Scrittrici: Soledad 'In carne e cuore'

di FRANCESCO GRECO - Soledad Alegre non è di quelle che ci si volta a guardare per strada: diciamo che è un tipo. E' una di quelle ragazze un po' cresciute, diversamente giovani, di cui è pieno il mondo 2.0 sotto la tirannia del pixel e la vita quotidiana. Schizzate al limite della paranoia, ovviamente in carriera, sfatte dalla tensione sovrumana per non lasciarsi andare alla cellulite e le smagliature (“il diretto interessato è l'ultimo ad accorgersi del disastro”), col filo interdentale nella borsa griffata, le puoi incontrare alla fermata della metro a smanettare sull'i-pad, in palestra, alla cassa del centro commerciale, dal dentista.
 
Le riconosci subito: hanno un'impronta somatica che non ha bisogno di eccessive decodificazioni e cercano l'uomo della loro vita. Soledad pensa di averlo trovato nel gigolò russo Adam “occhi caramello”, “un fisico fuori dal comune”, “la vita le pareva vuota, noiosa e insensata”, trovato sul web.
 
Sono un archetipo del nostro tempo complicato, che promette l'eterna giovinezza, un business che poi ti vende robaccia inutile, spesso dannosa: ricordate Laura Antonelli?
 
Soledad di più ha il senso di rivincita sociale che deriva dalle “umili origini”, un démone difficile da domare e che pure le dà la forza per non arrendersi alle asprezze della vita (inclusa una gemella fuori di senno).
 
Nella Spagna della grande crisi dove (“c'era sangue dappertutto”), dopo aver perduto la direzione del centro culturale “Triàngulo” lavora in una galleria d'arte dove si deve allestire una mostra di artisti maudit (da Burroughs che si taglia una falange col trinciapollo a Gàlvez che gira i bar a chiedere un obolo per seppellire il figlioletto fino alla sifilide di Maupassant), di quelli che inseguendo la fama hanno dovuto fare i conti con i crampi della fame.     
 
“In carne e cuore”, di Rosa Montero, Salani editore, Milano 2017, pp. 222, euro 16,80 (ottima traduzione di Michela Finassi Parolo), è un romanzo (forse autobiografico) che si legge con avidità anche perché ben scritto, come è sempre lo stile di chi proviene dal giornalismo (dal '76 scrive su “El Paìs”).
 
Ma anche perché Soledad è l'icona modernissima del XXI secolo. Sospesa fra troppa autostima e un narcisismo indotto da scienza e tecnologia e il web dove nei profili sui social siamo tutti giovani, ricchi e belli, e dimentichiamo che la vecchiaia “costosa” arriva all'improvviso e si resta soli (infatti Adam ha altri progetti e non con Soledad).

La donna ha puntato tutto, o quasi, sul corpo, sul vestito, l'apparire, ha smesso l'eleganza dello spirito, la sola che dà sicurezza e bellezza infinita.
 
Target, ostaggio di stilisti e pubblicitari, ha scordato che la bellezza ha origini misteriose e irrazionali: si può essere belle sempre e mentre un uomo vecchio può essere interessante (Tolstoj non scappò con una ragazzina), la donna è solo vecchia perché insieme alla tensione della carne perde anche la luce dello sguardo.
 
La prosa di Rosa Montero è piena di luce, di grazia e sincerità (come quella di Almudena Grandes). Abbagliante, sincopata e ipnotica, non riesci a smettere e ne vuoi sempre di più. Procuratevelo subito se volete sapere delle donne che ci stanno intorno, della loro e nostra vita: Soledad (e Dolores) sono nostre sorelle. 

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