Libri: quell’Islam 'illuminato' di Averroè

di FRANCESCO GRECO - E se gli Arabi rileggessero Averroè, e magari anche Avicenna? La sua idea di Islam “illuminato”, che teorizzò ben prima dei nostri Lumi, in Oriente passò quasi inosservata, ma oggi potrebbe essere utile per uscire una volta per tutte dal Medioevo del fondamentalismo e dai suoi estremismi, dopo il fallimento delle “primavere arabe” (che in Siria, Egitto e Marocco si richiamavano apertamente al pensatore) e la deriva terrorista, nelle sabbie del deserto ed extra moenia. Potrebbe ridare linfa a una civiltà esausta, sfatta, priva di un qualche futuro.
 
Se è vero, come dice Tahar ben Jelloun, che “l’Islam non dice di uccidere, né di suicidarsi”, il pensiero abbacinante del grande filosofo, che visse anche in Europa (Cordova), “infiammò i dibattiti filosofici e teologici nelle capitali della cultura europea, come Parigi, Oxford, Padova e Bologna”. E comunque già al suo tempo subì boicottaggi, costretto a vivere in grandi difficoltà, subì un processo per empietà e fu condannato all’esilio. Il suo speculare potrebbe dare un input per laicizzare una società immobile, cristallizzata in un misticismo privo di dialettica, ormai decadente.
 
L’occasione è data dal bel saggio di Matteo Di Giovanni, “Averroè”, Editore Carocci, Roma 2017, pp. 282, euro 19,00, collana “Pensatori”, in cui si espone il suo pensiero e la sua opera partendo dalla rilettura di un aristotelismo “maturo e raffinato”.
Di cui il primo approccio svela la sconcertante modernità, anche a distanza di otto secoli. Il che pone sotto una luce particolare Averroè, nel senso che il suo pensiero è stato rimosso, o quasi, anche dall’Occidente.
 
Attenzione: da “spirito aperto e franco”, da “esegeta di Aristotele”, influenzò il pensiero nell’Occidente cristiano, come di quello ebraico, ma sbaglierebbe chi cercasse in questo saggio un laicismo ontologico che al contrario, in alcuni snodi della vasta opera, suggerisce “un metodo straordinario per dimostrare l’esistenza di Dio”.
 
Ma è un Dio tollerante, benevolo, rimasto quasi estraneo ai destini del mondo e dell’uomo. Per cui ancora utile alla causa della sua riappacificazione e convivenza, per la destrutturazione di una infinita diaspora.
 
Questo saggio brillante, e anche divulgativo, può essere un punto di partenza per una rilettura forse utile anche a noi, Occidente disincantato, agnostico e secolarizzato, come ai musulmani immobili nelle sabbie mobili di una teocrazia superata, comunque priva di un qualche orizzonte che conduca a un’idea pur vaga di modernità o, per dirla con Averroè, a una nuova alba di progresso civile e scientifico.   





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