dimora per gli sfollati e a temporaneo obitorio per il riconoscimento delle vittime.

Sulle cause della tragedia calò immediatamente il segreto (imposto di persona da Winston Churchill), ma per il colonnello inglese Lee - comandante da 2 mesi del porto di Bari e requisito dalle truppe di sua Maestà britannica l'11 settembre 1943 (data di arrivo nel capoluogo pugliese), si sarebbe potuto trattare di un sabotaggio operato dai Servizi segreti facenti capo alla Repubblica Sociale di Salò.

Il piroscafo Charles Henderson come la "John Harvey" avrebbe potuto contenere dei potenti aggressivi chimici da utilizzare per degli imminenti attacchi da parte degli anglo-americani nel Nord Italia. A 73 anni, questa resta l'ipotesi maggiormente accreditata di una strage dimenticata nella relativa commemorazione da parte dell'Amministrazione Comunale di Bari.