"Italia in Europa est", torna il fascino del Latinorum
di FRANCESCO GRECO -
Ai più è parso il frutto di un colpo di sole. Agli altri, una provocazione di annoiati, stravaganti intellettuali di provincia che cercano scampo dall’afa tra un vernissàge di pittori della domenica e un reading di poeti che strologano contro la maledetta xylella.
“Cicero hac Cato in Foro”.
Carmelo Anastasio vive a Salve (da Salvius, centurione romano), è un prof. di Latino e Greco appena andato in pensione, e la scuola gli manca da morire, perché i suoi 40 anni di insegnamento vissuti come una mission.
Un corso di Latino (e conoscenza della cultura latina) per grandi e piccini, colti e meno ferrati, casalinghe disperate e millenials.
Incredibile ma vero: l’idea ha avuto successo, fatto proseliti e nel cuore torrido dell’estate salentina stordita dalla movida dei tarantati ha trovato 28 persone di buona volontà, di ogni età, ceto sociale e culturale (“Insegnanti in pensione, professionisti che non lo hanno studiato perché non era nel loro corso di studi, ecc.” dice il prof.), desiderose di apprendere la lingua di Cicerone e Giovenale, Ennio da Rudiae e Tito Livio, misurarsi con le declinazioni, le coniugazioni, cimentarsi con le traduzioni dall’”Ars Amandi” (Catullo) che magari serve a vedersela con le ragazze social e toste d’oggi e le “Georgiche” (Virgilio) per trovarci sottotraccia un’idea per lottare contro la schifosa sputacchina.
Nel 2771 “Ab Urbe Condita” torna alla grande l’interesse, il fascino immortale del Latinorum, lingua madre troppo frettolosamente data per “morta” negli ultimi 50 anni: il processo relativista iniziò nel ’68 e dintorni, che spazzò via tutto, anche quello che magari si poteva conservare a vantaggio di tutti noi. Ma tant’è, chi ha trovato un prete che gli spiegasse un po’ di la sintassi se l’è cavata, ma ormai il danno è fatto: alcune generazioni sono cresciute senza imparare a declinare rosa, rosae né sapere a quale coniugazione appartiene un verbo. Anastasio suggerisce il mainstream: “La mia pretesa è di recuperare regole e costrutti di questa lingua, alla base della lingue neo-latine, fra cui l’italiano colto e parlato”. “Ivi telli dei Romani sono belli”.
In autunno, quando il corso avrà inizio, il prof. userà il metodo di Hans Henning Ørberg, dal nome del linguista e latinista danese (1920-2010) che visse tutta la vita nell’amata Copenaghen dedicandosi all’insegnamento. Saranno usati i suoi testi (fra cui “Familia Romana”). L’erudito nordeuropeo è infatti considerato un teorico del cosiddetto “apprendimento naturale”, un metodo originale che consiste nel riprodurre le condizioni di un tempo storico: in pratica, è come se una persona di oggi si trovasse fra gli antichi Romani in tunica e gladio, cacciagione da cucinare e bevande da preparare, tributi da pagare, riti sacri e sacrifici agli dei da celebrare e dovesse gestirsi, sopravvivere, insomma, cavarsela senza tanti danni a se stessi, e all’Urbe.
“Ci immergeremo nella cultura del mondo romano - aggiunge il prof. – studieremo la struttura della lingua, l’arte, la filosofia, la religione, la retorica, la poesia…“. Bel programma, non c’è che dire. Se il risveglio di interesse per i tempi di Cesare e Adriano, Cicerone e Svetonio, le commedie latine, gli epigrammi al vetriolo di Marziale sia un fatto episodico e limitato al Sud, o se è più diffuso e diventerà un trend oggi non lo si può dire. Si può azzardare, però, senza fare sociologia da bancarella, che forse è un recupero del passato, legato a un fatto identitario, in antitesi alla vacuità e volgarità dei tempi del byte e delle fake news, in contrasto, anche inconscio, alla globalizzazione massificante che pialla le diversità e tutto omologa.
