di VITTORIO POLITO – In questi giorni si celebra a Taranto San Cataldo, nato a Munster (Irlanda) all’inizio del VII secolo e, dopo essere stato monaco e abate del Monastero di Lismore, divenne vescovo di Rachau. Durante un pellegrinaggio in Terra Santa, morì a Taranto, ove fu sepolto nella Cattedrale. Nel 1094, in occasione della ricostruzione dell’edificio, distrutto dai saraceni, fu ritrovato il corpo ed i tarantini lo considerarono loro vescovo.
Il 10 maggio è infatti il giorno in cui la Chiesa universale ricorda San Cataldo di Rachau, vescovo irlandese, è caro alla Puglia tanto da diventare non soltanto il Santo Patrono di Taranto, ma anche di Corato (BA).
Gaetano Bucci, scrittore e docente di Lettere a Corato, pubblicò qualche anno fa il volume “Alla San Cathal” (Edizioni Tipolito Martinelli s.n.c. Corato), nel quale descrive la vita del Santo venuto dall’Irlanda a Taranto, tra storia e leggenda, e la sua “elezione” anche a protettore della città di Corato col sostegno dei Frati francescani. Viene anche presentato il fascino della Grande Festa in suo onore in prosa, per immagini e in poesia.
San Cataldo è, come pochi, un Santo che incanta e affascina, sia per aver migrato ed essersi spostato in terre lontane, che per aver rappresentato con la sua vita di monaco, di pellegrino e di evangelizzatore un antesignano del cristiano che vive alla ricerca della fede e della sua testimonianza.
La “magnificenza” della figura del Santo definì e accompagnò il suo culto sin dalle origini. Dopo l’anno Mille, lentamente, si iniziò a venerare San Cataldo in alcune città rivierasche del sud Italia (Taranto, Barletta, Catania, Palermo e lungo le coste della Campania, fino a giungere al nord Italia (Supino e Verona).
L’autore passa in rassegna la storia e le leggende popolari. Il nome del Santo, che rappresenta un “nodo” mai veramente sciolto a causa della incertezza del nome originario “Cathal”, che pare derivare dal nome irlandese “Cathail” che significava “forte in guerra”. Da quest’ultimo nome, deriverebbe il cognome di “Cahill”, diffuso sia in Irlanda che negli Stati Uniti d’America. Nella “vicenda agiografica” del Santo il nome di riferimento diviene “Cathaldus o Cataldus”, da cui è poi derivato il nome “volgare” o “italianizzato” di Cataldo.
Nel volume vengono descritti il tempo, i luoghi, l’origine irlandese del Santo, il viaggio in Terra Santa, l’arrivo a Taranto, la predicazione e i miracoli. Viene ricordata l’origine del culto di San Cataldo a Corato e la eredità del Francescanesimo. Inoltre, si parla della Festa Grande di San Cataldo a Corato che è frutto di una lunga e complessa gestazione nella quale vi sono tracce bizantine, spagnole e barocche. Anche le feste dedicate a San Cataldo in Italia e all’estero vengono ricordate, compresa quella dei coratini a Torino che è stata la città che ha registrato il maggior numero degli emigranti di Corato, i quali sono riusciti non solo a darsi grande dignità e prospettiva, ma anche a mantenere e rinsaldare i legami con la città di origine.
L’autore ha anche inserito 60 sonetti in dialetto coratino “Le senett”, nel desiderio di recuperare e conservare l’anima più genuina e popolare del culto e della festa di San Cataldo a Corato (10 maggio), oltre al dialetto. Il numero dei sonetti, che rappresentano presumibilmente gli anni di vita del Santo, ripercorrono in una sorta di ‘saga paesana’, tutti i contenuti, le tradizioni e le storie più direttamente legate al Santo protettore di Corato ed al suo culto, richiamando momenti di storia della stessa città . La trascrizione in italiano dei sonetti allarga la fruizione degli stessi, anche se la resa, sul piano linguistico-espressivo e su quello ritmico-fonetico non è la stessa cosa. Alcuni sonetti sono stati tradotti in inglese, in segno di omaggio all’Irlanda ed alla città di Lismore, anche in considerazione del carattere europeo ante-litteram e trans-nazionale di San Cataldo.
A Corato, San Cataldo pellegrino e santo predicatore, assume anche il significato di “protettore della comunità ”, soprattutto per i disastri naturali e le disgrazie collettive che la città ha subito nel passato.
Una ricca iconografia a colori e b/n, con le immagini del Santo, con la preziosa statua in argento, e di varie manifestazioni e una nutrita bibliografia, completano l’interessante volume finalizzato a soddisfare non solo le esigenze dei devoti di San Cataldo, degli abitanti di Corato e di Taranto, ma anche quelle degli studiosi e dei cultori della materia.
La copertina è del prof. Francesco Granito.