Libri: il ruolo socio-culturale degli ebrei nell'Italia medievale


di PIERO LADISA – “Gli ebrei nell’Italia medievale” (2018, pp. 267, € 24) è l’ultima opera del professore Giacomo Todeschini edita da Carocci. 

L’autore, già docente di Storia medievale presso l’Università degli Studi di Trieste, analizza, come viene appunto descritto nel titolo del testo, la popolazione ebraica, presente nella nostra penisola già da tempi antichi, nelle sue svariate sfaccettature nel periodo storico compreso tra IV e XV secolo. 

Nei nove capitoli che compongono l’opera sono diversi gli aspetti socio-culturali e professionali riguardanti gli ebrei, descritti con specificità dettagliate e supportate da una variegata bibliografia, che evidenziando la loro interazione su diversi campi con la popolazione italiana cristiana.

INTERVISTA ALL'AUTORE

D. Come mai ha deciso di pubblicare una nuova opera sugli ebrei?
R. «L'ultima opera di sintesi sugli ebrei italiani nella storia d'Italia o sugli ebrei italiani come parte della storia d'Italia risale al 1963 (Attilio Milano, Storia degli Ebrei in Italia). Poiché negli ultimi quarant'anni mi sono spesso occupato di storia ebraica, mi è parso giusto pervenire a una sintesi come del resto mi era stato domandato dall'Editore».

D. Come è nata questa idea editoriale?
R. «Si è dunque pensato insieme con l'editore Carocci che vi fosse posto per una storia degli ebrei italiani suddivisa in quattro volumi, è uscito quello riguardante la storia moderna (Marina Caffiero) e ora, quello scritto da me, sul periodo medievale. Sono attesi quello sull'Italia romana (Giancarlo Lacerenza) e contemporanea (Guri Schwarz)». 

D. Dei vari temi trattati all'interno del testo, quale ha richiesto un maggior approfondimento, specialmente con le fonti?
R. «Senz'altro l'epoca detta alto-medievale (secoli quarto-decimo): per la scarsità di documentazione ma anche per l'ambiguità della documentazione rimasta, una scarsità e un'ambiguità spesso liquidate, a torto, dagli storici come prova dell'assenza o dell'insignificanza della presenza ebraica in Italia prima del dodicesimo secolo. In realtà tanto quello che queste fonti dicono quanto ciò che esse non dicono dimostra con chiarezza che la presenza ebraica in Italia fu continua e diffusa e, a lungo, non problematica. L'atteggiamento diverso delle fonti del Nord o del Sud riguardo alla presenza ebraica più che dimostrare la diversa importanza della popolazione ebraica al Sud o al Nord dipende piuttosto dalla diversa conformazione politica dei poteri che producevano la documentazione che ci rimane. Gli storici, in passato, hanno spesso confuso la diversa consistenza di questa documentazione (derivante da diverse abitudini scrittorie dei poteri cristiani) con un'oggettiva diversità della presenza ebraica nel Nord e nel Sud d'Italia».


D. Tra le varie popolazioni che hanno abitato l’Italia medievale, quella ebraica è stata una delle più influenti sotto il profilo sociale e culturale?
R. «Non direi. Piuttosto la presenza ebraica in Italia, sistematica e ininterrotta dall'epoca romana in avanti dimostra che l'Italia ha avuto per un lungo tratto di secoli un carattere multiculturale, che questa molteplicità identitaria era accettata come naturale e che solo tardivamente, dal Quattrocento, la pluralità dei modi di essere italiani è stata messa in discussione per ragioni essenzialmente politico-economiche, ossia in occasione del definirsi sempre più chiaro di realtà statali italiane omogenee dal punto di vista tanto politico quanto religioso, e sempre più centralizzate e oligarchiche».

D. La storiografia ha spesso sottolineato l’operato negativo degli ebrei, additati come specialisti del prestito a interesse e usurai pubblici. Si tratta forse di visione un po’ troppo distorta di questa popolazione, in quel determinato e preciso periodo storico?
R. «Da tempo, ma soprattutto negli ultimi dieci anni, lo stereotipo degli ebrei come specialisti dell'usura è entrato in crisi: si è facilmente dimostrato che gli ebrei italiani erano attivi in molti campi economici diversi (agricoltura, artigianato, commercio, professioni liberali come la medicina, eccetera). L'attività di prestito a interesse al consumo ossia rivolta a gente di ceto medio-basso, era praticata da alcuni ebrei come del resto da alcuni cristiani, si trattò tuttavia di un'attività di importanza relativa nell'ambito di quella che fu la vicenda dello sviluppo economico italiano fra medioevo ed età moderna; non c'è infatti alcun dubbio sul fatto che il monopolio dell'attività finanziaria e creditizia in Italia, fra Due e Cinquecento, fu totalmente nelle mani di alcune grandi famiglie imprenditoriali cristiane specializzate in campo bancario. Fra di esse spicca fra le altre ed è assai nota la famiglia fiorentina dei Medici».

D. Nuovi progetti editoriali? 
R.  «Sto lavorando a una storia del pensiero economico europeo che restituisca alle elaborazioni cristiane medievali tutto il peso che in effetti esse ebbero nel definirsi della razionalità economica moderna: l'obiettivo è mostrare quanto di "medievale" esista ancora oggi nel nostro modo di ragionare economico e quanto la teologia morale originatasi nel medioevo abbia influenzato il pensiero economico in apparenza puramente "scientifico" degli economisti».

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