Un fatto è certo: nel tertio millenium adveniente, Orazio e Ovidio e tornano a vivere, e forse a renderci migliori, fare più intensa e bella la nostra vita. Sembra quasi di invertire il detto “Primum vivere, deindi philosofare”. Forse si può vivere filosofando, o filosofare vivendo. E comunque sia, ormai “Alea iacta est!”. (Il corso è gratuito, ha luogo a Palazzo Ramirez, in Piazza Concordia, è iniziato da poco e le lezioni riprenderanno il 7 novembre: ci si può sempre iscrivere. Info: 320.745.5005, prof. Anastasio).
Incredibile ma vero: l’idea ha avuto successo, fatto proseliti e nel cuore torrido dell’estate salentina stordita dalla movida dei tarantati ha trovato 28 persone di buona volontà, di ogni età, ceto sociale e culturale (“Insegnanti in pensione, professionisti che non lo hanno studiato perché non era nel loro corso di studi, ecc.” dice il prof.), desiderose di apprendere la lingua di Cicerone e Giovenale, Ennio da Rudiae e Tito Livio, misurarsi con le declinazioni, le coniugazioni, cimentarsi con le traduzioni dall’”Ars Amandi” (Catullo) che magari serve a vedersela con le ragazze social e toste d’oggi e le “Georgiche” (Virgilio) per trovarci sottotraccia un’idea per lottare contro la schifosa sputacchina.
Nel 2771 “Ab Urbe Condita” torna alla grande l’interesse, il fascino immortale del Latinorum, lingua madre troppo frettolosamente data per “morta” negli ultimi 50 anni: il processo relativista iniziò nel ’68 e dintorni, che spazzò via tutto, anche quello che magari si poteva conservare a vantaggio di tutti noi. Ma tant’è, chi ha trovato un prete che gli spiegasse un po’ di la sintassi se l’è cavata, ma ormai il danno è fatto: alcune generazioni sono cresciute senza imparare a declinare rosa, rosae né sapere a quale coniugazione appartiene un verbo. Anastasio suggerisce il mainstream: “La mia pretesa è di recuperare regole e costrutti di questa lingua, alla base della lingue neo-latine, fra cui l’italiano colto e parlato”. “Ivi telli dei Romani sono belli”.
In autunno, quando il corso avrà inizio, il prof. userà il metodo di Hans Henning Ørberg, dal nome del linguista e latinista danese (1920-2010) che visse tutta la vita nell’amata Copenaghen dedicandosi all’insegnamento. Saranno usati i suoi testi (fra cui “Familia Romana”). L’erudito nordeuropeo è infatti considerato un teorico del cosiddetto “apprendimento naturale”, un metodo originale che consiste nel riprodurre le condizioni di un tempo storico: in pratica, è come se una persona di oggi si trovasse fra gli antichi Romani in tunica e gladio, cacciagione da cucinare e bevande da preparare, tributi da pagare, riti sacri e sacrifici agli dei da celebrare e dovesse gestirsi, sopravvivere, insomma, cavarsela senza tanti danni a se stessi, e all’Urbe.
“Ci immergeremo nella cultura del mondo romano - aggiunge il prof. – studieremo la struttura della lingua, l’arte, la filosofia, la religione, la retorica, la poesia…“. Bel programma, non c’è che dire. Se il risveglio di interesse per i tempi di Cesare e Adriano, Cicerone e Svetonio, le commedie latine, gli epigrammi al vetriolo di Marziale sia un fatto episodico e limitato al Sud, o se è più diffuso e diventerà un trend oggi non lo si può dire. Si può azzardare, però, senza fare sociologia da bancarella, che forse è un recupero del passato, legato a un fatto identitario, in antitesi alla vacuità e volgarità dei tempi del byte e delle fake news, in contrasto, anche inconscio, alla globalizzazione massificante che pialla le diversità e tutto omologa.
Un fatto è certo: nel tertio millenium adveniente, Orazio e Ovidio e tornano a vivere, e forse a renderci migliori, fare più intensa e bella la nostra vita. Sembra quasi di invertire il detto “Primum vivere, deindi philosofare”. Forse si può vivere filosofando, o filosofare vivendo. E comunque sia, ormai “Alea iacta est!”. (Il corso è gratuito, ha luogo a Palazzo Ramirez, in Piazza Concordia, è iniziato da poco e le lezioni riprenderanno il 7 novembre: ci si può sempre iscrivere. Info: 320.745.5005, prof. Anastasio).
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Cultura e Spettacoli